mercoledì 8 aprile 2015

Le anticipazioni dell’amministratore


Al fine di offrire una più compiuta trattazione dell’argomento, appare opportuno inquadrare preliminarmente il rapporto che lega l’amministratore al condominio.
Alla luce della legge di riforma del 2012 tale rapporto può essere agevolmente inquadrato, per espressa previsione normativa e per quanto non previsto dalle specifiche norme in tema di condominio, nell’ambito del contratto di mandato, disciplinato dagli artt. 1703 e seguenti del c.c..
Più in chiaro si ricorre alle disposizioni di cui alla sezione I del Capo IX del titolo III del Libro IV nei casi non espressamente previsti dalla speciale disciplina condominiale, secondo quanto disposto dall’art. 1129 c.c.
L’art. 1129 c.c. è norma di particolare importanza per l’amministratore di condominio; esso si preoccupa di fornire una puntuale disciplina delle modalità di nomina e revoca nonché degli obblighi dell’amministratore e del suo compenso ma non contiene alcuna prescrizione in tema di anticipazioni.
All’assenza di disposizione speciale in merito soccorre, dunque, l’art. 1720 c.c., che regola “spese e compenso del mandatario “ e dispone che “il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta. Il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subiti a causa dell’incarico”. Non può omettersi poi il riferimento sia alle norme in tema di gestione d’affari e, segnatamente, al 1° comma dell’art. 2031 c.c., sia in tema di professioni intellettuali e, nello specifico, all’art. 2234 c.c., che disciplina “spese e acconti”, stabilendo testualmente che “il cliente, salva diversa pattuizione, deve anticipare al prestatore d’opera le spese occorrenti al compimento dell’opera e corrispondere, secondo gli usi, gli acconti sul compenso”.
Dal predetto impianto normativo sembra quindi che possa ritenersi pacificamente consentito all’amministratore richiedere ed ottenere dal cliente condominio quanto da lui anticipato nell’esercizio dell’incarico, ossia quanto corrisposto ai terzi creditori per le obbligazioni contratte in nome e per conto del condominio stesso.
Negli ultimi tempi, tuttavia, particolare consenso ha accolto l’orientamento secondo il quale all’amministratore di condominio – salvo quanto previsto dagli artt. 1130 c.c. e 1135 c.c. – non compete un generale potere di spesa, in quanto spetta all’assemblea dei condomini il compito non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l’opportunità delle spese sostenute dall’amministratore; di conseguenza, in assenza di una delibera dell’assemblea, l’amministratore non potrebbe esigere il rimborso delle anticipazioni sostenute. La Suprema Corte ha motivato la predetta soluzione rilevando che il principio dell’art. 1720 c.c., sopra richiamato, non può essere applicato sic et simpliciter al condominio, ma deve essere coordinato con le norme relative a quest’ultimo, dalle quali si ricava che il credito dell’amministratore non può considerarsi liquido né esigibile, senza un preventivo controllo da parte dell’assemblea (Cass. n. 18084 del 20.08.2014; Cass. 14197 del 27.6.2011; Cass. 4232 del 7 maggio 1987). La Cassazione ha affermato anche che incombe sull’amministratore la prova dell’avvenuto pagamento delle spese per le quali si chiede il rimborso (Cass. 7498 del 30.03. 2006). In buona sostanza, il diritto al rimborso delle anticipazioni effettuate è collegato al diritto al compenso e, come quest’ultimo, è condizionato alla presentazione al condominio “mandante” del conto del proprio operato, che deve comprendere necessariamente la specificazione dei dati contabili, delle entrate, delle uscite e del saldo finale della gestione. In altre parole, in materia di condominio, poiché il credito per il recupero delle somme anticipate nell’interesse del condominio si fonda ex art. 1720 c.c. in materia di contratto di mandato, i rapporti economici tra mandante (condominio) e mandatario (amministratore) si regolano dopo lo svolgimento dell’incarico, di guisa che si ritiene che l’amministratore debba offrire la prova degli esborsi effettuati in nome e per conto del condominio mandante (Cass. 7498 del 30.03. 2006).
Deve rilevarsi inoltre che l’obbligo di rendicontazione può dirsi legittimamente adempiuto solo quando l’amministratore mandatario abbia fornito la prova attraverso i necessari documenti giustificativi non soltanto della somma versata e dell’entità e causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali all’individuazione ed al vaglio delle modalità di esecuzione dell’incarico, onde poter stabilire se il suo operato si sia adeguato oppure no a criteri di buona amministrazione (Cass. n. 24866 del 23.11.2006).
Si è poi altresì affermato che l’assenza di documentazione contabile relativa agli esborsi de quibus veritur preclude, in ogni caso, qualsivoglia ricostruzione del saldo eventualmente passivo del condominio ex art. 1720 c.c. (Cass. n. 7498 del 30.03.2006), con tutto ciò che ne consegue a discapito dell’amministratore stesso. Ciò anche perché la Cassazione ha affermato che la differenza negativa risultante dal rendiconto, sottoposto al “principio di cassa”, non costituisce automaticamente prova dell’anticipazione da parte dell’amministratore, in quanto questi potrebbe aver reperito i fondi altrove come, ad esempio, da rimanenze di cassa (Cass. n. 10153 del 09.05.2011).
Tali principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità vanno combinati con il riformulato art.1129 c.c. che impone all’amministratore di far transitare tutte le somme ricevute a qualunque titolo da condomini o da terzi, “nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio su uno specifico conto corrente intestato al condominio”, sanzionando come grave irregolarità “la gestione secondo modalità tali che possano generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio ed il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini”.
Da quanto rilevato e argomentato sembra chiaro, pertanto, l’assoluta illegittimità della richiesta da parte dell’amministratore delle anticipazioni sostenute, qualora esse siano prive di riscontro documentale idoneo a consentire la prova dell’effettivo esborso effettuato nell’interesse del condominio, nel rispetto, comunque, delle disposizioni generali relative alla tracciabilità dei pagamenti. Proseguendo nel ragionamento si impone un ulteriore coordinamento con il disposto dell’art. 1129 nono comma c.c., relativo al “recupero dei crediti”: il legislatore ha posto in capo all’amministratore l’obbligo di agire, entro sei mesi, per il recupero del credito nei confronti dei condomini morosi; tale obbligo è affermato con peculiare perentorietà posto che si deroga al principio dell’autorizzazione assembleare e si afferma il contrapposto criterio negativo dell’espressa dispensa al dovere di azione, anche in via giudiziaria, ex lege (art. 63, 1° comma, disp. att. c.c.). Da ciò si evince dunque che le anticipazioni dell’amministratore, in caso di mancato recupero del credito condominiale, risultano ingiustificate, aggravando anzi i profili di responsabilità dell’amministratore per aver omesso di intraprendere le opportune azioni a tutela degli interessi rappresentati.
Più in chiaro, l’amministratore che abbia anticipato pagamenti in nome e per conto del condominio e, per contro, abbia omesso di attivarsi, anche in via giudiziaria, per fronteggiare la morosità all’interno della compagine condominiale, corre il rischio di essere considerato professionalmente responsabile di guisa che il suo anticipo viene automaticamente considerato come rimedio alla sua stessa negligenza e non come espressione di zelo ed accortezza.
È chiaro però che a fronte di tale scenario di base resta sempre opportuno calare la questione nel caso di specie: sembra infatti che nei casi di urgenza o di necessità evidente per il condominio, l’amministratore possa o meglio debba procedere a pagamenti avendo cura, tuttavia, di effettuare i medesimi attraverso bonifico bancario dal proprio conto corrente con precisa indicazione in causale degli estremi del documento fiscale (fattura) pagato per mancanza di fondi condominiali. Tale metodo operativo appare l’unico rimedio per poter legittimamente dimostrare, richiedere e pretendere le anticipazioni sostenute; al contrario, ove si proceda ad effettuare un versamento dal proprio conto corrente a quello del condominio si incorrerebbe nella grave irregolarità prescritta dall’art. 1129, 12° comma n. 4) c.c., avendo l’amministratore generato “possibilità di confusione” tra il patrimonio personale e quello del condominio. Inoltre, non può omettersi il rilievo per cui l’anticipazione in senso tecnico presuppone l’adempimento da parte dell’amministratore e non la rimessa della mera provvista per effettuarlo. Chiarita dunque la corretta modalità operativa va detto anche che non appena risulti ripristinata la giacenza di cassa del condominio, occorre che l’amministratore provveda ad eseguire dal conto del condominio il rimborso a suo favore, potendo beneficiare, nel caso di specie, di quanto previsto dall’art. 15 del DPR 633/1972 in materia di IVA, emettendo regolare fattura ed imputando le spese sostenute quali anticipazioni escluse dalla base imponibile, ed avendo cura di conservare la relativa documentazione fiscale intestata al cliente condominio.
Infine, altra ipotesi è quella che si verifica nel caso in cui le anticipazioni risultino al termine del mandato a causa di cessazione dell’incarico. In tali circostanze, l’amministratore uscente non può più procedere al pagamento o al recupero delle spese sostenute, dovendo le stesse essere versate dal nuovo amministratore. Operando in questo senso si corrono infatti seri rischi. Nello specifico, provvedere dopo la cessazione dall’incarico all’utilizzazione del conto corrente condominiale per il rimborso delle proprie anticipazioni, senza avere più la titolarità né il potere rappresentativo del condominio, potrebbe configurare il reato di appropriazione indebita aggravata dalla documentazione concernente il condominio (Cass. Pen. n. 29451 del 10.07.2013). Ciò è del resto indirettamente confermato anche dalla previsione secondo cui l’amministratore cessato dall’incarico è obbligato, ex art. 1129, 8° comma, c.c. a “consegnare la documentazione in suo possesso afferente al condominio ed ai singoli condomini ed ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”.

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