venerdì 4 dicembre 2015

L’impugnazione del singolo condomino avverso sentenza resa nei confronti del condominio



Cass. n. 16562/2015 ha riconosciuto la generale legittimazione di ciascun condomino ad impugnare individualmente una sentenza pronunciata nei confronti dell’amministratore. Una diversa ricostruzione induce a ritenere che il singolo condomino non è sempre “parte” del giudizio in cui sia costituito l’amministratore.

Cass. n. 16562/2015

Un condomino aveva impugnato una deliberazione assembleare che aveva affermato il suo perdurante obbligo a sopportare le spese inerenti l’utilizzazione dell’impianto di riscaldamento centralizzato, nonostante il suo avvenuto distacco. L’impugnazione della delibera veniva rigettata dall’adito Tribunale in primo grado, ma poi accolta in sede di gravame dalla Corte di Appello, che individuava specificamente l’esercizio di gestione a far tempo dal quale il condomino in lite avrebbe dovuto vedersi riconoscere il proprio diritto ad installare un proprio impianto di riscaldamento e, quindi, ad essere esonerato dai costi di manutenzione e di gestione dell’impianto centralizzato. La decisione della Corte d’appello era oggetto di ricorso per cassazione non da parte dell’amministratore del condominio soccombente, ma ad opera soltanto di due singoli condomini degli edifici forniti dall’impianto in questione.
Con sentenza 6 agosto 2015, n. 16562, la Seconda sezione civile della Corte di cassazione ha così riconosciuto la generale ed indistinta legittimazione di ciascun condomino ad impugnare una sentenza pronunciata nei confronti dell’amministratore. Il Supremo Collegio ha premesso la tradizionale definizione secondo cui il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, sicché l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa di diritti connessi alla detta partecipazione, né, quindi, del potere di intervenire nel giudizio per il quale tale difesa sia stata legittimamente assunta dall’amministratore e di avvalersi dei mezzi d’impugnazione, al fine di evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunziata nei confronti dell’amministratore stesso che non l’abbia impugnata. La pronuncia n. 16562/2015 ha espressamente disatteso, invece, un altro indirizzo della medesima Cassazione, ad avviso del quale dovrebbe escludersi la legittimazione processuale del singolo condomino, sia pure in caso di inerzia dell’amministratore, allorché i controverta su deliberazioni dell’assemblea che perseguano esclusivamente finalità di gestione di un servizio comune, in quanto non idonee ad incidere, se non in via mediata, sull’interesse esclusivo di uno o più partecipanti. Cass. n. 16562/2015 osserva, al riguardo, che è priva di qualsiasi fondamento normativo la distinzione tra incidenza immediata, oppure mediata, sulla sfera patrimoniale del singolo, derivante della caducazione di una decisione sulla gestione della cosa comune, operata allo scopo di identificare i soggetti legittimati alla relativa impugnativa.

Ma il singolo condomino è sempre automaticamente parte?

Com’è noto, Cass., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19663, risolvendo un contrasto interpretativo tra precedenti decisioni della stessa Suprema Corte, ha affermato che, in ipotesi di giudizio intentato dall’amministratore di condominio, pur autorizzato dall’assemblea, a tutela di diritti connessi alla situazione dei singoli condomini, ma senza che questi ultimi siano stati parte in causa, la legittimazione ad agire per l’equa riparazione, correlata alla violazione del termine ragionevole del processo, spetta esclusivamente al condominio, da intendere ormai quale autonomo soggetto giuridico. Le stesse Sezioni Unite hanno ricordato come la giurisprudenza abbia sempre costantemente riconosciuto ai singoli condomini il potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, nonché, quindi, la facoltà di intervenire nel giudizio in cui tale difesa fosse stata già assunta dall’amministratore e di avvalersi dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti della soccombenza patita dal condominio. Tuttavia, la sentenza n. 19663 del 2014 dapprima afferma che la nozione di “ente di gestione” rischia di ingenerare equivoci e poi dall’analisi della Riforma del condominio (legge 11 dicembre 2012, n. 220) trae il convincimento della progressiva configurabilità in capo al condominio di una sia pur attenuata personalità giuridica, ovvero comunque sicuramente di una soggettività giuridica autonoma. Sicché, se la pregressa richiamata costruzione giurisprudenziale aveva ritenuto che il singolo condomino dovesse sempre considerarsi parte nella controversia tra il condominio ed altri soggetti, anche se rappresentato ex mandato dell’amministratore, proprio per la prospettazione dell’assoluta mancanza di soggettività del condominio, questa impostazione, avvertono le Sezioni Unite, entra in crisi ove ci soffermi sull’autonomia del condominio come centro di imputazione di interessi, di diritti e doveri, cui corrisponde una piena capacità processuale. In tal caso, infatti, il singolo condomino dovrà ‹‹essere considerato “parte” in quel processo solo se vi intervenga››, e non, invece, già ‹‹qualora sia rappresentato dall’amministratore››.
Questa nuova configurazione potrebbe, allora, portare con sé una conseguenza diversa da quella appena ribadita in Cass. n. 16562/2015: dovrebbe, invero, venir meno la legittimazione del singolo condomino (non costituitosi autonomamente) all’impugnazione della sentenza di primo o di secondo grado resa nei confronti del condominio. Fatta eccezione per l’opposizione di terzo, infatti, la legittimazione all’impugnazione spetta esclusivamente a chi abbia assunto la qualità di parte nel giudizio conclusosi con la sentenza impugnata e nei cui confronti la sentenza risulti emessa. La peculiare legittimazione all’impugnazione riconosciuta dalla giurisprudenza ai condomini rimasti in precedenza estranei al giudizio trovava la sua ragione, per contro, nell’argomento, superato da Cass. sez. un. 19663 del 2014, della loro automatica assunzione della qualità di parte per effetto della sola costituzione dell’amministratore mandatario. Né potrebbe più reputarsi che il giudicato formatosi all’esito di un processo in cui sia stato parte il solo amministratore di condominio, faccia stato anche nei confronti dei singoli condomini, ove gli stessi non siano effettivamente intervenuti nel giudizio, assumendo perciò la veste di “parte” rilevante agli effetti dell’art. 2909 c.c.

Limiti della legittimazione processuale dei singoli condomini

La peculiare legittimazione all’intervento come all’impugnazione, riconosciuta ai singoli condomini in via reciproca, nonché sostitutiva di ogni precedente o diversa iniziativa dell’amministratore, trova, peraltro, la sua ragione esclusivamente nella partecipazione degli stessi al diritto di proprietà sulle parti comuni dell’edificio, ovvero nel loro diritto esclusivo di proprietà sulla singola unità immobiliare. Nell’ambito delle dinamiche condominiali, tutte le posizioni di natura reale vengono soltanto per esigenze di semplificazione unitariamente rappresentate dall’amministratore o gestite dall’assemblea “nell’interesse comune”, ma non possono mai prevaricare il diritto individuale “pro quota” di ciascun condomino in ordine alle parti elencate dall’art. 1117 c.c. E’, quindi, questa indispensabile coesistenza tra gestione e rappresentanza unitarie e frazionabilità dei poteri sui beni comuni che giustifica anche la concorrente legittimazione processuale riconosciuta altresì ai singoli partecipanti per le azioni inerenti all’estensione della proprietà condominiale. Da tale cerchia, che comprende, in sostanza, tutte quelle situazioni reali le quali necessariamente sono riferibili in via immediata ad ogni condomino in misura proporzionale al valore dalla rispettiva quota, esulano, allora, quei rapporti che concernono non i diritti in sé su beni o servizi comuni, bensì la gestione di essi, in quanto intesi a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale. In queste
ultime fattispecie, non può ravvisarsi alcuna correlazione tra l’interesse direttamente comune e l’interesse mediato esclusivo di uno o più dei partecipanti. Si pensi agli obblighi di manutenzione, riparazione e custodia dei beni di proprietà comune, i quali costituiscono il contenuto di situazione soggettive che si imputano al condominio come tale e sono esercitate attraverso i suoi organi. Mancando per tali situazioni collettive condominiali ogni potere di disponibilità sostanziale in capo al singolo condomino, ne discende inevitabilmente che manchi allo stesso qualsiasi legittimazione processuale al riguardo. Sicché il potere di intervento in giudizio e di impugnativa del singolo potrà affermarsi in materia di controversie aventi ad oggetto azioni reali, incidenti sul diritto pro quota o esclusivo di ciascun condomino, o anche azioni personali, ove incidenti in maniera immediata e diretta sui diritti di ciascun partecipante; mentre non si dovrebbe ammettere l’impugnazione individuale relativamente alle controversie aventi ad oggetto la gestione o la custodia dei beni comuni, in nome delle esigenze plurime e collettive della comunità condominiale. Nelle cause di quest’ultimo tipo, essendo la situazione sostanziale riferibile unicamente al condominio in quanto tale, la legittimazione ad agire e, quindi, anche ad impugnare, dovrebbe spettare in via esclusiva all’amministratore, e la mancata impugnazione della sentenza da parte di quest’ultimo dovrebbe finire per escludere la possibilità d’impugnazione da parte del singolo condomino.


Fonte Amministrare Immobili
a cura di Antonio Scarpa
Consigliere della Corte di Cassazione

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