martedì 17 novembre 2015

Assemblea di condominio: si può allontanare il disturbatore cronico?


Solo nei casi più gravi, allontanamento del condomino molestatore che, con il proprio comportamento ostruzionistico impedisce il regolare svolgimento della riunione.


Assemblea condominiale:

L'Assemblea condominiale è il luogo di scontro preferito da numerose persone. Quasi come in un derby allo stadio, dove le “armi” si affilano già con qualche giorno di anticipo, la riunione dei proprietari degli appartamenti diventa spesso un’occasione dove combattere per il cavillo, il centesimo e, soprattutto, dove far emergere antipatie e piccole rivalità interne. Così, non poche volte, si assiste all’atteggiamento ostruzionistico di alcuni condomini, presenti in veste più di disturbatori cronici che di reali interessati alle delibere. In tali casi, quali sono i poteri dell’amministratore e come si può tutelare il regolare svolgimento dei lavori nei confronti di chi, con il proprio comportamento non consono, ostacoli le attività?
Prima che intervenisse l’ultima riforma del condominio, il codice prevedeva espressamente che l’assemblea fosse presieduta da un presidente di assemblea, figura che ora, però, non viene più menzionata dal codice civile. Tuttavia, con riferimento al funzionamento dell’assemblea di condominio – come per la disciplina dell’invalidità delle delibere – si è sempre fatto riferimento alla normativa dettata in materia di società, ove si prevede che l’assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto o, in mancanza, da quella eletta con il voto della maggioranza semplice dei presenti: è quello che, nella prassi, viene appunto chiamato presidente di assemblea.
Allo stesso modo si procede alla designazione di un segretario. 
Tra i compiti del presidente vi è quello di regolare lo svolgimento dell’assemblea. Perciò la giurisprudenza ha riconosciuto al presidente dell’assemblea di condominio tutti i poteri necessari ad assicurare l’ordinato svolgimento dei lavori, garantendo a ogni condomino la possibilità di esprimere compiutamente le proprie ragioni. 
In particolare, con una sentenza di qualche anno fa, la Cassazione ha ritenuto che, per esempio, il presidente possa, ove necessario, contingentare i tempi degli interventi, stabilendo, per esempio, che ad ogni condomino che chiede di poter prendere la parola, venga dato lo stesso e predeterminato numero di minuti. 
Allo stesso modo deve ritenersi che egli possa adottare ogni altro provvedimento necessario così come – ma solo nei casi più gravi – l’allontanamento dalla assemblea. Una decisione del genere, infatti, priverebbe il condomino della possibilità di votare su decisioni suscettibili di limitare i propri diritti e, dunque, si tratta di una sanzione da assumere come ultima spiaggia. Pertanto, solo la conclamata impossibilità di proseguire i lavori, a causa del comportamento molesto e prevaricatorio di un condomino, può giustificarne l’allontanamento. 
Un semplice atteggiamento polemico, ipercritico o anche ostruzionistico non sono sufficienti. Occorre un comportamento univocamente diretto a rendere impossibile lo svolgimento della riunione, in violazione delle più elementari norme che governano il funzionamento di qualunque assemblea. 
Prima di disporre l’allontanamento, trattandosi di un provvedimento da adottare come extrema ratio, occorre procedere ad ammonire il condomino indisciplinato e a sospendere brevemente la riunione per tentare di contenere gli eccessi. Se si negasse il potere del presidente di disporre l’allontanamento anche in casi estremi, si riconoscerebbe a chiunque la possibilità di paralizzare l’attività dell’organo collegiale con la propria tracotanza.

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