venerdì 4 dicembre 2015

Antincendio, la normativa e la tutela della sicurezza nei locali


Sentenza C.Cass. n. 39363/2015

Costituisce reato la mancata richiesta ai VVF della visita di collaudo (preventiva) di attività sottoposta a certificato prevenzione incendi anche se successiva all'entrata in vigore del d.lgs 9.4.2008 n. 81. Questo perchè ha valore la continuità normativa fra l‘abrogata fattispecie e quella attualmente vigente

Tutto sulla tutela del lavoratore riguardo al rischi incendi

Il d.lgs n. 81/2008, (art.46 comma 2) stabilisce che: “nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l’incolumità dei lavoratori”. Il comma 1 dello stesso articolo precisa che: “la prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell’ambiente.”Il carattere di assoluta imperatività delle norme antincendio è confermata dalla giurisprudenza (C.Cass. Pen., Sez. 3, sentenza n. 16313 del 25.2.2009, dep. il 17.4.2009, Rv. 243470) per cui: “in tema di prevenzione infortuni, anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs 9.4.2008 n. 81 che ha abrogato il DPR 27.4.1955 n. 547, costituisce reato l’omessa richiesta ai Vigili del fuoco della visita preventiva di collaudo per un’attività sottoposta a prevenzione incendi, in quanto sussiste continuità normativa tra l ‘abrogata fattispecie e la fattispecie attualmente vigente.” La normativa antincendio riguarda tutti i luoghi di vita e di lavoro, atteso che:
  • la finalità della stessa è la tutela della vita umana senza che si possa comunque derogare alla predetta disciplina anche in caso di incidente incorso al privato in un luogo di vita e di lavoro;
  • l’art. 3, comma primo, del d.lgs 81/2008 afferma che “il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio”;
  • i luoghi di vita e di lavoro, quali ad esempio i condomini, ospitano le residenze dei singoli ed i beni comuni in cui si svolgono attività lavorative anche soggette al regime civilistico del contratto di appalto disciplinato dagli articoli 1655 al 1677;
  • l’articolo 26, comma terzo, del d.lgs n. 81/2008 impone al datore di lavoro committente di promuovere la cooperazione ed il coordinamento delle attività interferenziali attraverso la redazione di un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare, o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto e deve essere adeguato in funzione del mutamento dei lavori, dei servizi e delle forniture.
Notasi che in tale materia rileva anche il disposto dell’articolo 681 c.p. che sanziona con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda non inferiore ad euro 103 chiunque apre o tiene aperti luoghi di pubblico spettacolo, trattenimenti o ritrovo, senza avere osservato le prescrizioni dell’Autorità a tutela dell’incolumità pubblica. A tal proposito l’art. 80 del R.D. 18.6.1931 n. 173 stabilisce che l’autorità di pubblica sicurezza non può concedere licenza per l‘apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di avere fatto verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell’edificio e l’esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio. Inoltre lo stesso articolo sostiene che le spese per l’ispezione e quelle per i servizi di prevenzione contro gli incendi sono a carico di chi domanda la licenza. In detta materia la giurisprudenza è particolarmente rigorosa al fine di assicurare la tutela della pubblica incolumità:
  • “La contravvenzione prevista dall’articolo 681 c.p., che ha come scopo la tutela del pubblico che assiste ad uno spettacolo, deve ritenersi sussistente ogni qualvolta l’agente organizzi un pubblico spettacolo senza avere osservato le prescrizioni dell’Autorità a tutela dell’incolumità pubblica secondo le indicazioni di cui all’articolo 80 T.U.L.P.S. (Fattispecie relativa al sequestro preventivo di una discoteca, al cui interno veniva riscontrato un numero di avventori di gran lunga superiore a quello previsto come limite massimo nell’autorizzazione). (C.Cass. Pen., Sez. 1, Sent. n. 3128 del 29.9.2011, dep. 25.1.2012, Rv. 251843)”.
  • “La contravvenzione di apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento – art. 681 c.p. – sussiste anche in caso di inosservanza della disposizione di cui all’articolo 80 T.U.L.P.S., che richiede la preventiva verifica ad opera di un’apposita commissione tecnica della solidità e sicurezza dell’edificio. (Fattispecie in cui il sindaco aveva autorizzato l’apertura al pubblico del palazzetto dello sport per la disputa di un incontro di basket, senza la precedente verifica della solidità e sicurezza dell’impianto da parte della Commissione provinciale di vigilanza, in violazione di quanto disposto dall’articolo 80 T.U.L.P.S.) (C.Cass. Pen., Sez. 1, Sent. n. 25519 del 22.6.2005, dep. il 13.7.2005, Rv. 232108).”
La valutazione del rischio incendio deve essere adottata dal datore di lavoro nell’elaborazione del documento di valutazione dei rischi ai sensi degli articoli 17 e 28 del d.lvo n. 81/2008 e in particolare modo il datore di lavoro deve:
  • prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio (art. 18, comma primo lettera q);
  • aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione (art. 18, comma primo lettera z). Da quanto fin qui premesso si evince che la redazione del documento di valutazione dei rischi (la cui assenza è sanzionata penalmente dall’articolo 55 del d.lvo n. 81/2008) è necessariamente dinamica e deve essere reiterata allorquando mutino le condizioni di lavoro ed il relativo rischio (anche antincendio) precedentemente valutato.

Il DPR 1.8.2011 n. 151 e la relativa normativa antincendio

Il DPR 1.8.2011 n. 151 (pubblicato sulla GU n. 221 del 22.9.2011) continua a distinguere le attività da sottoporre a controllo secondo la loro pericolosità, ovvero le inquadra in tre categorie (A,B,C) distinguendone la gravità del rischio, la dimensione e la grandezza dell’attività svolta e pertanto differenzia il procedimento di controllo. Invero, poiché non è possibile controllare tutte le attività, poiché le stesse si reggono parzialmente sul principio di autodichiarazione e di autocontrollo, in quanto la legislazione recente prevede la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA, introdotta dall’articolo 19 della legge 7.8.1990 n. 241 e dalle successive modificazioni), il testo normativo (artt. 3 e 4 ) prevede procedure più semplici per le attività meno complesse. In particolare gli enti ed i privati delle attività descritte dall’allegato I, categorie B e C, sono tenuti a richiedere, con apposita istanza, al Comando l’esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio. Il Comando esamina i progetti ed entro trenta giorni può richiedere la documentazione integrativa e si pronuncia sulla conformità degli stessi alla normativa ed ai criteri tecnici di prevenzione incendi entro sessanta giorni dalla data di presentazione della domanda. Le attività descritte nell’allegato I per essere esercitate devono essere precedute da una SCIA, corredata dalla documentazione necessaria, presentata presso il competente Comando. Quest’ultimo programma i controlli nel seguente modo:
  • per le attività indicate nell’allegato I, lettere A e B (le quali si riducono a 80 rispetto alle originarie 97 elencate nel DM 16.2.1982 ) i controlli vengono eseguiti, attraverso visite tecniche volte ad accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa antincendio, entro sessanta giorni dal ricevimento dell’istanza con metodo a campione o in base a programmi settoriali distinti per categorie di attività o nelle situazioni di pericolo comunque segnalate o rilevate;
  • per le attività indicate nell’allegato I, lettera C), i controlli vengono eseguiti entro sessanta giorni, e laddove vengano accertata la mancanza dei requisiti e dei presupposti per l’esercizio dell’attività previsti dalla normativa antincendio il Comando adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali dannosi dalla stessa prodotti. In tale caso l’interessato può evitare detti provvedimenti laddove prontamente renda aderente la sua attività alla normativa antincendio ed criteri tecnici di prevenzione degli incendi entro un termine di 45 giorni.
All’esito di tali controlli ed entro 15 giorni dalla data di effettuazione delle visite tecniche, se le stesse attestino il rispetto della normativa antincendio, il Comando rilascia il certificato di prevenzione incendi che ha una durata di validità quinquennale (art. 5) (mentre per talune attività ha durata decennale) e può essere rinnovato dall’interessato con la presentazione al Comando di una dichiarazione attestante l’assenza di variazione alle condizioni di sicurezza antincendio corredata dalla documentazione prevista dall’articolo 2, comma sette. Gli enti ed i privati responsabili delle attività descritte nell’allegato I, non soggette alla disciplina del d.lvo 9.4.2008 n. 81, hanno l’obbligo (art. 6) di mantenere in stato di efficienza i sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio adottate e di effettuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione secondo le cadenze temporali che sono indicate dal Comando nel certificato di prevenzione incendi o all’atto del rilascio della ricevuta a seguito di presentazione della SCIA, nonché di assicurare un’adeguata informazione sui rischi di incendio connessi con la specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare l’insorgere di un incendio e sulle procedure da adottare in caso di incendio. La finalità della norma è quello evidente di tutelare la pubblica incolumità anche nello svolgimento di quelle attività che non raggiungono le dimensioni minime previste dal d.lvo n. 81/2008, in modo da evitare un’inaccettabile disparità di trattamento e di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. Inoltre è sempre possibile (art. 7) presentare la richiesta al competente Comando di una deroga al rispetto della normativa antincendio qualora le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi di cui all’allegato I presentino caratteristiche tali da non consentire l’integrale osservanza delle regole tecniche di prevenzione incendi vigenti. In tale caso il Comando esamina l ‘istanza e, con proprio motivato parere, la trasmette entro trenta giorni alla Direzione regionale. Il Direttore, sentito il comitato tecnico regionale per la prevenzione incendi previsto dall’art. 22 del d.lvo 8.3.2006 n. 139, si pronuncia entro sessanta giorni dalla ricezione dell’istanza e ne dà contestuale comunicazione la Comando al quale l’istanza è stata presentata. Nella materia della prevenzione antincendio appare assai rilevante il decreto 5.8.2011 (pubblicato su GU n. 198 del 26.8.2011) che contiene le procedure e i requisiti per l‘autorizzazione e l’iscrizione dei professionisti negli elenchi del Ministero dell’interno di cui all’articolo 16 del d.lvo 8.3.2006 n. 139. Gli allegati al DPR n. 151/2011 sono i seguenti:
  • l’allegato I contenente la descrizione, distinta nelle categorie A, B,C, delle attività soggette alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi;
  • l’allegato II che è la tabella di equiparazione relativa alla durata del servizio delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi.
Particolarmente significative per interpretare il DPR n. 151/2011 sono le due circolari, rispettivamente la n. 4865 e la n. 13061, emesse il 5 e il 6 ottobre 2011 dal Ministero dell’Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile le quali evidenziano, tra l’altro, i seguenti principi. Invero il DPR n. 151/2011 costituisce il collegamento normativo tra la normativa antincendio e gli istituti giuridici della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) e dello sportello unico delle attività produttive, previsto dal DPR 7.9.2010 n. 160, affinchè sia garantita la certezza giuridica del quadro normativo complessivo e siano coordinate le esigenze della semplificazione e della tutela della pubblica incolumità. La distinzione in tre categorie delle attività soggette alla normativa antincendio risponde al principio di proporzionalità, in relazione al diverso grado di pericolo rappresentata da ciascuna attività, previsto dalla legge 30.7.2010 n. 122. La presentazione della SCIA produce gli stessi effetti giuridici dell’istanza per il rilascio del certificato di prevenzione antincendi (CPI) e la novità del DPR n. 151/2011 è che, mentre per le attività previste nelle categorie A e B i controlli avvengono, mediante controlli a campione o in base a programmi settoriali, entro sessanta giorni dal ricevimento della SCIA, per le attività di cui alla categoria C il competente Comando effettua il controllo entro sessanta giorni. Solo se il controllo ha esito positivo il Comando rilascia entro 15 giorni il CPI il quale non è più il provvedimento finale di un procedimento amministrativo, ma costituisce il risultato finale del controllo effettuato e pertanto non ha più una validità temporale. Nonostante l’entrata in vigore del DPR n. 151/2011 resta in vigore il mantenimento del ruolo centrale del Ministero dell’interno per il tramite del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco in materia di sicurezza antincendio e pertanto quest’ultimo, allorquando accerti, nel corso dei controlli, carenze dei requisiti e dei presupposti per l’esercizio delle attività previsti dalla normativa antincendio, oltre a vietare la prosecuzione dell’attività, può prescrivere all’interessato di adeguarsi, entro 45 giorni, a quanto previsto dalla normativa di sicurezza antincendio. Infine il DPR n. 151/2011 nulla innova rispetto:
  • alle procedure previste dal d.lvo 19.12.1994 n.758 e relative alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro e all’estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza e di lavoro;
  • alle procedure relative alle comunicazioni previste dall’articolo 19, comma terzo, del d.lvo n.139/2006;
  • a quanto previsto dall’articolo 19, comma quarto, del d.lvo n. 139/2006 il quale prevede che, decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti, il Comando provinciale può intervenire solo in presenza di un pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica, per la difesa nazionale e previo un motivato accertamento dell’impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante la conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente.

Il decreto attuativo del Ministero dell’Interno del 7.8.2012

Il decreto del Ministero dell’Interno del 7.8.2012 (pubblicato su GU n. 201 del 29.8.2012) contiene le disposizioni relative alle modalità di presentazione delle istanze concernenti i procedimenti di prevenzione incendi e alla documentazione da allegare, ai sensi dell’art. 2, comma settimo, del DPR 1.8.2011 n. 151. Tra tali norme regolamentari merita un rapido commento l’articolo 4, relativo alla segnalazione di inizio attività, la quale costituisce il fondamento della procedura antincendio. Infatti, analogamente da quanto avviene nella materia edilizia disciplinata dal DPR 6.6.2001 n. 380, il controllo pubblico sulla attività antincendio è in buona parte sostituito dalla dichiarazione del soggetto interessato il quale allega una serie di informazioni e di documenti. A tal riguardo è ovvio constatare che il cittadino, a fronte di un notevole snellimento delle relative procedure amministrative, è onerato da nuove responsabilità dichiarative. A tal riguardo può citarsi il successivo
articolo 9 del decreto il quale prevede che gli enti ed i privati che succedono nelle responsabilità delle attività antincendio comunicano al competente Comando dei Vigili del Fuoco la relativa dichiarazione di variazione nella conduzione dell’attività che contiene:
  • le generalità ed il domicilio del nuovo responsabile delle’attività;
  • la specificazione dell’attività;
  • l’impegno ad osservare gli obblighi connessi con l’esercizio delle attività;
  • l’indicazione dell’assenza di variazioni delle condizioni della sicurezza antincendio rispetto a quanto in precedenza segnalato al Comando.
Giova notare che la normativa antincendio è finalizzata alla tutela dei lavoratori e delle persone nei luoghi di vita e di lavoro, per cui la violazione del disposto del predetto articolo 9 assume giuridica rilevanza soprattutto nei casi in cui vengano dolosamente sottaciuti alle competenti Autorità informazioni importanti e necessarie per scongiurare situazioni di assoluto e imminente pericolo per la pubblica incolumità secondo il disposto della prevalente giurisprudenza per la quale: “Il reato di cui agli articoli 4 e 89 del d.lvo n. 626 del 1994 (NDR oggi sussunti nella violazione degli articoli 46 e 55 del d.lvo n. 81/2008), in relazione alla omessa adozione delle misure antincendio ha natura permanente nel senso che la consumazione dello stesso coincide con l’adozione delle misure omesse “(C. Cass. Pen., Sez. 3, Sent. n. 44377 del 24.10.2007, dep. il 29.11.2007, Rv. 238269).
“L’obbligo di ottemperare alle disposizioni in materia di prevenzione sui luoghi di lavoro sussiste anche in assenza di situazioni specifiche di emergenza, atteso che le predette disposizioni hanno natura e finalità preventive. (Fattispecie in tema di omessa adozione di segnaletica di sicurezza antincendio). (C. Cass. Pen., Sez. 3, Sent. n. 22828 del 29.3.2007, dep. il 12.6.2007, Rv. N. 236883).”
Particolare prudenza deve inoltre essere rivolta alla definizione di voltura di cui all’articolo 9 in relazione alle prime interpretazioni notevolmente rigorose nel senso di imporre detta attività ogni qual volta muti il legale rappresentante della persona giuridica o dell’ente di gestione. Invero la stessa normativa del decreto ha chiaramente specificato quando intendeva rivolgersi oltre che alla persona giuridica anche al suo legale rappresentante, così come accade segnatamente all’articolo 4. L’articolo 9 in commento, invece, utilizza la locuzione “enti e privati che succedono nelle responsabilità delle attività soggette” senza specificare che debba trattarsi anche del legale rappresentate. Con tutte le cautele che l ‘argomento impone, soprattutto in una prima lettura della norma, si osserva che “intestatario della posizione da volturare” dovrebbe essere l’ente e non il suo legale rappresentante e che le pesanti responsabilità connesse all’inadempimento all’obbligo di voltura mal si conciliano con la genericità della previsione normativa. Nello stesso ordine di idee si rileva che la semplice variazione del legale rappresentante appare evento di rilevanza interna al titolare dell’attività e che sarebbe contrario al principio di razionalità estenderne gli effetti al rapporto tra persona giuridica e pubblica amministrazione. Per completare definitivamente il presente primo approccio alla tematica si osserva che le parole “enti e privati responsabili di attività” sono utilizzate agli articoli 3, 6, 8 e 9 del decreto con palese riferimento al titolare dell’attività e non al suo legale rappresentante.

La valutazione del rischio incendio nei locali di pubblico spettacolo: la sentenza C.Cass. n.39363/2015

L’operatività nei locali di pubblico spettacolo del disposto dell’art. 46, secondo comma, del d.lgs n.81/2008 è stata riaffermata dalla Corte di Cassazione (Sez. 3, sent. n. 39363/2015 del 14.4.2015) la quale ha escluso che la procedura semplificata contenuta nel “decreto del fare” (D.L. 21.6.2013 n. 69, convertito nella legge 9.8.2013 n. 98 pubblicata nella G.U. 23.8.2013) elimini dall’applicazione del d.lvo n. 81/2008 i luoghi in cui vi sia afflusso di pubblico. In particolare la predetta sentenza esclude che il decreto del fare depotenzi in modo significativo il d.lgs n. 81/2008 nel senso di una sua applicazione solo al rischio connesso al lavoro e non anche alla presenza di pubblico all’interno dell’esercizio commerciale. In particolare la Corte di Cassazione afferma i seguenti principi: “E’ stato già affermato dalla giurisprudenza di questa corte che il documento di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, previsto dall’art. 28 del d.lvo n. 81/2008, è applicabile a tutte le tipologie di rischio e a tutti i settori pubblici o privati, ivi comprese le attività di ristorazione (cfr. Sez. 3, sent. n. 33567 del 4.7.2012, ud. Dep. 31.8.2012, Rv. 253171). Il Collegio ritiene di dare senz’altro
continuità a tale principio, che trova il suo fondamento nell’ampia formulazione dell’art. 3 del d.lvo n. 81/2008, secondo cui, appunto, “il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio”. Da ciò discende l’obbligo del prescritto documento anche per l’attività di pub con attività accessoria di piccoli intrattenimenti esercitata da….. La tesi sostenuta dal ricorrente… fa leva su una interpretazione meramente formalistica del concetto di infortunio, limitandolo solo al prestatore di lavoro ed escludendo del tutto irragionevolmente i soggetti che comunque frequentano i luoghi, in tal modo non considerando che lo scopo perseguito dalla norma è più in generale la tutela dal rischio incendi, a cui non si sottraggono certamente i locali ove si prevede l’afflusso di pubblico connesso alla ristorazione e all’intrattenimento. Nel caso in esame, essendo stata accertata - sulla scorta dei rilievi dei vigili del fuoco – l’inadeguatezza del documento rispetto al modo di fronteggiare i rischi di incendio e di esplosione (tipico accertamento del fatto), appare corretta in diritto anche la conclusione a cui è prevenuto il Tribunale, il quale ha precisato, altresì, sempre sulla base di tipico accertamento di fatto che, trattandosi di attività con accesso e permanenza di pubblico, il rischio infortunistico collegato all’evenienza incendi non poteva essere classificato come basso, per cui si rendeva necessaria la previsione di vie di fuga agevoli in caso di uscita rapida per il pubblico. Corretta è quindi l’esclusione dell’applicabilità della procedura
semplificata prevista dal “decreto del fare”, che, come ricorda lo stesso ricorrente….”attiene ai settori professionali che presentano minore fattore di rischio infortuni”. L’art. 32 del d.l. 21.6.2013 n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito con modificazioni dalla L. 9.8.2013 n. 98 prevede il modello semplificato per le attività a basso rischio di infortuni.” Infine notasi che la sentenza C.Cass. n. 39363/2015 ha parimenti previsto l’obbligo del datore di lavoro dei locali di pubblico spettacolo e di ristorazione, ai sensi degli artt. 36 e 37 del d.lvo n. 81/2008, di:
  • informare i lavoratori sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro;
  • fornire un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico ai lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza.
Fonte Amministrae Immobili
a cura di Giulio Benedetti
Sostituto Procuratore Generale Corte d’Appello di Milano

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