II. Il perfezionamento del
rapporto di amministrazione
III. Contenuto della delibera
di nomina
IV. Nomina e regolamento
V. Contenuto dell’atto
di accettazione
VI. La polizza come condizione
di efficacia della nomina.
Il riformato comma 1 dell’art. 1129 c.c. stabilisce
che l’obbligo di nomina dell’amministratore si
determina quando i condomini sono più di otto.
L’obbligo sorge a carico dei condomini, e dunque
della relativa assemblea, ovviamente, e giammai a
carico del venditore delle singole unità abitative di
cui è composto il condominio . Lo stesso obbligo
di nomina diviene attuale non appena venga raggiunto
il requisito numerico, cosi rideterminato da
quattro ad otto dalla legge n. 220/2012, ovvero
quando i condomini, intesi come proprietari esclusivi,
pro indiviso, di una parte dell’edificio medesimo,
in conseguenza di acquisto per atto tra vivi,
o di divisione o anche di successione mortis causa,
divengano, appunto, più di otto.
La norma non esclude, peraltro, la possibilità di
nomina di un amministratore quando i condomini
siano otto o meno di otto. Qualora, cioè, in relazione
al numero degli appartamenti, non sia integrato
il requisito numerico di nomina obbligatoria, può
darsi comunque incarico ad un apposito mandatario
di svolgere taluna delle funzioni attribuite dalla
legge all’amministratore.
Vengono contemplate in dottrina due situazioni
che sfuggono all’esplicita regolamentazione
dell’art. 1129 c.c.: l’ipotesi dell’amministratore nominato,
appunto, in un edificio in cui il numero
dei condomini sia inferiore a nove, che dovrebbe comunque rimanere soggetto alla relativa disciplina;
l’ipotesi, all’inverso, in cui, pur essendo i
partecipanti più di otto, gli stessi concordino sulla
superfluità di nominare l’amministratore, nel qual
caso, ferma la possibilità sempre di sperimentare
la strada della nomina giudiziale, il punto di riferimento
nei rapporti con i soggetti esterni al condominio
dovrebbe individuarsi nella «persona che
svolge funzioni analoghe a quelle dell’amministratore»
(v. art. 1129, comma 6, c.c.).
II. Il perfezionamento del rapporto di amministrazione.
La nomina dell’amministratore è da ritenere realizzata,
con la derivante efficacia nei confronti dei
terzi, anche ai fini della rappresentanza processuale
dell’ente, solo dal momento in cui sia adottata la
rispettiva deliberazione dell’assemblea nelle forme
di cui all’art. 1129 c.c. e ad essa consegua l’accettazione
dell’amministratore designato. Non rileva,
quanto meno sotto l’aspetto dei rapporti con i terzi,
il dato che l’amministratore possa anche essere
nominato pure mediante una manifestazione di
volontà diversa dall’espressa investitura nell’ufficio
da parte dell’assemblea: la formale deliberazione
di nomina, nelle modalità supposte dall’art. 1129,
comma 1, c.c., e la sua conforme accettazione soddisfano
le esigenze di certezza e di affidamento
avvertite dagli estranei che debbano negoziare con
il condominio o agire in giudizio nei suoi confronti.
Il terzo che vuol far valere in giudizio un diritto
nei confronti del condominio ha, quindi, l’onere di
chiamare in causa colui che ne ha la rappresentanza
sostanziale secondo la delibera dell’assemblea
dei condomini, e non può tener conto di risultanze
derivanti da documenti diversi dal relativo verbale,
sicché è inesistente la notificazione di un atto
processuale a soggetto che appaia soltanto essere
amministratore del condominio.
La necessità dell’accettazione della nomina da parte
dell’amministratore dall’assemblea si desume da
due esplicite norme della riformata disciplina del
condominio:
- l’art. 1129, comma 2, c.c. prevede che l’amministratore “contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico” debba comunicare “i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di anagrafe condominiale, il registro dei verbali delle assemblee, il registro di nomina e revoca dell’amministratore ed il registro di contabilità, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata”.
- l’art. 1129, comma 14, c.c., secondo il quale “l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”.
L’esigenza di un’accettazione formale della nomina
da parte dell’amministratore incaricato è conclusione
quindi imposta dalla Riforma del 2012, a differenza
di quanto poteva sostenersi in precedenza.
La fattispecie normativa della nomina assembleare
dell’amministratore assume, infatti, inequivoci
contorni di proposta contrattuale, rivolta dal
gruppo dei condomini, inteso quale unitaria parte
complessa, all’amministratore designato, avendosi
per perfezionato l’accordo sol con l’accettazione di
quest’ultimo.
L’art. 1129, comma 2, c.c., che enuncia gli obblighi
di informazione, di trasparenza e di completezza,
cui è vincolato l’amministratore al momento stesso
del conferimento dell’incarico, e l’art. 1129, comma
14, c.c., che sancisce un generale principio di
predeterminazione onnicomprensiva del corrispettivo,
rendono, infatti, incompatibile con la nomina
dell’amministratore del condominio la disposizione
dell’art. 1392 c.c., secondo cui, salvo che siano
prescritte forme particolari e solenni per il contratto
che il rappresentante deve concludere, la
procura che conferisce il potere di rappresentanza
può essere verbale o anche tacita. Sembra non più
sostenibile, in sostanza, che la nomina dell’amministratore
possa risultare, indipendentemente da
una formale investitura da parte dell’assemblea e
dall’annotazione nello speciale registro, pure dal
comportamento concludente dei condomini che
abbiano considerato l’amministratore tale a tutti
gli effetti, rivolgendosi abitualmente a lui in detta
veste, senza metterne in discussione i poteri di gestione
e di rappresentanza del condominio.
Si perviene così ad un’interpretazione ormai omogenea
rispetto a quella che si segue per gli amministratori
delle società di capitali, con riguardo ai
quali si sostiene pacificamente che, ai fini della
costituzione del rapporto di amministrazione, non
è sufficiente la nomina, essendo indispensabile
l’accettazione del nominato, cui fa espresso riferimento
l’art. 2385 c.c.
In quanto accettazione di proposta contrattuale,
quella dell’amministratore nominato rimane regolata
dall’art. 1326 c.c., sicchè essa, per determinare
l’instaurazione del rapporto di amministrazione,
deve essere conforme alle condizioni stabilite nella
deliberazione dell’assemblea ed essere comunicata
all’assemblea stessa nel termine da questa stabilito,
ovvero in quello che possa ritenersi necessario,
vista la natura dell’affare.
E’ da intendersi quindi per superato, alla stregua
dei citati riferimenti di diritto positivo emergenti
dalla legge n. 220/2012, l’orientamento giurisprudenziale
che riconosceva pienezza di poteri gestori
all’amministratore la cui nomina assembleare non
era stata immediatamente seguita dall’accettazione
(nella specie, per aver il nominato amministratore
subordinato l’accettazione dell’incarico a
determinate condizioni, successivamente non avveratesi),
sull’assunto che l’operatività della nomina
dell’amministratore condominiale non discende
dall’accettazione, perché “questo specifico rapporto
di mandato non ha una fonte contrattuale, ma
trova la sua regolamentazione iniziale nell’investitura
dell’assemblea” . Già, del resto, si era negata
l’ammissibilità del giuramento, sia decisorio che
suppletorio, sulla qualità di amministratore di condominio,
essa implicando, appunto, l’accettazione
della nomina, che è un atto negoziale e non un
fatto storico.
III. Contenuto della delibera di nomina.
L’obbligo di cui all’art. 1129, comma 1, c.c. può
però dirsi rispettato soltanto allorché, nel condominio,
al quale partecipino più di otto condomini,
l’amministratore sia nominato dall’assemblea per
un periodo di un anno, con facoltà di revoca in
ogni tempo, ma con conferimento delle “normali”
attribuzioni previste dall’art. 1130 c.c. L’assemblea,
al più, può esonerare l’amministratore da talune
delle competenze ad esso riservate dal citato
art. 1130 c.c., ma non invece privarlo di ogni sua
funzione, ovvero delle sue essenziali mansioni gestorie
e rappresentative, perché ciò equivarrebbe
ad un’elusione dei meccanismi di nomina e di revoca,
posti dal medesimo art. 1129 c.c., e lascerebbe
inevasa, di conseguenza, la necessità di darsi un
amministratore effettivo, sottolineata dalla disciplina
inderogabile in esame. Stando al dato testuale
dell’art. 1131 c.c., pare perciò indubbio che l’assemblea
o il regolamento possano ampliare i poteri
dell’amministratore, ma non espropriarlo delle medesime
attribuzioni. Le facoltà dell’amministratore
sono inderogabili “in peius” dall’assemblea, sia pur
soltanto per dettarne norme di comportamento, e
ciò in ragione innanzitutto della tutela dei terzi
che entrano in contatto col condominio. Anzi, il
potere dell’amministratore di rappresentare il condominio nell’ambito delle attribuzioni conferitegli
dall’art. 1130 c.c. non risulta limitabile nemmeno
per volontà dell’amministratore stesso.
Per alcuni non si può affatto consentire all’assemblea
di ridurre la rappresentanza processuale
e sostanziale dell’amministratore, stante l’inderogabilità
dell’art. 1131 c.c. da parte del regolamento
di condominio, in base al rinvio operato
dall’art. 1138, comma 4, c.c. Sicché nemmeno una
deliberazione unanime, o comunque l’assenso di
tutti i condomini, potrebbero negare o diminuire
la funzione di rappresentanza esterna dell’amministratore,
in quanto espressione della coesione del
gruppo posta a presidio degli interessi dei terzi .
Il discorso potrebbe dirsi diverso unicamente per
i condomini che non hanno più di otto membri,
laddove l’assemblea è libera di nominare o meno
un amministratore, e deve perciò essere altrettanto
libera di conferirgli, o meno, in tutto, o in parte, i
tipici poteri di rappresentanza.
Sennonché, la contrapposta derogabilità dell’art.
1130 c.c. ha indotto la giurisprudenza ad ammettere
che il regolamento condominiale (approvato
per contratto o frutto di deliberazione della maggioranza)
possa legittimamente sottrarre all’amministratore
stesso, e quindi conferire all’assemblea,
il potere di decidere autonomamente in ordine
al compimento di eventuali atti conservativi dei
diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, subordinando
alla decisione dell’organo collegiale l’esercizio
da parte dell’amministratore della relativa
azione giudiziaria . Si sostiene, altrimenti, che l’assemblea
dei condomini, essendo provvista di una
competenza generalizzata, può in ogni momento
sostituirsi all’amministratore e privarlo dei suoi
poteri, in base al criterio di normale revocabilità
del mandato di cui all’art. 1723 c.c. . Né sarebbe
ravvisabile un interesse giuridico dell’amministratore
all’esecuzione dell’attività gestoria delle cose
comuni, in forza di un obbligo assunto in tal senso
dall’assemblea, tale da rendere irrevocabile il mandato,
ai sensi dell’art. 1723, comma 2, c.c., essendo,
piuttosto, il potere di rappresentanza dell’amministratore
unicamente orientato alla tutela
dell’interesse comune, è, cioè, alla tutela dell’interesse
espresso dalla maggioranza dei condomini
all’utilizzazione ed al godimento delle parti comuni.
L’argomento è che “l’amministratore agisce infatti
per conto del condominio e non può quindi
opporsi a che il condominio decida e compia atti
che lo concernono” . Se, del resto, fosse appropriata
la configurazione normativa in termini di mandato
della relazione che unisce l’amministratore ai
condomini, bisognerebbe consentirsi all’assemblea
di rimodulare, in misura, anche rilevante la sfera di
attribuzioni delineata dall’art. 1130 c.c. Essendo
l’assemblea quella che conferisce il mandato, essa potrebbe sempre ampliarlo o restringerlo.
Si è anche richiamata l’attenzione sul diverso trattamento che le norme sul condominio dedicano al profilo processuale della rappresentanza dell’amministratore, nel senso dell’inderogabilità dell’art. 1131 c.c., ed al profilo sostanziale del mandato ex lege, nel senso, invece, della derogabilità dell’art. 1130 c.c. Le attribuzioni gestorie dell’amministratore non sembrano, insomma, privare l’assemblea della competenza a deliberare circa l’amministrazione delle cose comuni, dovendosi comprendere il potere di amministrare nel contenuto del diritto di condominio; e nella generalizzata competenza dell’assemblea si include la facoltà di modificare o di ridurre – mediante approvazione di norma regolamentare o di deliberazione adottata a norma dell’art. 1138, comma 3, c.c. - le attribuzioni sostanziali dell’amministratore, fino al punto di sostituirsi a quest’ultimo nelle decisioni di gestione, sia pur sempre per taluni affari o per un tempo definito, in modo da non lasciare il condominio privo dell’indispensabile rappresentante voluto dal codice. Poco conta che i poteri appaiano conferiti all’amministratore - mandatario direttamente dalla legge, atteso che il mandato voluto dall’art. 1130 c.c. persegue esclusivamente gli interessi dei condomini-mandanti. Per l’intima connessione esistente tra mandato e rappresentanza processuale, ridotte le attribuzioni sostanziali dell’amministratore, ne verrebbe corrispondentemente limitata pure la rappresentanza processuale. Beninteso, tale limitazione della rappresentanza processuale dell’amministratore sarebbe concepibile per la sola legittimazione ad agire, e non per la legittimazione ad essere convenuto in giudizio: giacché la legittimazione attiva attiene essenzialmente alla relazione tra condomini ed amministratore, e ammette, quindi, di essere ampliata e circoscritta secondo volontà ed interesse dell’assemblea, laddove non può rimettersi alla disponibilità della medesima assemblea la legittimazione passiva dell’amministratore in ordine alle liti concernenti le parti comuni, prevista dall’art. 1131, comma 2, c.c., sopperendo in questi casi la rappresentanza processuale attribuitagli all’esigenza di rendere più agevole ai terzi la chiamata in giudizio del condominio, senza necessità di promuovere il litisconsorzio passivo nei confronti di tutti i condomini.
IV. Nomina e regolamento.
L’art. 1138, comma 4, c.c., peraltro, elenca una serie di disposizioni, relative all’ordinamento condominiale, ivi comprese quelle concernenti la nomina e la revoca dell’amministratore, la cui inderogabilità è assoluta: la disciplina non può subire deroghe o modifiche neppure in base a regolamenti condominiali, ancorché contrattuali, o ad altre convenzioni intercorse tra le parti. Ne discende che le clausole con le quali, ad esempio, il costruttore del fabbricato intenda derogare ai presupposti numerici di nomina obbligatoria dell’amministratore, o ai doveri informativi e di predeterminazione del compenso, incombenti sullo stesso amministratore contestualmente alla sua nomina o al suo rinnovo, o ai poteri dell’assemblea di esigere la prestazione di una polizza per la responsabilità civile, o alla durata dell’incarico, o alla necessità dei requisiti soggettivi imposti dall’art. 71-bis disp. att. c.c., ancorché contenute in un regolamento condominiale contrattuale o nei singoli rogiti d’acquisto, devono ritenersi prive di effetti.
In particolare, ove una clausola regolamentare preveda la non obbligatorietà della nomina dell’amministratore, essa sarà inefficace sin dall’inizio se i condomini, intesi appunto come proprietari pro indiviso delle parti dell’edificio, siano originariamente almeno nove, e, diversamente, diventa inefficace nel momento in cui i condomini raggiungano tale numero.
Del pari nulla è la clausola che, in contrasto con quanto stabilisce l’art. 1129 c.c. con riguardo alla competenza assembleare circa la nomina dell’amministratore ed alla durata dell’incarico, riservi ad un determinato soggetto, per un tempo indeterminato, la carica di amministratore del condominio.
A proposito dell’evidenziato presidio di inderogabilità assoluta dell’art.1129 c.c., per come richiamato dall’art. 1138, comma 4, c.c., bisogna considerare il comma 11 dell’art. 1129 c.c., il quale stabilisce che la revoca dell’amministratore può essere deliberata dall’assemblea non soltanto con la maggioranza legale, ma anche “con le modalità previste dal regolamento di condominio”, dal che sembra desumibile che pure la stessa disciplina concernente la revoca dell’amministratore possa avere matrice strettamente regolamentare, in quanto rivolta a disegnare l’organizzazione e la gestione dell’ente comune, e possa perciò essere validamente disposta con deliberazione maggioritaria dell’assemblea, ai sensi dell’art 1136, comma 2, c.c..
V. Contenuto dell’atto di accettazione.
Circa le comunicazioni cui l’amministratore è chiamato dall’’art. 1129, comma 2, c.c. all’atto di accettare la nomina, va aggiunto che l’indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell’amministratore deve, inoltre, essere “affissa sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, agevolmente raggiungibile pure dai terzi” (art. 1129, comma 5, c.c.).
In mancanza di amministratore nominato, ad analoga affissione pubblicitaria, relativa a dati anagrafici e recapiti, è soggetta la “persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell’amministratore” (art. 1129, comma 6, c.c.). La norma sembra riferirsi all’eventualità in cui, in relazione al numero degli appartamenti, non sia stato nominato l’amministratore del condominio, rivolgendosi a colui il quale, avendone ricevuto incarico, svolga, a titolo di mero mandatario, talune delle mansioni attribuite dalla legge all’amministratore.
L’omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati indicati costituisce “grave irregolarità” sanzionata con la revoca dell’amministratore (art. 1129, comma 12, n. 8, c.c.).
Si tratta di un dovere di informazione ex lege che non precede la fase della nomina, e, dunque, di un’informazione non richiesta ai fini di una corretta formazione della volontà assembleare: il dovere informativo in esame non è, in sostanza, relativo a circostanze di cui mettere a corrente i condomini prima della deliberazione di designazione. L’obbligo di informazione è esigibile, piuttosto, contestualmente all’accettazione della nomina o del rinnovo, e quindi già in fase esecutiva del mandato.
Il difetto di una comunicazione completa e veritiera dei dati anagrafici e dei recapiti dell’amministratore, non relazionandosi ad un obbligo precontrattuale di informazione incombente sul mandatario, non è dunque sanzionato con l’annullamento della nomina, ma identificato come “grave irregolarità”, motivo di possibile revoca.
L’omissione informativa, elevata a causa di rimozione dell’amministratore, viene, cioè, presuntivamente intesa come condotta che possa pregiudicare o porre in pericolo gli interessi comuni. Ciò tuttavia lascia supporre che, nonostante la mancata comunicazione dei dati e dei recapiti in sede di nomina, il rapporto di amministrazione si sia regolarmente costituito, producendo per intero i suoi effetti tipici.
I dati da fornire all’atto della nomina specificano, così, legalmente l’obbligo di diligenza del mandatario amministratore, dando contenuto a quella correttezza che è lecito attendersi da qualunque soggetto, consapevole degli impegni e delle relative responsabilità proprie dell’amministrazione condominiale. La comunicazione tempestiva di dati anagrafici e recapiti costituisce, allora, un’attività preparatoria e strumentale, di necessario complemento rispetto al diligente compimento, da parte dell’amministratore, delle sue attribuzioni.
Si consideri, in ogni caso, come, nell’esercizio dei suoi poteri di rappresentanza, compresi quelli correlati alla gestione amministrativa del condominio, quale, ad esempio, la riscossione dei contributi, deve considerarsi altrimenti che l’amministratore domicili nel luogo od ufficio a ciò specificamente destinato nell’ambito dell’edificio in condominio. La diffusa qualificazione dell’amministratore condominiale come mandatario ha generalmente indotto in passato ad ammettere, ai sensi dell’art. 1717 c.c., che lo stesso potesse delegare le proprie funzioni ad un terzo, con conseguente attribuzione altresì della rappresentanza processuale, in difetto di contraria manifestazione da parte dell’assemblea nella delibera di nomina . Questo perché il mandato, pur essendo caratterizzato dall’elemento della fiducia, non è tuttavia basato necessariamente sull’intuitus personae, di tal che al mandatario non è vietato avvalersi dell’opera di un sostituto, a meno che il divieto sia espressamente stabilito oppure si tratti di attività rientrante nei limiti di un incarico strettamente fiduciario.
Parimenti, la giurisprudenza aveva ritenuto che non sussistessero norme incompatibili con l’attribuzione ad una pluralità di persone della qualità di amministratore del condominio . La possibilità di nominare più amministratori, anzi, è apparsa conforme a quanto il legislatore, nell’art. 1106, comma 2, c.c., prevede per la comunione e che, in relazione al rinvio generale contenuto nell’art. 1139 c.c., ben può essere esteso al condominio, stante l’esportabilità della ratio che giustifica la delega dell’amministrazione della comunione a più partecipanti (come anche ad un estraneo), e cioè la maggiore tutela degli interessi dei singoli partecipanti rimessa alla loro volontà. Neppure l’art. 1131 c.c. escluderebbe la possibilità di configurare come legittima una pluralità di amministratori, comportando, piuttosto, in linea di principio, l’attribuzione della qualità di rappresentanti del condominio a tutti i soggetti che amministrano, anche rispetto ai terzi, e rimettendosi ai condomini, per una migliore organizzazione ed al fine di evitare conflitti nell’azione dei vari amministratori, la predisposizione di regole che ripartiscano le competenze di ciascuno con esclusiva validità nei rapporti interni. Ora, è da osservare che tanto in ipotesi di nomina di pluralità di amministratori, come di sostituzione dell’amministratore (che sia, poi, non autorizzata dall’assemblea, ovvero autorizzata dall’assemblea senza indicazione della persona del sostituto, o, ancora, autorizzata dall’assemblea con contemporanea indicazione del sostituto), l’incarico, congiunto o delegato, non possa essere svolto da persona non in possesso dei requisiti inderogabili posti dall’art. 71-bis disp. att. c.c..
Gli artt. 1129 c.c. e 71-bis disp. att. c.c. corredano, peraltro, di forme necessarie e di condizioni soggettive essenziali la nomina dell’amministratore affidata all’assemblea.
Di conseguenza, lo svolgimento in via di fatto da parte di un singolo condomino, o addirittura di un estraneo, di attribuzioni tipiche dell’amministratore condominiale non dovrebbe fondare alcun affidamento dei terzi in ordine al mandato tacito o all’utile gestione svolti da quello, di tal che non è dato comprendere il senso dell’obbligo di renderne accessibile a tutti l’indicazione delle generalità e dei recapiti.
Sempre dall’atto formale di accettazione dell’incarico deve emergere, in forza dell’art. 1129, comma 14, c.c., “a pena di nullità, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”.
La locuzione “attività svolta” deve ovviamente intendersi “attività da svolgersi”, non potendo il compenso correlarsi, al momento della nomina, ad un’attività già espletata, ovvero commisurarsi ad un fatto o ad un’opera già avvenuti prima che avesse inizio il rapporto di amministrazione.
Si deve del resto, alla stessa Riforma del 2012 il richiamo, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini, all’applicabilità delle disposizioni sul mandato. In tal senso, la presunzione di onerosità del mandato, prevista dall’art. 1709 c.c., va qui considerata con riferimento al disposto dell’art. 1135, n. 1), c.c., che continua a prevedere come “eventuale” la retribuzione dell’amministratore, ciò lasciando intendere che l’assemblea o il regolamento possono espressamente determinarsi per la gratuità dell’incarico.
L’amministratore deve quindi stabilire, in sede di nomina prima e poi in sede di rinnovo, quale sia il suo compenso. Il compenso così fissato sarà corrispettivo di tutte le attribuzioni gestorie, ovvero, oltre che delle attività espressamente elencate dalla legge, anche degli atti preparatori e strumentali, nonché di quelli ulteriori, che dei primi costituiscono il necessario completamento e ne raffigurano lo svolgimento naturale.
La mancata analitica specificazione del compenso preteso dall’amministratore è causa di nullità della nomina, la quale, pertanto, deve sostanziarsi nella redazione di un apposito documento, proveniente dall’amministratore e rivolto all’assemblea, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto di amministrazione con le indispensabili determinazioni in ordine alle prestazioni da rendere ed al compenso da corrispondere. Il compenso potrà allora essere determinato dall’assemblea nella delibera di nomina, valendo essa così come proposta completa di tutti gli elementi essenziali del contratto di amministrazione, sicchè il perfezionamento del rapporto si ha al momento stesso dell’accettazione integrale dell’amministratore consacrata nel verbale della riunione. Secondo il generale principio normativamente sancito dall’art. 1326 c.c., un’accettazione dell’amministratore non conforme alla proposta dell’assemblea sull’importo del compenso equivale, invece, a nuova proposta, e comporta l’ovvia conseguenza che solo con l’accettazione di quest’ultima da parte dell’assemblea si dia per verificata la conclusione del contratto, e alle diverse condizioni della controproposta. Fin quando non sussista un verbale di assemblea che consacri in un unico documento le clausole disciplinanti il rapporto di amministrazione, ivi compreso il compenso spettante all’amministratore, non c’è valida instaurazione dell’incarico.
La previsione espressa di nullità della nomina, in assenza di specificazione del compenso, porta a ritenere che tale invalidità investa totalmente il contratto di mandato tra amministratore e condominio, e non soltanto il sistema di determinazione del corrispettivo, soluzione, quest’ultima, cui sarebbe altrimenti conseguita la determinazione del medesimo, in relazione all’opera effettivamente prestata, secondo le tariffe, o gli usi, o in via giudiziale, a norma degli artt. 1709 e 1419, comma 2, c.c.
Il difetto di predeterminazione del compenso e la conseguente nullità della nomina possono evidentemente essere rilevati d’ufficio dal giudice chiamato a decidere sulla domanda dell’amministratore volta al pagamento della sua retribuzione.
Rimanere invocabile dall’amministratore, comunque, l’art. 1720 c.c., secondo cui il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni e risarcirgli i danni che abbia subito a causa dell’incarico, oltre a pagargli il compenso spettante.
VI. La polizza come condizione di efficacia della nomina.
L’art. 1129 c.c., al comma 3, prevede, inoltre, che “l’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione ai condomini di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato”.
La mancata presentazione della polizza per la responsabilità civile, richiesta dall’assemblea, non è stata elevata dalla Riforma a motivo di nullità della nomina dell’amministratore, né a causa tipica di sua revoca, facendosi quindi comunque salva la regolare costituzione del rapporto di amministrazione. Il legislatore ha, piuttosto, disposto che l’assemblea possa “subordinare la nomina dell’amministratore” alla presentazione della polizza (art. 1129, comma 3, c.c.).
Si è in presenza, allora, della previsione di una prestazione contrattuale come condizione sospensiva della nomina dell’amministratore, potendo questa, per volontà dell’assemblea, non spiegare gli effetti suoi propri sino a quando non sia realizzata, appunto, la condizione sospensiva stabilita. Solo stipulando il contratto di assicurazione, l’amministratore designato adempie il proprio obbligo e fa realizzare la condizione imposta. La polizza richiesta dall’assemblea, ai sensi del riformato art. 1129, non è, pertanto, un semplice contratto (concluso fra amministratore e società assicuratrice) a favore del terzo (condominio); essa appare un elemento della struttura della deliberazione di nomina, essendo questa subordinata alla copertura assicurativa, a diretto beneficio del gruppo dei condomini ed indiretta garanzia dell’amministratore dalla responsabilità civile.
Si è anche richiamata l’attenzione sul diverso trattamento che le norme sul condominio dedicano al profilo processuale della rappresentanza dell’amministratore, nel senso dell’inderogabilità dell’art. 1131 c.c., ed al profilo sostanziale del mandato ex lege, nel senso, invece, della derogabilità dell’art. 1130 c.c. Le attribuzioni gestorie dell’amministratore non sembrano, insomma, privare l’assemblea della competenza a deliberare circa l’amministrazione delle cose comuni, dovendosi comprendere il potere di amministrare nel contenuto del diritto di condominio; e nella generalizzata competenza dell’assemblea si include la facoltà di modificare o di ridurre – mediante approvazione di norma regolamentare o di deliberazione adottata a norma dell’art. 1138, comma 3, c.c. - le attribuzioni sostanziali dell’amministratore, fino al punto di sostituirsi a quest’ultimo nelle decisioni di gestione, sia pur sempre per taluni affari o per un tempo definito, in modo da non lasciare il condominio privo dell’indispensabile rappresentante voluto dal codice. Poco conta che i poteri appaiano conferiti all’amministratore - mandatario direttamente dalla legge, atteso che il mandato voluto dall’art. 1130 c.c. persegue esclusivamente gli interessi dei condomini-mandanti. Per l’intima connessione esistente tra mandato e rappresentanza processuale, ridotte le attribuzioni sostanziali dell’amministratore, ne verrebbe corrispondentemente limitata pure la rappresentanza processuale. Beninteso, tale limitazione della rappresentanza processuale dell’amministratore sarebbe concepibile per la sola legittimazione ad agire, e non per la legittimazione ad essere convenuto in giudizio: giacché la legittimazione attiva attiene essenzialmente alla relazione tra condomini ed amministratore, e ammette, quindi, di essere ampliata e circoscritta secondo volontà ed interesse dell’assemblea, laddove non può rimettersi alla disponibilità della medesima assemblea la legittimazione passiva dell’amministratore in ordine alle liti concernenti le parti comuni, prevista dall’art. 1131, comma 2, c.c., sopperendo in questi casi la rappresentanza processuale attribuitagli all’esigenza di rendere più agevole ai terzi la chiamata in giudizio del condominio, senza necessità di promuovere il litisconsorzio passivo nei confronti di tutti i condomini.
IV. Nomina e regolamento.
L’art. 1138, comma 4, c.c., peraltro, elenca una serie di disposizioni, relative all’ordinamento condominiale, ivi comprese quelle concernenti la nomina e la revoca dell’amministratore, la cui inderogabilità è assoluta: la disciplina non può subire deroghe o modifiche neppure in base a regolamenti condominiali, ancorché contrattuali, o ad altre convenzioni intercorse tra le parti. Ne discende che le clausole con le quali, ad esempio, il costruttore del fabbricato intenda derogare ai presupposti numerici di nomina obbligatoria dell’amministratore, o ai doveri informativi e di predeterminazione del compenso, incombenti sullo stesso amministratore contestualmente alla sua nomina o al suo rinnovo, o ai poteri dell’assemblea di esigere la prestazione di una polizza per la responsabilità civile, o alla durata dell’incarico, o alla necessità dei requisiti soggettivi imposti dall’art. 71-bis disp. att. c.c., ancorché contenute in un regolamento condominiale contrattuale o nei singoli rogiti d’acquisto, devono ritenersi prive di effetti.
In particolare, ove una clausola regolamentare preveda la non obbligatorietà della nomina dell’amministratore, essa sarà inefficace sin dall’inizio se i condomini, intesi appunto come proprietari pro indiviso delle parti dell’edificio, siano originariamente almeno nove, e, diversamente, diventa inefficace nel momento in cui i condomini raggiungano tale numero.
Del pari nulla è la clausola che, in contrasto con quanto stabilisce l’art. 1129 c.c. con riguardo alla competenza assembleare circa la nomina dell’amministratore ed alla durata dell’incarico, riservi ad un determinato soggetto, per un tempo indeterminato, la carica di amministratore del condominio.
A proposito dell’evidenziato presidio di inderogabilità assoluta dell’art.1129 c.c., per come richiamato dall’art. 1138, comma 4, c.c., bisogna considerare il comma 11 dell’art. 1129 c.c., il quale stabilisce che la revoca dell’amministratore può essere deliberata dall’assemblea non soltanto con la maggioranza legale, ma anche “con le modalità previste dal regolamento di condominio”, dal che sembra desumibile che pure la stessa disciplina concernente la revoca dell’amministratore possa avere matrice strettamente regolamentare, in quanto rivolta a disegnare l’organizzazione e la gestione dell’ente comune, e possa perciò essere validamente disposta con deliberazione maggioritaria dell’assemblea, ai sensi dell’art 1136, comma 2, c.c..
V. Contenuto dell’atto di accettazione.
Circa le comunicazioni cui l’amministratore è chiamato dall’’art. 1129, comma 2, c.c. all’atto di accettare la nomina, va aggiunto che l’indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell’amministratore deve, inoltre, essere “affissa sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, agevolmente raggiungibile pure dai terzi” (art. 1129, comma 5, c.c.).
In mancanza di amministratore nominato, ad analoga affissione pubblicitaria, relativa a dati anagrafici e recapiti, è soggetta la “persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell’amministratore” (art. 1129, comma 6, c.c.). La norma sembra riferirsi all’eventualità in cui, in relazione al numero degli appartamenti, non sia stato nominato l’amministratore del condominio, rivolgendosi a colui il quale, avendone ricevuto incarico, svolga, a titolo di mero mandatario, talune delle mansioni attribuite dalla legge all’amministratore.
L’omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati indicati costituisce “grave irregolarità” sanzionata con la revoca dell’amministratore (art. 1129, comma 12, n. 8, c.c.).
Si tratta di un dovere di informazione ex lege che non precede la fase della nomina, e, dunque, di un’informazione non richiesta ai fini di una corretta formazione della volontà assembleare: il dovere informativo in esame non è, in sostanza, relativo a circostanze di cui mettere a corrente i condomini prima della deliberazione di designazione. L’obbligo di informazione è esigibile, piuttosto, contestualmente all’accettazione della nomina o del rinnovo, e quindi già in fase esecutiva del mandato.
Il difetto di una comunicazione completa e veritiera dei dati anagrafici e dei recapiti dell’amministratore, non relazionandosi ad un obbligo precontrattuale di informazione incombente sul mandatario, non è dunque sanzionato con l’annullamento della nomina, ma identificato come “grave irregolarità”, motivo di possibile revoca.
L’omissione informativa, elevata a causa di rimozione dell’amministratore, viene, cioè, presuntivamente intesa come condotta che possa pregiudicare o porre in pericolo gli interessi comuni. Ciò tuttavia lascia supporre che, nonostante la mancata comunicazione dei dati e dei recapiti in sede di nomina, il rapporto di amministrazione si sia regolarmente costituito, producendo per intero i suoi effetti tipici.
I dati da fornire all’atto della nomina specificano, così, legalmente l’obbligo di diligenza del mandatario amministratore, dando contenuto a quella correttezza che è lecito attendersi da qualunque soggetto, consapevole degli impegni e delle relative responsabilità proprie dell’amministrazione condominiale. La comunicazione tempestiva di dati anagrafici e recapiti costituisce, allora, un’attività preparatoria e strumentale, di necessario complemento rispetto al diligente compimento, da parte dell’amministratore, delle sue attribuzioni.
Si consideri, in ogni caso, come, nell’esercizio dei suoi poteri di rappresentanza, compresi quelli correlati alla gestione amministrativa del condominio, quale, ad esempio, la riscossione dei contributi, deve considerarsi altrimenti che l’amministratore domicili nel luogo od ufficio a ciò specificamente destinato nell’ambito dell’edificio in condominio. La diffusa qualificazione dell’amministratore condominiale come mandatario ha generalmente indotto in passato ad ammettere, ai sensi dell’art. 1717 c.c., che lo stesso potesse delegare le proprie funzioni ad un terzo, con conseguente attribuzione altresì della rappresentanza processuale, in difetto di contraria manifestazione da parte dell’assemblea nella delibera di nomina . Questo perché il mandato, pur essendo caratterizzato dall’elemento della fiducia, non è tuttavia basato necessariamente sull’intuitus personae, di tal che al mandatario non è vietato avvalersi dell’opera di un sostituto, a meno che il divieto sia espressamente stabilito oppure si tratti di attività rientrante nei limiti di un incarico strettamente fiduciario.
Parimenti, la giurisprudenza aveva ritenuto che non sussistessero norme incompatibili con l’attribuzione ad una pluralità di persone della qualità di amministratore del condominio . La possibilità di nominare più amministratori, anzi, è apparsa conforme a quanto il legislatore, nell’art. 1106, comma 2, c.c., prevede per la comunione e che, in relazione al rinvio generale contenuto nell’art. 1139 c.c., ben può essere esteso al condominio, stante l’esportabilità della ratio che giustifica la delega dell’amministrazione della comunione a più partecipanti (come anche ad un estraneo), e cioè la maggiore tutela degli interessi dei singoli partecipanti rimessa alla loro volontà. Neppure l’art. 1131 c.c. escluderebbe la possibilità di configurare come legittima una pluralità di amministratori, comportando, piuttosto, in linea di principio, l’attribuzione della qualità di rappresentanti del condominio a tutti i soggetti che amministrano, anche rispetto ai terzi, e rimettendosi ai condomini, per una migliore organizzazione ed al fine di evitare conflitti nell’azione dei vari amministratori, la predisposizione di regole che ripartiscano le competenze di ciascuno con esclusiva validità nei rapporti interni. Ora, è da osservare che tanto in ipotesi di nomina di pluralità di amministratori, come di sostituzione dell’amministratore (che sia, poi, non autorizzata dall’assemblea, ovvero autorizzata dall’assemblea senza indicazione della persona del sostituto, o, ancora, autorizzata dall’assemblea con contemporanea indicazione del sostituto), l’incarico, congiunto o delegato, non possa essere svolto da persona non in possesso dei requisiti inderogabili posti dall’art. 71-bis disp. att. c.c..
Gli artt. 1129 c.c. e 71-bis disp. att. c.c. corredano, peraltro, di forme necessarie e di condizioni soggettive essenziali la nomina dell’amministratore affidata all’assemblea.
Di conseguenza, lo svolgimento in via di fatto da parte di un singolo condomino, o addirittura di un estraneo, di attribuzioni tipiche dell’amministratore condominiale non dovrebbe fondare alcun affidamento dei terzi in ordine al mandato tacito o all’utile gestione svolti da quello, di tal che non è dato comprendere il senso dell’obbligo di renderne accessibile a tutti l’indicazione delle generalità e dei recapiti.
Sempre dall’atto formale di accettazione dell’incarico deve emergere, in forza dell’art. 1129, comma 14, c.c., “a pena di nullità, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”.
La locuzione “attività svolta” deve ovviamente intendersi “attività da svolgersi”, non potendo il compenso correlarsi, al momento della nomina, ad un’attività già espletata, ovvero commisurarsi ad un fatto o ad un’opera già avvenuti prima che avesse inizio il rapporto di amministrazione.
Si deve del resto, alla stessa Riforma del 2012 il richiamo, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini, all’applicabilità delle disposizioni sul mandato. In tal senso, la presunzione di onerosità del mandato, prevista dall’art. 1709 c.c., va qui considerata con riferimento al disposto dell’art. 1135, n. 1), c.c., che continua a prevedere come “eventuale” la retribuzione dell’amministratore, ciò lasciando intendere che l’assemblea o il regolamento possono espressamente determinarsi per la gratuità dell’incarico.
L’amministratore deve quindi stabilire, in sede di nomina prima e poi in sede di rinnovo, quale sia il suo compenso. Il compenso così fissato sarà corrispettivo di tutte le attribuzioni gestorie, ovvero, oltre che delle attività espressamente elencate dalla legge, anche degli atti preparatori e strumentali, nonché di quelli ulteriori, che dei primi costituiscono il necessario completamento e ne raffigurano lo svolgimento naturale.
La mancata analitica specificazione del compenso preteso dall’amministratore è causa di nullità della nomina, la quale, pertanto, deve sostanziarsi nella redazione di un apposito documento, proveniente dall’amministratore e rivolto all’assemblea, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto di amministrazione con le indispensabili determinazioni in ordine alle prestazioni da rendere ed al compenso da corrispondere. Il compenso potrà allora essere determinato dall’assemblea nella delibera di nomina, valendo essa così come proposta completa di tutti gli elementi essenziali del contratto di amministrazione, sicchè il perfezionamento del rapporto si ha al momento stesso dell’accettazione integrale dell’amministratore consacrata nel verbale della riunione. Secondo il generale principio normativamente sancito dall’art. 1326 c.c., un’accettazione dell’amministratore non conforme alla proposta dell’assemblea sull’importo del compenso equivale, invece, a nuova proposta, e comporta l’ovvia conseguenza che solo con l’accettazione di quest’ultima da parte dell’assemblea si dia per verificata la conclusione del contratto, e alle diverse condizioni della controproposta. Fin quando non sussista un verbale di assemblea che consacri in un unico documento le clausole disciplinanti il rapporto di amministrazione, ivi compreso il compenso spettante all’amministratore, non c’è valida instaurazione dell’incarico.
La previsione espressa di nullità della nomina, in assenza di specificazione del compenso, porta a ritenere che tale invalidità investa totalmente il contratto di mandato tra amministratore e condominio, e non soltanto il sistema di determinazione del corrispettivo, soluzione, quest’ultima, cui sarebbe altrimenti conseguita la determinazione del medesimo, in relazione all’opera effettivamente prestata, secondo le tariffe, o gli usi, o in via giudiziale, a norma degli artt. 1709 e 1419, comma 2, c.c.
Il difetto di predeterminazione del compenso e la conseguente nullità della nomina possono evidentemente essere rilevati d’ufficio dal giudice chiamato a decidere sulla domanda dell’amministratore volta al pagamento della sua retribuzione.
Rimanere invocabile dall’amministratore, comunque, l’art. 1720 c.c., secondo cui il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni e risarcirgli i danni che abbia subito a causa dell’incarico, oltre a pagargli il compenso spettante.
VI. La polizza come condizione di efficacia della nomina.
L’art. 1129 c.c., al comma 3, prevede, inoltre, che “l’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione ai condomini di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato”.
La mancata presentazione della polizza per la responsabilità civile, richiesta dall’assemblea, non è stata elevata dalla Riforma a motivo di nullità della nomina dell’amministratore, né a causa tipica di sua revoca, facendosi quindi comunque salva la regolare costituzione del rapporto di amministrazione. Il legislatore ha, piuttosto, disposto che l’assemblea possa “subordinare la nomina dell’amministratore” alla presentazione della polizza (art. 1129, comma 3, c.c.).
Si è in presenza, allora, della previsione di una prestazione contrattuale come condizione sospensiva della nomina dell’amministratore, potendo questa, per volontà dell’assemblea, non spiegare gli effetti suoi propri sino a quando non sia realizzata, appunto, la condizione sospensiva stabilita. Solo stipulando il contratto di assicurazione, l’amministratore designato adempie il proprio obbligo e fa realizzare la condizione imposta. La polizza richiesta dall’assemblea, ai sensi del riformato art. 1129, non è, pertanto, un semplice contratto (concluso fra amministratore e società assicuratrice) a favore del terzo (condominio); essa appare un elemento della struttura della deliberazione di nomina, essendo questa subordinata alla copertura assicurativa, a diretto beneficio del gruppo dei condomini ed indiretta garanzia dell’amministratore dalla responsabilità civile.
di Antonio Scarpa
Consigliere della Corte di Cassazione
Nomina Amministratore-Accettazione.Il 15.07.2019 l'assemblea di condominio chiamata a nominare un nuovo amministratore delibera di scegliere un candidato che indica nella sua offerta-preventivo (fatta pervenire il 21.02.2019) 1.600 euro di compenso per la gestione ordinaria, senza dettagliare tale compenso come previsto a pena di nullità da 1129 c.c., ritenendo erroneamente possa essere sufficiente averlo riferito all'elenco attribuzioni previsto dall'art. 1130 c.c. Di contro, lo stesso ha dettagliato nella sua offerta compensi di gestione straordinaria, già compresi nell'attività ordinaria del mandato, per la quale ha presentato un importo forfettario, ampliando illegalmente i suoi compensi. E' mancata l'accettazione della nomina con il contemporaneo dettaglio dei compensi. E' sanabile tale nullità della delibera solo perché il candidato designato ha scritto il 26.08.2019 al Condominio ringraziandolo di averlo nominato, senza aggiungere altro? Da quanto ho letto nello stupendo studio del Dr. Antonio Scarpa, il candidato amministratore non ha sanato affatto la nullità della delibera. Ringrazio per una cortese e possibilmente sollecita risposta su tali dubbi. Distinti saluti. Dr. Franco Gallo, condomino che ha impugnato la delibera davanti al giudice di pace con 1a udienza il 13 gennaio 2020. A disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.
RispondiEliminaSono in attesa di una cortese risposta al quesito trasmessoVi il 30 dicembre 2019. Distinti saluti. Dr. Franco Gallo.
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