Tribunale di Venezia 18/03/2014
Nel provvedimento in rassegna il Tribunale chiarisce innanzitutto l'ambito del sindacato del Giudice investito del potere di sospensione delle delibere assembleari condominiali, dettando il principio (poco applicato) secondo cui il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere delle assemblee condominiali non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo del potere discrezionale che l'assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità (Cass. Sez. 2, Sentenza n°10199 del 20/06/2012). Pertanto, nella fattispecie in esame rimane preclusa al Giudicante ogni valutazione in ordine all'opportunità ed alla congruità delle opere deliberate dall'assemblea, dovendo in questa sede solamente valutarsi, sotto il profilo del fumus boni iuris, l'intervenuta lesione o meno di diritti individuali del singolo condomino, quali lamentati dalla reclamante.
In secondo luogo, nel merito, l'Autorità Giudiziaria adita si pronuncia nel senso che i poteri del condominio (...) possono essere esercitati solamente su parti comuni, ma non anche sulle parti dell'immobile di esclusiva proprietà del singolo condomino. Pertanto, l'assemblea del condominio non può decidere l'esecuzione di lavoro su parti dell'edificio che sono di un singolo condomino senza il consenso di questi, e, pertanto, la delibera con la quale, senza il consenso del proprietario esclusivo, viene approvata l'esecuzione di lavoro che incidono sulla proprietà individuale è affetta da nullità assoluta (v. ad es. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13116 del 30/12/1997). Precisa, sul tema, che la nullità sussiste anche se i lavori appaiano necessari ed urgenti perché, se manca il consenso del proprietario esclusivo, la valutazione delle condizioni che giustificano l'intervento del condominio sulle parti di proprietà di un singolo condomino non può essere rimessa ad una delle parti interessate, ma deve formare oggetto di apposito giudizio (v. anche sent. Tribunale di Roma 22/5/2012 agli atti).
In ultimo, il Tribunale chiarisce quali siano i requisiti per la concessione del provvedimento cautelare di sospensione di una delibera assembleare condominiale. A tale proposito, il Giudice fa un'utile ricognizione sullo stato dell'arte in materia, segnalando che dottrina e giurisprudenza oscillano, nell'individuare quale debba essere il pregiudizio idoneo alla sospensione della delibera cautelare, fra il richiamo ai requisiti richiesti dall'art. 700 c.p.c. e la previsione di cui all'art. 2378 c.c. in tema di procedimento per l'annullamento delle delibere dell'assemblea delle società di capitali. Da tempo, invero, la Suprema Corte ha richiamato l'attenzione sulla identità di ratio e sui notevoli punti di identità tra taluni aspetti della disciplina del condominio nel fabbricati e quella delle società di capitali.
Più nel particolare, il Tribunale suggerisce l'opportunità, alla stregua di tale autorevole orientamento, di richiamarsi, per la valutazione della concessione del provvedimento sospensivo richiesto, all'art. 2378 co. IV c.c., accertando se all'esito di una valutazione comparativa, (...) il pregiudizio patito dal ricorrente in caso di mancata sospensione della delibera risulterebbe maggiore di quello subito dalla società in caso di sospensione della stessa.
Quindi, in materia condominiale, ricorrerebbero le condizioni per la concessione della tutela invocata non già in presenza di un pregiudizio irreparabile, quale quello richiesto dall'art. 700 c.p.c., ma in ragione di un danno ingiusto purché di intensità tale da sopravanzare le opposte ragioni del condominio alla conservazione dell'efficacia della delibera. Più precisamente, quanto maggiore sarà l'incidenza della sospensione sulla gestione della cosa comune, tanto più grave dovrà essere il pregiudizio lamentato dalle parti ricorrenti. Al contrario, laddove la sospensiva non dovesse in alcun modo compromettere la predetta gestione, la cautela potrebbe essere concessa sulla scoria di un qualsiasi pregiudizio, anche di natura patrimoniale purché ingiusto.
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