lunedì 3 ottobre 2016

Normative in progress: il progetto come motore dell’azione legislativa

La legislazione in Italia è in corso di trasformazione. Molte buone intenzioni, qualche semplificazione controbilanciata da altrettante complicazioni, qualche ottimo spunto di modificazione riequilibrato da alcuni emendamenti che vanificano le istanze e sviano dalla giusta direzione. Proviamo a fare una sintesi di quanto sta accadendo nel campo normativo edilizio in Italia. Iniziamo dall’ultimo arrivato: il nuovo Codice degli Appalti, che regolamenta la progettazione e l’esecuzione dei lavori pubblici. E’ entrato in vigore il 19 aprile ed è già fonte di critiche e polemiche da parte degli addetti ai lavori che hanno tentato, in tutte le occasioni possibili di tipo istituzionale, di far notare le criticità, che a volte arrivano all’inapplicabilità, di alcuni articoli. Per ora possiamo solamente restare in attesa dei decreti attuativi, che si attendono per il mese di giugno, per capire se alcune articoli potranno essere corretti nella giusta direzione. E’ vero che il codice appalti riguarda solamente i lavori pubblici, ma è altrettanto vero che questo apparato normativo si riflette nel mercato edilizio con implicazione importanti sul settore delle costruzioni e quindi con ricadute su imprese edili, progettisti e committenti. Altro tema caldo sui banchi di commissioni di parlamento e senato è quello della semplificazione normativa. Per adesso, quasi tutti i tentativi di semplificazione si sono rivelati fonti di complicazione tanto che gli addetti ai lavori circola la battuta: per favore smettetela di complicarci la vita con le leggi sulla semplificazione! Ormai la parola semplificare è diventata un mantra della comunicazione politica, uno slogan che si applica a qualsiasi argomento, con proclami e promesse che vengono quasi sempre disattese. Un caso tipico riguarda, ad esempio, il regolamento edilizio unico che è in discussione. In Italia ci sono oltre ottomila comuni con altrettanti regolamenti edilizi, definizioni normative, modi di chiamare lo stesso parametro, obiettivi urbanistici. La resistenza degli amministratori comunali e regionali è molto forte, perché ognuno ritiene che il proprio territorio sia diverso e più importante degli altri. L’importanza deriva dalla consapevolezza che il potere si forma e si consolida anche attraverso la confusione e la contraddittorietà delle leggi. Un regolamento edilizio di trecento pagine non è sintomo di precisione e bravura, ma è quasi sempre la prova dell’esatto contrario. O forse pensiamo che gli amministratori delle città europee, che hanno regolamenti di cento pagine, siano meno bravi di quelli italiani. Le città europee funzionano forse meno bene di quelle italiane? Non è vero proprio il contrario? La confusione normativa, l’indeterminatezza delle leggi, il prolungamento dei tempi per l’approvazione dei permessi edilizi, l’incertezza che permea la maggior parte dei processi che riguardano il mercato immobiliare, ha di fatto reso quest’ultimo poco appetibile agli investitori che possiamo definire a pieno titolo il motore più importante per una auspicabile ripresa dalla crisi strutturale che ha investito la società nella quale viviamo e, a fatica, lavoriamo. E’ sui banchi delle commissioni parlamentari anche la nuove legge sul contenimento del consumo, sarebbe meglio definirlo uso, del suolo. Questa è sicuramente la più importante normativa in corso di approvazione, soprattutto per le implicazioni che ha, indirettamente, per il recupero del patrimonio edilizio esistente. E’ ovvio, infatti, che questa legge non può e non deve vedere la luce se contemporaneamente non vengono varate misure per incentivare e rendere più realizzabili gli interventi sugli spazi urbani, sulle città. Se non viene promossa a livello nazionale quella che ormai è universalmente riconosciuta con il termine rigenerazione urbana. Il blocco dell’edificazione sulle aree agricole e su quelle di espansione ha una sua ragion d’essere in un paese così densamente antropizzato come l’Italia. Ma farlo senza agire contemporaneamente sui fabbricati esistenti significherà far morire un’economia che è già quasi bloccata dalla crisi della bolla immobiliare. Incentivare la rigenerazione della città significa rendere possibili le sostituzioni degli edifici o di parti di essi; promuovere la riqualificazione energetica degli involucri oltre che degli impianti; snellire le procedure per gli interventi. Abbiamo numerosi esempi ai quali attingere: basta guardare come stanno facendo da decenni in Francia o in Germania, in Danimarca o in Inghilterra. I problemi sono principalmente due. Il primo riguarda la scarsa preparazione di chi scrive gli articolati di legge, spesso non competente in materia; non si spiegherebbe, viceversa, la proposizione di azioni che a volte sono inapplicabili. Il secondo riguarda lo scarso, per non dire inesistente, coordinamento tra le azioni legislative che quindi non sono sinergiche tra loro quando non sono addirittura in contrasto. E’ banale dire che in Italia ci sono, in materia urbanistica, ambientale ed edilizia troppe leggi, che sono scritte male, che sono in contrasto tra loro, che a volte sono inapplicabili, che non hanno una strategia ed un indirizzo chiaro, che sono l’esatto contrario di quei testi unici dei quali si sente così tanto il bisogno, che non si tenta neanche di copiarle da paesi che sono indiscutibilmente più avanti di noi. E’ banale, ma purtroppo è la verità. E se ci facessimo scrivere le leggi da chi le sa fare, dato che in Europa ci sono tanti legislatori competenti? Concludo queste riflessioni con una considerazione di un sindaco francese artefice, come tanti suoi colleghi, di riqualificazioni urbane che tutto il ondo sta ammirando: si parte dall’identificazione del progetto poi, dopo, si scrive la legge che serve per raggiungere l’obiettivo. In Italia spesso, complice la rivalità tra la legislazione concorrente tra stato e regione, si fa il percorso contrario con la prevedibile conseguenza che spesso si manca clamorosamente l’obiettivo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

di Alessandro Marata
Prez. Dipartimento. Ambiente e Sostenibilità CNAPPC

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