martedì 10 ottobre 2017

Rottamazione liti fiscali pendenti

L’art. 11 del Decreto Legge del 24 aprile 2017 n. 50 contenente la manovra correttiva pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24 aprile 2017 prevede la possibilità di chiudere agevolmente le liti fiscali pendenti dinanzi a commissioni tributarie e Cassazione la cui unica controparte è l’Agenzia delle Entrate.
Per poter aderire al nuovo istituto è necessaria la costituzione in giudizio del contribuente entro il 31 dicembre 2016, e ovviamente che il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.
Per definire la lite dovrà essere effettuato il pagamento di tutti gli importi di cui all’atto impugnato che hanno formato oggetto di contestazione in primo grado e degli interessi da ritardata iscrizione a ruolo, calcolati fino al 60° giorno successivo alla notifica dell’atto, escluse le sanzioni collegate al tributo e gli interessi di mora.
Il pagamento è possibile in tre rate: entro il 30 settembre 2017 (40%), entro fine novembre l’altro 40% e al 30 giugno 2018 il restante 20%. Attenzione però agli importi fino a 2 mila euro laddove la rottamazione andrà fatta soltanto in un’unica soluzione.
In caso di controversia relativa esclusivamente a:
  • interessi di mora o sanzioni non collegate ai tributi, per la definizione è dovuto il 40% degli importi in contestazione;
  • sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione.
Non sono definibili le liti che hanno ad oggetto:
  1. le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;
  2. le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

Altresì, qualora gli importi rientrino, in tutto o in parte, anche nell’ambito di applicazione della definizione agevolata di cui all’articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225 ovvero “rottamazione cartelle” (aderendo entro il 21 aprile 2017), ed il contribuente se ne sia avvalso, può il contribuente in ogni caso avvalersi anche di quest’ultima definizione, essendo entrambe le agevolazioni autonome. La definizione si perfeziona con il pagamento degli importi dovuti di cui sopra o della prima rata. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda. Peraltro, con riferimento alle liti aventi ad oggetto le sole sanzioni la nuova rottamazione delle liti è più onerosa della rottamazione cartelle.
Orbene, dagli importi dovuti si scomputano quelli già versati per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di giudizio nonché quelli dovuti per la rottamazione delle cartelle. La definizione delle liti non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima dell’entrata in vigore della norma sulla chiusura delle liti.
Entro il 30 settembre 2017 va presentata la domanda per la definizione delle liti pendenti laddove per ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta domanda di definizione esente dall’imposta di bollo. Va evidenziato che per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.
L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2018 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la lite. Nel caso in cui la definizione della lite è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo.
Il processo si estingue in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2018 dalla parte che ne ha interesse.
L’impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate.
Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 ottobre 2017.
Se entro tale data il contribuente avrà depositato copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2018. Per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore della nuova norma fino al 30 settembre 2017.
Da una lettura della disciplina qui esaminata, si possono avanzare delle riflessioni che mettono in luce alcuni punti critici del nuovo strumento legislativo. Ed allora, si osserva che il beneficio è rappresentato dall’azzeramento delle sanzioni e degli interessi di mora.
Allo stesso tempo, sono irrilevanti però le pronunce depositate medio termine ovvero non si tiene conto di quanto già deciso dai giudici nell’iter processuale laddove è penalizzato il contribuente che ha parzialmente ragione giacchè non avrebbe motivo di pagare tutte le imposte se il giudice gliele ha già annullate. Altresì il contribuente in attesa dell’udienza in Ctp difficilmente troverà conveniente l’abbattimento delle sole sanzioni. Oppure, basti pensare a come sia sconveniente per chi ha scelto la via del contenzioso per le sole imposte prestando acquiescenza alle sanzioni.
Ecco che, la conseguenza purtroppo sarebbe rebus sic stantibus un beneficio soltanto per gli evasori ovvero per coloro che sanno di non avere possibilità di successo col contenzioso, e uno svantaggio, invece, per i contribuenti che si ritrovano a fronteggiare un accertamento errato dovendo proseguire nel processo. Non si può infatti pensare di trattare chiunque ha una lite indipendentemente dalla storia processuale.
Le disparità proseguono, poi, per i contribuenti che hanno intrapreso il procedimento di adesione con l’ufficio per usufruire dell’abbattimento della pretesa e la riduzione delle sanzioni, e per coloro che obbligatoriamente hanno intrapreso la via della mediazione. Infatti per poter accedere alla rottamazione delle liti è essenziale, come detto sopra, che avvenga la costituzione in giudizio in primo grado del contribuente entro il 31 dicembre 2016. Ebbene, in entrambi i casi se la notifica dell’atto impugnabile sia avvenuta nella seconda metà dello scorso anno, e se di importo inferiore ai 20.000 euro, difficilmente conteggiando tutti i termini processuali si riuscirà a rientrare nell’ipotesi di costituzione in giudizio entro la data prevista dal condono.
In sostanza, considerato che una delle finalità della chiusura agevolata delle liti fiscali è lo snellimento dell’enorme contenzioso esistente (si pensi che a fine 2016 risultano oltre 450 mila liti pendenti col fisco nelle sezioni provinciali e regionali delle corti tributarie), andrebbero riviste le date per aderire alla definizione, ed altresì si dovrebbe intervenire in maniera diversa su chi non è stato sottoposto ad alcun vaglio processuale e chi, invece, ha avuto un esito provvisorio favorevole.

di Maurizio Villani
Avvocato Tributarista in Lecce

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