Soltanto l’estensione “p7m” del file notificato, estensione che rappresenta la cosiddetta “busta crittografata” contenente al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della forma e la chiave per la sua verifica, può attestare la certificazione della firma
Con l’avvento del processo telematico, a seguito
delle eccezioni sollevate in giudizio
dalle parti in merito alla validità o meno della
notifica via pec, sono intervenute le prime pronunce
dei giudici sia di merito che di legittimità.
Recentemente la Commissione Tributaria Provinciale
di Reggio Emilia, con sentenza n. 204/01/17,
pronunciata il 22 maggio 2017 e depositata il 31
luglio 2017, ha avuto modo di annullare una serie
di cartelle di pagamento notificate via pec, per
le quali l’agente della riscossione aveva scelto il
formato “pdf”.
Nello specifico i giudici tributari, avallando le
eccezioni della parte ricorrente, hanno ritenuto
che la notifica della pec non era valida in quanto
avvenuta tramite messaggio di posta certificata
contenente il file della cartella con estensione
“pdf” anziché “p7m” atteso che, non solo l’integrità
e l’immodificabilità del documento informatico,
ma anche, per quanto attiene alla firma
digitale, l’identificabilità del suo autore e conseguentemente
la paternità dell’atto, è garantita solo attraverso l’estensione del file “p7m”. Tanto
in virtù del fatto che con la notifica via pec in
formato “pdf” non viene prodotto l’originale della
cartella, ma solo una copia elettronica senza valore,
perché priva di attestato di conformità da
parte di un pubblico ufficiale.
Soltanto, infatti, l’estensione “p7m” del file notificato,
estensione che rappresenta la cosiddetta
“busta crittografata” contenente al suo interno il
documento originale, l’evidenza informatica della
forma e la chiave per la sua verifica, può attestare
la certificazione della firma.
Proprio al riguardo, ovvero in merito alla questione
attinente all’estensione del file inviato a mezzo
pec, in maniera diversa da quella espressamente
prescritta, vale a dire in formato “pdf” anziché
in formato “p7m”, con ordinanza interlocutoria
n. 20672 del 31 agosto 2017, la Suprema Corte
ha, da ultimo, rimesso gli atti al Primo Presidente
affinché valuti l’opportunità di assegnare la trattazione
del ricorso alle Sezioni Unite.
In particolare, la Sesta Sezione Civile – 3 – della
Corte di Cassazione, facendo riferimento a quanto
prescritto dall’articolo 12 del Provvedimento
28/12/2015 del direttore dei sistemi informativi
automatizzati del Ministero, ha ritenuto che la
notifica dell’atto via pec in formato “pdf” possa
comportare la nullità dello stesso, senza possibilità
di sanatoria dell’atto nullo, anche nell’ipotesi
di raggiungimento dello scopo.
Ora, pertanto, occorrerà attendere la decisione
del Primo Presidente sulla devoluzione o meno
della questione alle Sezioni Unite.
Ed ancora, la Corte di Cassazione ha, altresì, sentenziato in tema di validità della notifica via pec
del ricorso, in due ipotesi in cui la stessa non era
andata a buon fine.
In particolare, con sentenza n. 20381 del 24 agosto
2017, la Suprema Corte ha ritenuto valida la
notifica del ricorso via pec, effettuata successivamente
ad una prima notifica non andata a buon
fine a causa di disfunzioni verificatisi sui server, o
meglio avvenuta in forma incompleta, in quanto il
file allegato, contenente il ricorso per cassazione,
non era leggibile.
Poiché tale prima notifica, come sottolineato
dagli stessi ermellini, doveva ritenersi a tutti
gli effetti “meramente tentata ma non compiuta,
cioè, in definitiva, omessa” (Cass. S.U. n.
14916/2016), l’Agenzia delle Entrate, considerato
che l’esito negativo della stessa non poteva
essere a lei imputabile, in quanto dipendente da
disfunzione del sistema generale di notifica degli
atti a mezzo pec utilizzato dall’Avvocatura Generale
dello Stato, ha provveduto, in ossequio al
principio di ragionevole durata del processo, ad
una seconda notifica senza attendere un provvedimento
giudiziale che a ciò la autorizzasse.Così
facendo, la parte ha ripreso il procedimento notificatorio
completandolo a distanza di pochi giorni
dalla prima tentata notifica e, pertanto, entro il
tempo pari alla metà dei termini di cui all’art. 325
c.p.c. fissato dalle Sezioni Unite nella sentenza n.
14594, così conservando gli effetti collegati alla
notifica originaria.
Con altra sentenza, n. 20579 del 30 agosto 2017,
la Corte di Cassazione ha invece considerato valida
la notifica del ricorso a seguito del deposito
dello stesso in cancelleria, dopo una prima notifica
via pec non andata a buon fine perché rifiutata
dal server.
In tale fattispecie, è stato posto in evidenza che "la comunicazione è regolarmente avvenuta a
norma dell’articolo 16 del decreto legge 179/2012
comma 6 che recita “Le notificazioni e le comunicazioni
ai soggetti per i quali la legge prevede
l’obbligo di un indirizzo di posta elettronica, che
non hanno provveduto ad istituire o comunicare il
predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente
mediante deposito in cancelleria. Le stesse modalità
si adottano nelle ipotesi di mancata consegna
del messaggio di posta elettronica per cause imputabili
al destinatario".
Infine, per quanto riguarda la notifica degli atti
amministrativi e giudiziari, si fa presente che a
partire dal 10 settembre p.v., a seguito della Legge
n. 124/2017 (Legge sulla Concorrenza 2017),
essendo venuto meno il monopolio delle Poste
Italiane, gli enti locali e tutte le amministrazioni
pubbliche potranno notificare gli stessi anche avvalendosi
di agenzie private.
di Alessandra Rizzelli
Avvocato
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