martedì 8 settembre 2015

La legge n. 68/2015 ed il nuovo sistema del diritto penale ambientale



Il reato di disastro ambientale è definito come alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali Il sistema tradizionale del diritto penale ambientale ( il DPR n. 915/1982, il d.lvo n. 22/1997 -le prime due fonti sono oramai abrogate-, il d.lgs n. 156/2006) è costituito da un complesso di contravvenzioni che sanzionano i reati ambientali. La caratteristica di tali reati è pertanto costituita dalle seguenti caratteristiche:

  • un breve termine (quattro anni e mezzo) in cui matura la prescrizione disciplinata dall’art. 157 c.p.;
  • per riconoscere la responsabilità giuridica, oltre alla dimostrazione della condotta lesiva sul piano oggettivo, la pubblica accusa deve dimostrare indifferentemente il dolo o la colpa anche lievissima dell’agente;
  • un sistema sanzionatorio, basato sull’arresto e sull’ammenda, la pena esigue che, oltre a non consentire intercettazioni e misure cautelari, risultano contenute nel limite (ovvero di una pena fino a due anni) per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena previsto dall’art. 163 c.p..

Aggiungasi che l’Unione Europea nel biennio 2008-2009 ha riconosciuto la responsabilità giuridica degli enti in caso di violazione della normativa di tutela dell’ambiente in applicazione del consolidato principio “chi inquina paga.”e le relative direttive sono state recepite nel nostro ordinamento giuridico. Il d.lgs n. 231/2001 a tal riguardo introduce, nei confronti degli enti, gravi sanzioni nei confronti degli enti che violino la normativa ambientale ed in merito occorre approfondire la riflessione giuridica sulle conseguenze di condotte, omissive o commissive, che fino a ieri venivano ritenuti irrilevanti. 

Una decisa inversione di rotta è stata compiuta con l’approvazione in via definitiva, il 19.5.2015, da parte del Senato del disegno di legge A.S. n. 1345 – B recante “ Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente” (legge 22.5.2015 n. 68, pubblicata su GU n. 122 del 28.5.2015). La legge contiene le seguenti significative innovazioni:
  • introduce nel codice penale il nuovo titolo VI bis intitolato “dei delitti contro l’ambiente”;
  • modifica il codice dell’ambiente, il d.lgs n. 152/2006, ed introduce una specifica disciplina, simile a quella prevista in materia del diritto penale del lavoro dal d.lvo n. 758/1994, per l’estinzione degli illeciti amministrativi e penali in materia ambientale;
  • inasprisce le sanzioni irrogabili per alcuni illeciti previsti dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione.
I nuovi reati previsti sono i seguenti


Il delitto di inquinamento ambientale (art. 452–bis c.p.) che punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 10.000,00 ad euro 100.000,00 chiunque, abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili dello stato preesistente:

  1. delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo e del sottosuolo;
  2. di un ecosistema, della biodiversità anche agraria, della flora o della fauna (primo comma).



il secondo comma prevede un’ipotesi aggravata quando il delitto sia commesso in un’area naturale protetta o sottoposta a specifici vincoli, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette. 


Il reato di morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (art.452–ter c.p.) che prevede per l’inquinamento ambientale aggravato dall’evento un catalogo di pene graduato in ragione della gravità delle conseguenze del delitto: la reclusione da 2 anni e sei mesi a 7 anni se dall’inquinamento ambientale derivi ad una persona una lesione personale (sono escluse le malattie di durata inferiore a 20 giorni e che sono punibili se è stata presentata querela); la reclusione da 3 a 8 anni se ne derivi la lesione grave; la reclusione da 4 a 9 anni se ne derivi una lesione gravissima ; la reclusione da 5 a 12 anni in caso se dal fatto deriva la morte di una persona. Qualora gli eventi lesivi derivanti dal reato siano plurimi e riguardino più persone offese si applica la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave aumentata fino al triplo con il limite di 20 anni di reclusione. 


Il reato di disastro ambientale è definito come alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali l’offesa all’incolumità determinata con riferimento sia alla rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione ambientale o dei suoi effetti lesivi, sia al numero delle persone offese o esposte al pericolo. 


Il reato di traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività (articolo 452- sexies c.p.), che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro chiunque abusivamente «cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività» (primo comma). Si tratta di un reato di pericolo per il quale il secondo ed il terzo comma prevedono aggravanti: la pena è aumentata quando si verifica l’evento della compromissione o del deterioramento delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; ovvero di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna; se dal fatto deriva poi un pericolo per la vita o l’incolumità delle persone, la pena è aumentata fino alla metà. 


Il reato di impedimento del controllo (articolo 452-septies c.p.), che punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, sempre che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque impedisce, intralcia o elude l’attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro ovvero ne compromette gli esiti. L’impedimento deve realizzarsi negando o ostacolando l’accesso ai luoghi, ovvero mutando artificiosamente lo stato dei luoghi. La fattispecie non costituisce un semplice corollario di quanto disposto dagli articoli precedenti perché è destinata a trovare applicazione ogniqualvolta sia ostacolato un campionamento o una verifica ambientale. Peraltro, laddove l’ostacolo sia posto, ad esempio, con mezzi meccanici, in base al successivo articolo 452-undecies deve esserne disposta la confisca. 

Il reato di omessa bonifica (articolo 452-terdecies c.p.), che punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da 20.000 a 80.000 euro chiunque, essendovi obbligato, non provvede alla bonifica, al ripristino e al recupero dello stato dei luoghi. 

L’obbligo dell’intervento può derivare direttamente dalla legge, da un ordine del giudice o da una pubblica autorità.

Le aggravanti. Il nuovo articolo 452-octies del codice penale prevede poi circostanze aggravanti nel caso di commissione dei nuovi delitti contro l’ambiente in forma associativa. Il successivo 452-novies introduce una nuova circostanza definita “aggravante ambientale”. Detta norma contempla un aumento di pena da un terzo o alla metà quando un qualsiasi reato venga commesso allo scopo di eseguire uno dei delitti contro l’ambiente previsti dal nuovo titolo VI-bis del libro secondo del codice penale, dal Codice dell’ ambiente o da altra norma di legge posta a tutela dell’ambiente. L’aumento è invece di un terzo se dalla commissione del fatto derivi la violazione di disposizioni del citato Codice dell’ambiente o di altra legge a tutela dell’ambiente. In ogni caso è prevista la procedibilità di ufficio.

Il ravvedimento operoso. L’articolo 452-decies introduce nel codice penale con riguardo ai delitti ambientali la disciplina del c.d. ravvedimento operoso previsto nei confronti di chi si adopera per evitare che l’attività illecita sia portata a conseguenze ulteriori o provvede alla messa in sicurezza, bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi. Tale soggetto, in tali casi, beneficia di una diminuzione della pena dalla metà a due terzi. Le predette attività di ravvedimento di ricostituzione in sicurezza dei luoghi devono avvenire “concretamente” e, in relazione alla tempistica, “prima che sia dichiarata l’apertura del dibattimento di primo grado”.

L’articolo 452-undecies del codice penale interviene in materia di confisca, prevedendo che, in caso di condanna o patteggiamento per i reati di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo nonché per i reati associativi finalizzati alla commissione dei nuovi reati ambientali previsti dal titolo VI-bis, il giudice debba sempre ordinare la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commetterlo; una clausola di salvaguardia, a tutela dei terzi estranei al reato, esclude l’obbligatorietà della confisca quando i beni appartengano a questi ultimi. Se non è possibile la confisca dei beni , il giudice ordina la confisca per equivalente ed individua i beni sui quali il condannato abbia la disponibilità anche per interposta persona . Inoltre l’articolo 452-undecies prevede inoltre: un obbligo di destinazione

dei beni e dei proventi confiscati, che devono essere messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e devono essere vincolati all’uso ed alla bonifica dei luoghi; l’inapplicabilità

della confisca quando l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza dei luoghi e, se necessario, alla loro bonifica ed al ripristino dello stato originario dei luoghi.

L’articolo 452-duodecies del codice penale stabilisce che, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei nuovi delitti ambientali, il giudice debba ordinare il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendo l’esecuzione di tali attività a carico del condannato e delle persone giuridiche obbligate al pagamento delle pene pecuniarie in caso di insolvibilità del condannato.

La disposizione prevede una più puntuale disciplina della procedura di ripristino dei luoghi con il rinvio alle disposizioni del Codice dell’ambiente che già prevedono tale misura.

I commi 2 e 3 dell’articolo 1 del disegno di legge modificano, poi, rispettivamente gli articoli 257 e 260 del Codice dell’ambiente. Più in particolare il comma 2 modifica l’ articolo 257 del d.lgs n. 152/2006, in materia di bonifica dei siti, è collegato al nuovo articolo 452-decies del codice penale sul ravvedimento operoso. Viene, infatti, anteposta al comma 1 dell’articolo 257 la clausola di salvaguardia “salvo che il fatto costituisca più grave reato”; inoltre il comma quarto del predetto articolo (contenente la clausola di non punibilità) è riferito ai soli reati contravvenzionali.


In tema di confisca obbligatoria e per equivalente, il comma 3 dell’articolo 1 aggiunge all’articolo 260 del Codice dell’ambiente, il d.lgs n. 152/2006, un nuovo comma 4-bis (di contenuto analogo alla disposizione introdotta all’articolo 452-undecies) in relazione alla commissione del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.

L’articolo 1, comma 4, della proposta di legge modifica l’articolo 12-sexies della legge n. 356/1992 aggiungendo anche il disastro ambientale (articolo 452-quater), l’associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati ambientali (articolo 452-octies) e le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260, Codice dell’ambiente) al catalogo dei delitti per i quali è consentita la confisca di somme provenienti dal reato e prive di adeguata e lecita giustificazione.

L’articolo 1, comma 5, del provvedimento aggiunge all’articolo 32-quater del codice penale, contemplante i casi nei quali alla condanna per alcuni delitti consegue l’ incapacità di contrattare con

la pubblica amministrazione, i sopra citati delitti di inquinamento ambientale, di disastro ambientale , di abbandono di materiale ad alta radioattività, di impedimento del controllo e di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti.

L’articolo 1, comma 6, modifica l’articolo 157 del codice penale, prevedendo il raddoppio dei termini di prescrizione per tutti i nuovi delitti contro l’ambiente introdotti dal nuovo Capo VI del libro II del codice penale.


Il comma 7 dell’articolo 1 del disegno di legge, integra la formulazione dell’articolo 118-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (in materia di coordina-mento delle indagini) prevedendo specifici obblighi di comunicazione in capo al pubblico ministero che procede ad indagini su alcuni reati ambientali.

Il comma 8 dell’articolo 1 novella l’articolo 25-undecies del decreto legislativo n. 231 del 2001, estendendo il catalogo dei reati c e costituiscono reato presupposto della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche dipendente da reato ex d.lgs n. 231/2001.

Il comma 8 prevede a carico dell’ente specifiche sanzioni pecuniarie per la commissione dei seguenti delitti contro l’ambiente (art. 25-undecies, comma 1):
  • inquinamento ambientale (da 250 a 600 quote), disastro ambientale (da 400 a 800 quote), inquinamento ambientale e disastro ambientale colposi (da 200 a 500 quote); è associazione a delinquere (comune e mafiosa) aggravata (da 300 a 1000 quote), traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività(da 250 a 600 quote);
  • uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (fino a 250 quote);
  • distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto (da 150 a 250 quote).
Inoltre, con l’inserimento del comma 1-bis nel menzionato articolo 25-undecies, si prevede, in caso di condanna per il delitto di inquinamento ambientale e di disastro ambientale, l’applicazione delle sanzioni interdittive per l’ente previste dall’articolo 9 del citato decreto legislativo del 2001 (interdizione dall’esercizio dell’attività; sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni; divieto di contrattare con la PA; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi).

La procedura sanzionatoria amministrativa della prescrizione– sanzione pecuniaria.

L’articolo 1, comma 9, della legge n. 68/2015 introduce poi nel d.lgs n. 152/2006 una disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale, prevedendo -con una parte Sesta-Bis (articoli da 318-bis a 318-octies)- un procedimento per l’estinzione delle contravvenzioni ivi previste, con la procedura , già contemplata dal d.lgs n. 758/1994 in materia di diritto penale del lavoro, contemplante l’emissione, da parte dell’organo di vigilanza, di prescrizioni e di sanzioni pecuniarie al responsabile della violazione. Tale procedura è ammessa solo per le contravvenzioni che non abbiano cagionato un danno od un pericolo concreto ed attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette. Invero l’articolo 318-bis precisa l’ambito applicativo della disciplina alle contravvenzioni previste dal d.lgs n. 152/266 e l’articolo 318-ter riguarda le prescrizioni da impartire al contravventore. Si prevede che spetti all’organo di vigilanza (o alla polizia giudiziaria) impartire al contravventore le prescrizioni necessarie all’eliminazione della contravvenzione, fissando un termine per la regolarizzazione non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario; solo in presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore sarà possibile una proroga del termine di adempimento, comunque non superiore a sei mesi. La norma precisa la necessità dell’asseverazione tecnica di tale prescrizione da parte dell’ente competente in materia nonché la necessità che e un’eventuale proroga di sei mesi sia concessa al contravventore solo per specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determino un ritardo nell’adempimento. Nell’ipotesi in cui il reo operi al servizio di un ente, si prevede un obbligo di notifica-comunicazione della prescrizione anche al rappresentante legale dell’ente stesso.

L’articolo 318-quater concerne la verifica dell’adempimento e l’irrogazione della sanzione, entro termini specificamente determinati, attraverso una scansionata serie di fasi procedimentali. L’articolo 318-quinquies prevede obblighi di comunicazione da parte del pubblico ministero che abbia in qualsiasi modo notizia della contravvenzione, all’organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria, per consentire di imporre le prescrizioni ed effettuare le relative verifiche sull’adempimento.

In tali ipotesi, l’organo di vigilanza e la polizia giudiziaria debbono, senza ritardo, comunicare la propria attività al pubblico ministero. Il procedimento rimane sospeso fino a quando il pubblico ministero non riceva notizia dell’adempimento o meno della prescrizione. L’articolo 318-sexies stabilisce che i termini di sospensione del procedimento penale relativo alla contravvenzione decorrono dalla iscrizione nella notizia di reato nel relativo registro fino al momento del ricevimento da parte dell’autorità requirente della comunicazione dell’avvenuto adempimento della prescrizione.


Si prevede, tuttavia, che la sospensione, oltre a non impedire l’eventuale archiviazione, non preclude l’adozione di atti d’indagine e il sequestro preventivo. L’articolo 318-septies prevede l’estinzione della contravvenzione a seguito sia del buon esito della prescrizione che del pagamento della sanzione amministrativa. All’estinzione consegue l’archiviazione del procedimento da parte del pubblico ministero. La predetta norma prevede l’ipotesi di adempimento tardivo o con modalità diverse dalla prescrizione, facendone derivare la possibile applicazione di un’oblazione ridotta

rispetto alle previsioni di cui all’articolo 162-bis del codice penale. L’articolo 318-octies reca infine una norma transitoria secondo cui la nuova disciplina per l’estinzione delle contravvenzioni non si applica ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore.

Notasi che la procedura sopra citata della prescrizione -sanzione è particolarmente efficace per la tutela dell’ambiente poiché, se da una lato consente al violatore di ristabilire l’ordine violato a sue spese, d’altra parte se la prescrizione non viene adempiuta, e quindi permane l’inadempimento, il reato non si prescrive. Di tal guisa, rispetto al sistema previgente del d.lgs n. 152/2006 che prevedeva per i reati ambientali un termine prescrizionale assai breve , ora risulta assai efficace la risposta che l’ordinamento giuridico può dare di fronte a detti reati nei quali il violatore non po’ più lucrare sul decorso del tempo.

La tutela delle specie animali e vegetali protette.

L’articolo 2 della legge n. 68/2015 modifica gli articoli 1, 2, 5, 6, 8-bis e 8-ter della legge 7 febbraio 1992, n. 150. Tale legge reca la disciplina sanzionatoria della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla legge 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità.

di Giulio Benedetti

Sostituto Procuratore Generale Corte d’Appello di Milano

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