martedì 17 novembre 2015

IL LEGISLATORE OGGI NON VUOLE PIU' CONDOMINI MOROSI!




CONDOMINI CHE NON PAGANO E RECUPERO CREDITI: QUALI AZIONI?



Condominio: 

alcuni suggerimenti per recuperare i crediti nei confronti dei condomini morosi che non versano gli oneri all’amministratore.


Il problema del recupero crediti nei condomini e, in particolare, nei confronti dei proprietari che non vogliono pagare gli oneri all’amministratore è forse una delle principali ragioni che porta le assemblee a dibattere più aspramente. Le contestazioni vengono sollevate tanto nei confronti dell’amministratore (spesso additato come responsabile della situazione debitoria, per via dell’inerzia nell’attività di recupero crediti), tanto nei confronti di chi utilizza (a volte strumentalmente) il ricatto dell’omissione dei pagamenti per ottenere benefici di altri tipi (per esempio, la revisione delle tabelle millesimali, il consenso a utilizzare alcune aree comuni per scopi privati, ecc.).

Quando c’è un atteggiamento ottuso da parte del debitore, è facile farsi assalire dallo sconforto: e questo per via della sfiducia che ormai si ha nei riguardi degli strumenti offerti dalla giustizia. Tempi lunghi e costi elevati, spesso insostenibili per le disastrate casse del condominio, rendono l’accesso al tribunale solo l’ultima spiaggia, più per complicare la vita al moroso che non per la speranza effettiva di recuperare il credito.

Esistono però degli strumenti di autotutela che il condominio può avviare, senza dover ricorrere necessariamente all’avvocato e intraprendere la via giudiziaria. Di ciò parleremo in questa breve guida. Ma, prima, vediamo cosa prevede la legge.

RECUPERO CREDITI: GLI STRUMENTI GIUDIZIARI

Con la riforma del condominio, l’amministratore ha l’obbligo di attivarsi per la riscossione dei crediti non riscossi, senza dover prima chiedere l’autorizzazione all’assemblea. “Attivarsi” significa non solo inviare lettere di messa in mora, ma anche intraprendere le azioni giudiziarie.

Quest’obbligo dell’amministratore scatta entro 6 mesi entro dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso. Se non lo fa, egli è passibile di azione di responsabilità ed eventuale risarcimento del danno, oltre ovviamente alla revoca.

L’amministratore, inoltre, non è tenuto a chiedere previo consenso all’assemblea circa la scelta dell’avvocato: si tratta, infatti, di una valutazione personale che gli consente di scegliere una persona di sua fiducia.

La via giudiziaria consiste nella possibilità di ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (se si agisce in questo modo non c’è neanche l’obbligo del preventivo procedimento di mediazione). Questo significa che, diversamente dalla regola generale (nei cui casi il debitore è tenuto a pagare entro 40 giorni dalla notifica del decreto, ma prima di tale data il creditore non può fare nulla), il condominio, già il giorno dopo la notifica al debitore del decreto ingiuntivo, può procedere con l’esecuzione forzata. Insomma, non c’è bisogno di attendere i 40 giorni per poter attivare l’ufficiale giudiziario.

Quanto all’esecuzione forzata, il condominio ha sempre la possibilità di aggredire l’immobile del moroso, iscrivendovi ipoteca e poi mettendolo all’asta. Ciò vale anche se l’abitazione è stata inserita nel fondo patrimoniale: questo perché lo scudo del fondo non è opponibile ai crediti condominiali.

Ma se la casa è, per esempio, già ipotecata o è difficile da vendere o il condominio non vuol attendere i tempi lunghi dell’esecuzione immobiliare, si può fare un’interrogazione all’anagrafe tributaria e scoprire quali beni o redditi da pignorare fanno capo al moroso. In questo modo emergeranno tutti i suoi “averi” nascosti.

Non bisogna neanche sottovalutare la possibilità, nel caso in cui il debitore sia proprietario dell’immobile, ma lo abbia dato in affitto, di avviare un pignoramento dei fitti e pigioni (cosiddetto pignoramento presso terzi). In pratica, dopo aver chiesto il decreto ingiuntivo, l’avvocato notificherà all’inquilino il pignoramento, ordinandogli, da quel giorno in poi, di pagare l’affitto, anziché al padrone di casa, nelle mani dell’amministratore che lo tratterrà mensilmente fino a estinzione del debito, oltre alle spese e interessi.

AUTOTUTELA DEL CONDOMINIO

Come si diceva, esistono due strumenti di “legale ritorsione” nei confronti del condomino inadempiente, che l’amministratore può utilizzare anche senza dover ricorrere all’avvocato e al tribunale. Il primo è la possibilità di sospendere il moroso dall’utilizzo dei servizi comuni; il secondo è rappresentato dalla “denuncia” del suo nominativo ai creditori del condominio, affinché questi avviino, prima nei confronti di questi, le azioni esecutive. Vediamo singolarmente tali strumenti.

Sospensione dei servizi comuni

Il primo – spesso sottovalutato – strumento di autotutela è costituito dalla possibilità di sospendere, nei confronti del condomino moroso, la fruizione dei “servizi comuni suscettibili di godimento separato” [1]: ciò significa, per esempio, che, negli edifici con acqua centralizzata, l’amministratore potrà chiudere i rubinetti che portano l’acqua all’appartamento del condomino moroso. Stesso discorso dicasi per il riscaldamento (gas) e per la luce. Ma le ipotesi potrebbero moltiplicarsi: si pensi al divieto di parcheggio nel cortile condominiale delimitato dalla sbarra elettrica.
Il regolamento condominiale che vieti tale potere all’amministratore sarebbe invalido.

Condizione per poter utilizzare tale strumento è che il condomino non paghi da almeno sei mesi. Anche se la norma non lo dice espressamente, è sempre meglio far precedere il distacco del servizio da un’intimazione iscritta da parte dell’amministratore.

In proposito, la Cassazione ha chiarito che tale provvedimento può essere richiesto sulla base tanto del bilancio preventivo quanto di quello consuntivo, e che, laddove lo stato di riparto non possa essere prodotto, questo possa essere sostituito da prospetti mensili “non contestati” (escludendo tuttavia, in tale ultimo caso, la possibilità da parte dell’amministratore di ottenere la clausola di immediata esecutività).

LA DENUNCIA AI CREDITORI


Molto più importante è l’obbligo, per l’amministratore, di fornire, ai creditori del condominio, l’elenco dei nominativi dei proprietari non in regola coi pagamenti. In tal modo, i primi saranno tenuti ad avviare le azioni esecutive prima nei confronti dei morosi e solo successivamente, in caso di mancato successo, nei confronti degli altri. Facciamo un esempio: se la ditta di pulizie non ha ricevuto il pagamento delle proprie competenze e si è fatta rilasciare undecreto ingiuntivo dal tribunale, dovrà prima avviare il pignoramento della casa nei confronti di uno o più condomini morosi e poi, eventualmente, nei confronti degli altri.

Tale previsione è molto utile: difatti, se qualche condomino non paga gli oneri è verosimile che, determinando in tal modo un ammanco nelle casse condominiali, si generi un debito verso un terzo. Per evitare che quest’ultimo “se la prenda” con chi è in regola con i pagamenti, la legge lo obbliga ad agire prima nei riguardi dei morosi. Non si può agire nei confronti dei condomini virtuosi se non dopo l’escussione degli altri condomini.

Il quadro che ne emerge è che i terzi creditori possano senz’altro chiedere all’amministratore l’elenco dei morosi e che solo in caso di esito infruttuoso dell’azione intrapresa contro questi ultimi, abbiano diritto di rivolgersi nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti. In tal modo, si superano definitivamente i dubbi circa la legittimità della diffusione dei dati dei morosi all’esterno della compagine condominiale.

Questo strumento, però, è facilmente aggirabile. Il creditore infatti può decidere di pignorare il conto corrente del condominio, dove, di fatto, vi sono i versamenti dei condomini in regola coi pagamenti. Così facendo, egli avrebbe svolto l’esecuzione forzata non contro i morosi, ma contro gli altri condomini. La giurisprudenza, a riguardo, ha detto che è legittimo il pignoramento del conto corrente del condominio anche se prima non si è agito contro i condomini morosi.

Risultato:

una volta bloccato il conto, per evitare il distacco delle forniture (v. energia elettrica, gas) i condomini che già hanno pagato saranno chiamati a un ulteriore sforzo economico.


IN PRATICA


L’amministratore può pretendere la riscossione dei contributi condominiali sulla base del solo preventivo di gestione del condominio. Sono responsabili del pagamento dei contributi non solo i singoli proprietari delle unità immobiliari, ma anche gli usufruttuari e gli assegnatari dell’alloggio.
In caso di vendita dell’immobile acquirente e venditore sono responsabili solidalmente con il venditore per il pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Anche chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.
In caso di morte di un condomino proprietario di un appartamento gravato dalle spese condominiali, il debito assume la qualità di debito ereditario. Quindi l’amministratore dovrà chiedere il pagamento delle spese agli eredi che rispondono solidalmente con il condomino defunto per i pagamenti dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.
Oltre alla facoltà di sospensione dei servizi condominiali, in caso di morosità del condomino, l’amministratore può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini morosi.
L’amministratore può essere revocato qualora abbia omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva nel caso sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio. In qualsiasi momento l’amministratore deve fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso.


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