giovedì 22 febbraio 2018

L’assemblea: iter procedurale

Come è noto, il legislatore italiano non ha mai definito la natura giuridica del condominio, neppure con la riforma intervenuta con la legge 11 dicembre 2012, n. 220, del codice civile del 1942.
La giurisprudenza, già da tempo, ha definito il condominio un ente di gestione, confermando che è privo di personalità giuridica e, del resto, la sua disciplina è inserita nel libro terzo “della proprietà” con un privilegio dei diritti di comproprietà sulle parti e sui servizi comuni, rispetto sia ai rapporti di natura obbligatoria, anch’essi previsti, sia a quelli personali sussistenti tra i condomini. La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 18 settembre 2014, n. 19663, ha stabilito che, proprio in relazione alla mutata normativa, il condominio sia fornito, quanto meno, di una soggettività giuridica, poiché è dotato di un patrimonio e assume obbligazioni, derivate da contratti o da fatti illeciti. Come gli enti collettivi, è gestito da due “organi”: l’assemblea, che rappresenta il potere decisionale e l’amministratore che ne rappresenta il potere esecutivo.

L’assemblea delibera, con le maggioranze prescritte, in particolare, dagli artt. 1117-ter, 1120 e 1136 cod. civ., nonché dall’art. 67 disp. att. cod. civ., per ogni questione che rilevi per gli interessi e i diritti dei condomini, con esclusione, conseguentemente, degli argomenti che ne esulano, non concernendo beni e servizi comuni. Qualora avvenga ciò, la delibera è nulla (Cass. civ., Sez. VI, 15 marzo 2017, n. 6652). Si rammenta che la delibera è un atto collettivo, anche se parte della dottrina la definisce un atto complesso. Le delibere possono essere nulle e, dunque, impugnabili in ogni tempo, ovvero annullabili e, quindi, impugnabili entro i trenta giorni previsti dall’art. 67 disp. att. cod. civ., dai condomini assenti o da quelli, presenti all’assemblea, che ne siano stati contrari o si siano astenuti; i trenta giorni decorrono dalla data dell’avvenuta effettiva conoscenza della delibera da parte del condomino che intenda impugnarla. Una delibera con cui si decida in modo concreto una spesa o una attività può essere impugnata, non essendo impugnabili quelle che abbiano un mero contenuto generico e programmatico, tale da rinviare a una successiva l’adozione dell’effettiva delibera (Cass. civ., Sez. II, 25 maggio 2016, n. 104865). Si ricorda che le delibere sono nulle quando propongono un oggetto illecito o impossibile, una causa illecita, quando sono contrarie a disposizioni imperative di legge o violino i diritti soggettivi e/o reali anche di un singolo condomino; per contro, sono annullabili tutte le altre delibere che, sostanzialmente, non rispettano le norme procedurali della gestione condominiale, latu sensu intesa. In quest’ultima fattispecie, legittimato a impugnare la delibera è esclusivamente il condomino interessato a tutelare la lesione del suo diritto, per esempio, per non essere stato convocato in assemblea (Cass. civ., Sez. II, 23 novembre 2016, n. 23903), e non un altro condomino, per esempio quello regolarmente convocato. L’assemblea deve essere convocata dall’amministratore in carica ex art. 67 disp. att. cod. civ., ovvero anche da un terzo che operi quale delegato, secondo il meccanismo della rappresentanza volontaria, per esempio, il socio accomodante della società di persone, amministratrice del condominio, soprattutto se la convocazione è stata redatta sulla carta intestata della società (Cass. civ., Sez. II, 10 gennaio 2017, n. 335).

Uniche eccezioni, alla norma sopra citata, consistono: 
  1. nella possibilità che anche un solo condomino convochi l’assemblea, allorché il condominio sia sprovvisto di amministratore ovvero l’amministratore sia decaduto dalla carica per essere venuti meno i requisiti di moralità prescritti dall’art. 71- bis disp. att. cod. civ.; in quest’ultima ipotesi, anche se il testo di legge riporta l’espressione “senza alcuna formalità” ritengo che le prescrizioni, di cui al precitato art. 66, debbano essere rispettate, indicando la frase de qua che non necessita alcuna preventiva dichiarata revoca da parte dell’assemblea o dell’autorità giudiziaria;
  2. nella convocazione diretta dell’assemblea da parte di un condomino, allorché l’amministratore ne sia obbligato, per esempio per la revisione delle tabelle millesimali o per deliberare una innovazione prevista dal secondo comma dell’art. 1120 cod. civ., ovvero da parte di due o più condomini, rappresentanti almeno un sesto del valore millesimale dell’edificio, che richiedano un’assemblea e l’amministratore non vi provveda nei dieci giorni successivi alla ricezione della relativa raccomandata.
Tutti i condomini effettivi devono essere convocati in assemblea pur se presentino situazioni particolari; può darsi il caso che un condomino sia fallito o sia in conflitto di interessi, per esempio, per aver impugnato una precedente delibera o, ancora, sia un minore o un inabilitato o un interdetto, ovvero per un’unità immobiliare si siano stipulati un contratto di leasing, sia stata prevista la cessione della proprietà con un contratto di rent to buy o con un preliminare trascritto ai Registri Immobiliari, ex art. 2932 cod. civ., o sussistano sia il nudo proprietario sia l’usufruttuario. Se poi sia stata comunicata all’amministratore la vendita, anche parziale, per esempio, per frazionamento di appartamento, di una unità immobiliare, deve essere convocata in assemblea l’acquirente o l’acquirente della porzione di appartamento compravenduta (Cass. civ., Sez. II, 16 giugno 2016, n. 12466). Si rammenta che la convocazione dell’assemblea è un atto unilaterale recettizio e, conseguentemente, deve pervenire ai condomini, o ai conduttori allorché ne abbiano diritto, entro i termini prescritti dalla legge o dal regolamento di condominio.
La convocazione deve contenere l’ordine del giorno. L’ordine del giorno incide sulla validità della relativa assemblea, poiché i condomini devono partecipare all’assemblea informati di quanto dovranno decidere. Non è necessaria, però, un’analitica e minuziosa elencazione degli argomenti da trattare, essendo sufficiente che siano indicati con termini essenziali, tali da essere comprensibili per tutti l’importanza e il tenore di quanto si dovrà deliberare.

Qualora l’assemblea stabilisca di dibattere ugualmente un argomento, non ben specificato nell’ordine del giorno, la partecipazione alla discussione e alla susseguente deliberazione preclude al condomino, che non abbia sollevato eccezioni, di poter impugnare la delibera, adducendo l’incompletezza dell’ordine del giorno. Una volta riunitisi i condomini nel giorno, nell’ora e nel luogo dove è convocata l’assemblea, di norma a maggioranza, eleggono il presidente e il segretario. La figura del presidente era prevista nel testo dell’art. 67 disp. att. cod. civ. del 1942; la riforma della normativa del condominio, introdotta con la legge 11 dicembre 2012, n. 220, ha modificato l’articolo de quo eliminando il riferimento al presidente. Ritengo, tuttavia, che, per analogia con quanto disposto per gli enti collettivi (cfr. art. 2375 (?) cod. civ.), la nomina del presidente sia necessaria per la posizione di direzione della discussione assembleare e di responsabilità che deve assumere in relazione ad alcune decisioni da adottare seduta stante. Ma, considerato che la norma non ne prevede espressamente la nomina, se l’assemblea non vi proceda, questa circostanza non dovrebbe produrre effetti negativi sulla validità delle delibere assunte. Il presidente, constato il quorum costitutivo, per la validità dell’assemblea, per la presenza, di persona o per delega, dei condomini, ne dichiara la validità, riportando a verbale il loro nominativo e il corrispondente valore millesimale.
Il novellato art. 67 disp. att. cod. civ. dispone che, nei condomini il cui numero di condomini sia superiore a venti, nessuno di essi può essere portatore di un numero di deleghe superiore a un quinto dell’intera compagine e dei millesimi del fabbricato.
A prescindere dalle difficoltà operative che in alcune fattispecie si creano, per esempio, qualora un solo condomino sia proprietario di più unità immobiliari, per un valore superiore a duecento millesimi, il legislatore ha desunto la norma dagli arresti degli Ermellini che, confermando la validità di una clausola del regolamento di condominio, intendevano garantire l’effettività del dibattito e la concreta collegialità delle assemblee, allorché il regolamento stesso limitasse il potere dei condomini di farsi rappresentare nelle assemblee (da ultimo: Cass. civ., Sez. VI, 23 marzo 2017, n. 8015).
Terminata l’assemblea, l’ultimo comma dell’art. 1136 cod. civ. prevede che “si rediga” il processo verbale che ha la funzione di documentare la valida costituzione dell’assemblea, il processo formativo e il contenuto delle delibere e, dopo la novella del 2012, ai sensi dell’art. 1129 cod. civ., le brevi dichiarazioni che i condomini hanno voluto rilasciare. La veridicità di questo può essere impugnata avvalendosi di qualsiasi mezzo di prova, senza necessità di proporre una querela di falso (Cass. civ., Sez. VI, 9 maggio 2017, n. 11375); incombe sul condomino, impugnante una delibera, l’onere di sovvertire la presunzione di verità di quanto risulta dal verbale.
Considerato che l’art. 1137 cod. civ. prescrive che possano impugnare le delibere esclusivamente i condomini che sono rimasti assenti all’assemblea, quelli dissenzienti e quelli astenuti, anche in questo caso mutuando la tesi giurisprudenziale, nel verbale devono essere esattamente riportati i nominativi dei condomini dissenzienti e degli astenuti, nonché il valore delle rispettive quote millesimali, non necessitando, per la validità delle delibere, che siano riportati i nominativi di coloro che hanno votato a favore, potendosi desumere, per differenza, la verifica della sussistenza delle maggioranze prescritte dall’art. 1136 cod. civ..
La forma del verbale, deve essere necessariamente scritta dovendo essere riportata nel libro verbale prescritto dall’art. 1129 cod. civ.. È sufficiente la sottoscrizione del presidente e del segretario, che l’ha redatto in seguito alle indicazioni dello stesso presidente, soggetti che non sono, comunque, pubblici ufficiali, ma soggetti privati. Il verbale deve essere sottoscritto da tutti i condomini soltanto qualora costituisca il testo contrattuale di una convenzione stipulata tra loro. Tuttavia se la delibera inerisca a diritti reali dei condomini, il verbale deve essere redatto con forma scritta ad substantiam. Infine si deve rammentare che i verbali, in caso di contestazioni, sono interpretati dall’autorità giudiziaria “secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 cod. civ. e ss., privilegiando, innanzitutto, l’elemento letterale e quindi, soltanto nel caso in cui esso si appalesi insufficiente, utilizzando gli altri criteri interpretativi sussidiari indicati dalla legge, tra cui quelli della valutazione del comportamento delle parti e della conservazione degli effetti dell’atto.” (Cass. civ., Sez. II, 23 novembre 2016, n. 23903).

di Gian Vincenzo Tortorici
Direttore CSN Anaci

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