martedì 2 febbraio 2016

La responsabilità aquiliana (extracontrattuale) del condominio: fatti illeciti e cose in custodia

I fatti illeciti

I danni provocati a terzi, dalle parti comuni del condominio, devono essere rimborsati, da questo, se determinati da incuria e da negligenza nel mantenerle in efficienza, con una costante e accurata manutenzione. L’art. 1173 cod. civ. pone, tra le fonti delle obbligazioni, non soltanto i contratti, ma anche i fatti illeciti, previsti dagli artt. 2043 e segg. cod. civ..
A questo concetto fanno capo tutte le norme finalizzate a evitare fatti che possano provocare danni ingiusti a terzi, secondo il noto principio del neminem laedere. Il citato art. 2043 cod. civ. non ha natura punitiva, ma prevede esclusivamente il risarcimento compensativo dei danni provocati dall’evento che si è determinato o che si sarebbe potuto evitare. In questa specie il soggetto che agisce ovvero omette di effettuare un’attività, anche senza che sia posto a suo carico un obbligo giuridico, non ha alcun rapporto con il danneggiato per il fatto del suo comportamento.
Tre sono gli elementi rilevanti: il fatto, il nesso causale e la colpa o il dolo.
Il fatto è costituito da un’azione o da una omissione contrarie al diritto, alle leggi e agli usi, che abbiano provocato un danno ingiusto. L’azione e l’omissione devono essere rapportate al danno verificatosi da un nesso di causalità, mancando il quale, non può essere addebitato il danno stesso al soggetto che ha agito o che non ha agito, pur avendone l’obbligo giuridico. La causalità giuridica costituisce la condicio sine qua non che determina la responsabilità di colui che ha provocato il danno. La sussistenza del nesso causale, tra l’evento e il danno verificatosi, deve essere rigorosamente provato dal danneggiato, dimostrando, altresì, l’inadeguatezza dei mezzi posti in essere dal danneggiante, affinché la cosa in custodia non potesse provocare danni. La responsabilità del danneggiante ha natura oggettiva, essendo del tutto irrilevante il suo atteggiamento psicologico, che può essere opposta soltanto dimostrando un intervenuto caso fortuito o il fatto di un terzo, ricompreso lo stesso danneggiato. Il caso fortuito si concretizza allorché il fattore causale, estraneo alla sfera del danneggiante, abbia una tale e rilevante intensità da interrompere il nesso eziologico tra la cosa in custodia e il danno provocato e, quindi, possa considerarsi quale causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento, quale può essere una caduta di neve dal tetto di un edificio, determinata esclusivamente da una precipitazione di inusitata ed eccezionale intensità. Il fatto del terzo e/o dello stesso danneggiato inerisce a un uso improprio della cosa, che ha provocato il danno, o a una sua imprudenza ovvero a un suo comportamento abnorme, o ancora il non aver previsto, con l’ordinaria diligenza, la situazione di pericolo che sussisteva, evitandola con l’adozione di normali cautele.
La colpa del danneggiante consiste in un comportamento negligente, imprudente, privo di perizia o in una inosservanza di norme o di regole di condotta che, anche se non voluto, ha prodotto un danno a terzi. La domanda del danneggiato si prescrive ex art. 2935 cod. civ., in cinque anni decorrenti dal giorno in cui è stata attuata la condotta illecita.

Le cose in custodia

Dal principio generale, previsto dall’art. 2043 cod. civ., discendono alcune fattispecie normativamente stabilite, tra le quali quella inerente al danno cagionato da cose in custodia. L’art. 2051 cod. civ. prevede che debba risarcire il danno ingiusto provocato colui, che abbia in custodia una cosa, che lo abbia provocato. Il custode, è colui che usa, anche indirettamente, la cosa custodita, e che ha un’effettiva disponibilità della stessa, nonché il dovere giuridico di controllare le eventuali conseguenze dannose che da questa possano derivare. Tutto quanto sopra dedotto, si applica, ovviamente, a qualunque soggetto, tra i quali i singoli condomini e lo stesso condominio, che con il suo comportamento attivo o con la sua omissione abbia consentito che la cosa in sua custodia potesse provocare un danno. La responsabilità del condominio sussiste per i danni provocati dalle parti comuni alle proprietà esclusive, siano esse godute dal proprietario o da un conduttore o siano di terzi. Conformemente a quanto sopra esposto, la giurisprudenza ha precisato che il condominio ha l’obbligo di controllare e di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte, eventualmente escludendo i terzi dal contatto con la cosa che ha in custodia, affinché questa non arrechi pregiudizio ad alcuno. Numerose sono le fattispecie che ineriscono al condominio, quali, per esempio, le infiltrazioni d’acqua o il furto perpetrato in una unità immobiliare a seguito dell’installazione di un ponteggio per esperire la manutenzione dell’edificio o la caduta dalle scale a causa di un gradino sbrecciato.

Conclusioni

Considerata la responsabilità del condominio per i danni provocati ai terzi, è opportuno valutare chi e come debba risarcirli. È nota la sentenza della Sprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, del 8 aprile 2008, n. 9148, che ha stabilito la parziarietà dei debiti del condominio verso i creditori, poiché l’obbligazione dei condomini, ancorché sia comune, è divisibile trattandosi soltanto di una somma di denaro. È esclusa dalla parziarietà l’obbligazione che non deriva da un contratto, ma da altri fatti o atti suscettibili di produrre effetti giuridici.
Tra questi, per esempio, una sanzione della Pubblica Amministrazione o una condanna dell’Autorità Giudiziaria.
Per queste motivazioni il risarcimento dei danni, dovuto ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., può essere richiesto dal terzo, in via solidale, anche ad un singolo condomino ex art. 1292 cod. civ., in quanto la responsabilità non può essere imputata né al condominio, quale ente di sola gestione dei beni comuni, né al suo amministratore, che è soltanto mandatario dei condomini. Ovviamente, considerato che l’amministratore ha il compito di vigilare che le cose comuni non arrechino danni a terzi, neppure che l’evento dannoso si verifichi per colpa dell’appaltatore, il condominio stesso ha diritto di rivalsa nei suoi confronti per il recupero delle somme versate, se non prova che la propria responsabilità è esclusa per fatto del terzo, per esempio, per aver affidato al direttore dei lavori l’incombente de quo.




Fonte: Amministratore Immobili
di Gian Vincenzo Tortorici
Direttore CSN Anaci

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