L’amministratore, consapevole che l’artigiano chiamato ad eseguire, sia per conto del Condominio sia per conto dei singoli condomini, opere che richiedevano l’uso di un cannello a fiamma libera a GPL, avrebbe dovuto verificare che il soggetto fosse in grado di realizzare i lavori affidati e munito delle attrezzature idonee
Il 21 settembre è iniziato l’autunno anche in
Cassazione penale, dove la sezione quarta
ha emesso due sentenze di condanna verso
amministratori di condominio, entrambi in qualità
di committenti che non hanno verificato
correttamente l’idoneità tecnico professionale di
esecutori di opere edili. Presentiamo le due sentenze
come promemoria per un obbligo sempre
presente quando si ordinano lavori in edilizia, ai
sensi dell’art.90 comma 9 del decreto legislativo
81/2008 ed in capo al committente, a meno che
venga formalmente e correttamente nominato un
responsabile dei lavori, ovviamente terzo rispetto
all’amministratore pro tempore.
La sentenza n.43452/2017
La notizia del fatto
Nell’agosto 2010 un manovale al momento disoccupato,
“procacciato” da un condòmino, mentre
esegue un lavoro su una copertura piana condominiale priva di protezioni cade al suolo da dieci
metri di altezza e muore.
In primo grado l’amministratore condominiale e il
condòmino “procacciatore” vengono assolti per insufficienza
di prove sull’affidamento dell’incarico.
L’appello però ribalta la sentenza assolutoria,
ritenendo provati i ruoli di datore di lavoro per
il condòmino e di committente delle opere per
l’amministratore: “… l’incarico era stato affidato
informalmente a due operai in stato di disoccupazione
(per quanto potesse trattarsi di manovali
esperti) e non ad un’impresa regolarmente registrata
nel registro delle imprese della camera di
Commercio. Si può pertanto affermare che incombeva
sul [l’amministratore] l’obbligo di cui all’art.
90 co. 9 lett. a) D.L.vo n. 81/2008 [...] Inoltre
sullo stesso [l’amministratore] sempre quale datore
di lavoro committente incombeva ai sensi
dell’art. 26 co. 3 D.L.vo cit. l’obbligo di elaborare
in fase di progettazione un documento per la valutazione
dei rischi indicanti le misure adottate
per eliminarli.”. Per completezza è giusto precisare
che il committente non è mai automaticamente
datore di lavoro se manca il dipendente condominiale
e che il DUVRI di cui all’art.26 comma 3 non
avrebbe comunque dovuto occuparsi del rischio
specifico di caduta
dall’alto: piccoli
errori davanti
a una morte, forse,
che comunque
la sentenza di
Cassazione non
ripropone.
L’amministratore
ricorre contro
la condanna ma
la Suprema Corte
rigetta il ricorso,
confermando che
l’amministratore
“diede in effetti
incarico alla vittima
di svolgere
lavori condominiali”, che “non verificò in alcun
modo la formazione, le competenze e l’idoneità
tecnico-professionale dell’operaio e che non adottò, nonostante si trattasse di lavori sostanzialmente
in quota, nessun tipo di precauzione”.
Non avrebbe certo dovuto adottare direttamente
alcuna precauzione, ma avrebbe dovuto – questo
sì – rivolgersi a un’impresa in grado di adottare
precauzioni, verificandone preliminarmente l’idoneità
tecnico-professionale.
La sentenza n.43500/2017
La notizia del fatto
Nel giugno 2010 scoppia un incendio presso un
tetto con struttura in legno: i danni interessano
anche molti appartamenti sottostanti; al momento
dell’innesco erano in corso lavori di impermeabilizzazione
con bombole e cannello.
“La Corte d’Appello di Torino, con sentenza in
data 29 giugno 2016, confermava la condanna
resa dal Tribunale cittadino nei confronti di
(omissis), titolare dell’omonima impresa artigiana,
e (omissis), amministratore del Condominio,
responsabili, con condotte colpose indipendenti,
del delitto di incendio colposo che il 21 giugno
2010 aveva interessato il piano mansardato ed
il tetto dell’edificio condominiale e da cui erano
derivati imponenti danni anche a diverse unità
abitative poste ai piano sottostanti; confermava
altresì le statuizioni civili. In particolare, al [l’artigiano]
era stata addebitata la mancata adozione
di cautele in tema di sicurezza antincendio nel
corso dei lavori di impermeabilizzazione di alcuni
lucernai posti sul tetto, a lui commissionati e da
lui personalmente eseguiti, avendo egli effettuato
la posa della guaina catramata con cannello
collegato a bombola di gas propano, creando così
surriscaldamento, in assenza di mezzi antincendio
(quali estintori od altro). Al (omissis) invece, amministratore
del Condominio e committente delle
opere di impermeabilizzazione, era stato addebitato
di aver conferito l’incarico senza verificare
l’idoneità tecnico-professionale del [l’artigiano],
in violazione dell’art.90, comma 9 lett.a) e All.
XVII del D.Lgs.n.81/2008, non avendo acquisito documentazione relativa alla conformità alle normativa
antinfortunistica delle attrezzature usate
e dei dispositivi di protezione in dotazione, né
attestati inerenti la formazione del [l’artigiano]
e neppure il documento di regolarità contributiva
(c.d. DURC).”
La difesa dell’amministratore ricorre affermando
che l’incarico
condominiale
all’artigiano, pur
esistendo, non
prevedeva lavori di
impermeabilizzazione
con bombole
e cannello per i
quali, anzi, i committenti
dovevano
essere ricercati nei
singoli proprietari
dei nove lucernari
privati oggetto di
intervento. Inoltre,
pur ammettendo
la mancanza
dell’autocertificazione
dell’artigiano riguardante il possesso dei requisiti
di idoneità tecnico-professionale, evidenzia
che comunque sulla veridicità della stessa l’amministratore
non avrebbe potuto effettuare alcuna
verifica.
La Suprema Corte ritiene infondato il ricorso. E’
infatti emerso in secondo grado che, anche se in
modo non formale, all’artigiano era stato affidato
l’incarico di risolvere un problema infiltrativo di
natura condominiale, e ciò l’operaio aveva fatto
con le stesse modalità con cui stava procedendo
alla impermeabilizzazione del tetto in corrispondenza
delle mansarde di proprietà privata. Di qui
la conclusione – confermata in Cassazione – che
l’amministratore, consapevole che l’artigiano “era
chiamato ad eseguire, sia per conto del Condominio
sia per conto dei singoli condomini, opere che
richiedevano l’uso di un cannello a fiamma libera
a GPL, avrebbe dovuto - in qualità di amministratore
e di committente - verificare che il soggetto
da lui stesso individuato fosse effettivamente
dotato della necessaria capacità di realizzare i
lavori affidati e munito delle attrezzature idonee,
anche in relazione ai dispositivi di sicurezza e
prevenzione incendi, data la infiammabilità del
materiale utilizzato (…). Già questa Corte si è
pronunciata nel senso che l’amministratore che
stipuli un contratto di affidamento in appalto di
lavori da eseguirsi nell’interesse del Condominio
è tenuto, quale committente, all’osservanza degli
obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale
dell’Impresa appaltatrice”.
di Cristoforo Moretti
Componente CSN
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