Cassazione penale Sent. 10-11-2015 n. 46385 (per scaricare l'intera Sentenza clicca QUI)
La funzione di garante svolta
dall’amministratore di condominio comporta che questi risponda del reato di
lesioni colpose se non si è attivato per prevenire un pericolo anche se non ha
il via Libera dell'assemblea e non dispone di fondi.
Partendo da questo principio la
Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un amministratore condannato per lesioni colpose (articolo 590 c.p.) a causa delle ferite riportate da un
bambino colpito dai calcinacci di un crollo di parte del rivestimento dell’edificio.
L'amministratore contestava di non essere mai stato messo al corrente di un
concreto pericolo di crollo, le assemblee da lui convocate andavano
regolarmente deserte e mancavano i fondi perché la maggior parte dei condomini
era morosa.
La Cassazione tuttavia non ha
tenuto conto di tali giustificazioni ed ha affermato che l’amministratore ha l’obbligo
di rimuovere le situazioni che mettono a rischio l’incolumità di terzi,
eventualità che era insita nello stato del rivestimento dell'edificio.
II dovere di controllo sulle
parti comuni dell’edificio da parte dell’amministratore esula dal dovere di
compimento degli atti conservativi urgenti e non è subordinato al preventivo
consenso dell’assemblea o all'esistenza di una segnalazione di pericolo (articolo
1130 n.4 del codice civile). Quanto alle opere di manutenzione straordinaria,
che rivestono il carattere d’urgenza, l’amministratore ha Ia facoltà di
intervenire informando l’assemblea in un secondo momento (articolo 1135 del
codice civile ultimo comma).
Nel caso esaminato l’intervento
di manutenzione doveva essere considerato urgente anche a tutela dell’incolumità
dei passanti.
La Corte ha sottolineato che non
impedire un evento, per chi ha l'obbligo giuridico di farlo, equivale a
cagionarlo (articolo 40, comma 2 del codice penale). L’amministratore
condannato, titolare dell’obbligo di garanzia attribuito dalle norme
civilistiche, ha quindi l’obbligo di compiere atti di manutenzione e gestione
sulle cose comuni e gli atti di amministrazione straordinaria anche senza il
preventivo deliberate dell’assemblea. La mancanza di denaro in cassa e la
morosità dei condomini non possono quindi giustificare l’inerzia. Eliminare il
pericolo, precisa il Collegio, non vuol dire necessariamente far eseguire interventi
di manutenzione, ma anche semplicemente eseguire intervento di prevenzione
adottando delle cautele. L’amministratore avrebbe, infatti, evitato la condanna
se avesse provveduto a far transennare la zona o a far rimuovere le mattonelle
che rischiavano di cadere.
La pronuncia appare assai severa
rispetto all'indirizzo precedente. Sul punto occorre fare infatti riferimento
alla sentenza della Corte di Cassazione – prima sez.penale n. 25221 del
17-2-2012 che in tema di pericoli derivanti dai balconi private ha statuito:
1) non è sufficiente che l’amministratore
dimostri di aver diffidato i condomini all’esecuzione dei lavori di messa in
sicurezza, poiché e necessario anche che l’amministratore si attivi per la
rimozione dello stato di pericolo ossia per “l’immediata rimozione degli
effetti pericolosi del deterioramento edilizio, consistita [...] nell’eliminazione
dell’intonaco esterno sul punto di distaccarsi [...] prevenendo la specifica
situazione di pericolo con opere provvisorie ed urgenti oppure interdicendo, ove
ciò sia possibile, l’accesso e il transito nelle zone pericolanti”.
2) Non necessita invece che l’amministratore
esegua lavori di manutenzione intese alla rimozione strutturale delle cause
della rovina dei balconi. L’obbligo dell’amministratore dl rimuovere la
situazione di pericolo si arresta solo quando egli non possa procedere a tali
opere di messa in sicurezza per mancanza di fondi, non potendo provvedervi di
tasca propria.
di Carlo Patti
consulente legale ANACI Roma
Fonte: Dossier Condominio
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