La legislazione in Italia è in corso di trasformazione. Molte buone intenzioni, qualche semplificazione controbilanciata da altrettante complicazioni, qualche ottimo spunto di modificazione riequilibrato da alcuni emendamenti che vanificano le istanze e sviano dalla giusta direzione. Proviamo a fare una sintesi di quanto sta accadendo nel campo normativo edilizio in Italia. Iniziamo dall’ultimo arrivato: il nuovo Codice degli Appalti, che regolamenta la progettazione e l’esecuzione dei lavori pubblici. E’ entrato in vigore il 19 aprile ed è già fonte di critiche e polemiche da parte degli addetti ai lavori che hanno tentato, in tutte le occasioni possibili di tipo istituzionale, di far notare le criticità, che a volte arrivano all’inapplicabilità, di alcuni articoli. Per ora possiamo solamente restare in attesa dei decreti attuativi, che si attendono per il mese di giugno, per capire se alcune articoli potranno essere corretti nella giusta direzione. E’ vero che il codice appalti riguarda solamente i lavori pubblici, ma è altrettanto vero che questo apparato normativo si riflette nel mercato edilizio con implicazione importanti sul settore delle costruzioni e quindi con ricadute su imprese edili, progettisti e committenti. Altro tema caldo sui banchi di commissioni di parlamento e senato è quello della semplificazione normativa. Per adesso, quasi tutti i tentativi di semplificazione si sono rivelati fonti di complicazione tanto che gli addetti ai lavori circola la battuta: per favore smettetela di complicarci la vita con le leggi sulla semplificazione! Ormai la parola semplificare è diventata un mantra della comunicazione politica, uno slogan che si applica a qualsiasi argomento, con proclami e promesse che vengono quasi sempre disattese. Un caso tipico riguarda, ad esempio, il regolamento edilizio unico che è in discussione. In Italia ci sono oltre ottomila comuni con altrettanti regolamenti edilizi, definizioni normative, modi di chiamare lo stesso parametro, obiettivi urbanistici. La resistenza
degli amministratori comunali e regionali
è molto forte, perché ognuno ritiene che il proprio
territorio sia diverso e più importante degli altri.
L’importanza deriva dalla consapevolezza che il
potere si forma e si consolida anche attraverso la
confusione e la contraddittorietà delle leggi. Un
regolamento edilizio di trecento pagine non è sintomo
di precisione e bravura, ma è quasi sempre
la prova dell’esatto contrario. O forse pensiamo
che gli amministratori delle città europee, che
hanno regolamenti di cento pagine, siano meno
bravi di quelli italiani. Le città europee funzionano
forse meno bene di quelle italiane? Non è vero
proprio il contrario? La confusione normativa,
l’indeterminatezza delle leggi, il prolungamento
dei tempi per l’approvazione dei permessi edilizi,
l’incertezza che permea la maggior parte dei processi che riguardano il mercato immobiliare,
ha di fatto reso quest’ultimo poco appetibile agli
investitori che possiamo definire a pieno titolo il
motore più importante per una auspicabile ripresa
dalla crisi strutturale che ha investito la società
nella quale viviamo e, a fatica, lavoriamo.
E’ sui banchi delle commissioni parlamentari anche
la nuove legge sul contenimento del consumo,
sarebbe meglio definirlo uso, del suolo. Questa è
sicuramente la più importante normativa in corso
di approvazione, soprattutto per le implicazioni
che ha, indirettamente, per il recupero del patrimonio
edilizio esistente. E’ ovvio, infatti, che
questa legge non può e non deve vedere la luce
se contemporaneamente non vengono varate misure
per incentivare e rendere più realizzabili gli
interventi sugli spazi urbani, sulle città. Se non
viene promossa a livello nazionale quella che ormai
è universalmente riconosciuta con il termine
rigenerazione urbana. Il blocco dell’edificazione
sulle aree agricole e su quelle di espansione ha
una sua ragion d’essere in un paese così densamente
antropizzato come l’Italia. Ma farlo senza
agire contemporaneamente sui fabbricati esistenti
significherà far morire un’economia che è già
quasi bloccata dalla crisi della bolla immobiliare.
Incentivare la rigenerazione della città significa
rendere possibili le sostituzioni degli edifici o di
parti di essi; promuovere la riqualificazione energetica
degli involucri oltre che degli impianti;
snellire le procedure per gli interventi. Abbiamo
numerosi esempi ai quali attingere: basta guardare
come stanno facendo da decenni in Francia o in Germania, in Danimarca o in Inghilterra. I problemi
sono principalmente due. Il primo riguarda la
scarsa preparazione di chi scrive gli articolati di
legge, spesso non competente in materia; non si
spiegherebbe, viceversa, la proposizione di azioni
che a volte sono inapplicabili. Il secondo riguarda
lo scarso, per non dire inesistente, coordinamento
tra le azioni legislative che quindi non sono
sinergiche tra loro quando non sono addirittura
in contrasto.
E’ banale dire che in Italia ci sono, in materia
urbanistica, ambientale ed edilizia troppe leggi,
che sono scritte male, che sono in contrasto tra
loro, che a volte sono inapplicabili, che non hanno
una strategia ed un indirizzo chiaro, che sono
l’esatto contrario di quei testi unici dei quali si
sente così tanto il bisogno, che non si tenta neanche
di copiarle da paesi che sono indiscutibilmente
più avanti di noi. E’ banale, ma purtroppo
è la verità. E se ci facessimo scrivere le leggi da
chi le sa fare, dato che in Europa ci sono tanti
legislatori competenti?
Concludo queste riflessioni con una considerazione
di un sindaco francese artefice, come tanti
suoi colleghi, di riqualificazioni urbane che tutto
il ondo sta ammirando: si parte dall’identificazione
del progetto poi, dopo, si scrive la legge che
serve per raggiungere l’obiettivo. In Italia spesso,
complice la rivalità tra la legislazione concorrente
tra stato e regione, si fa il percorso contrario con
la prevedibile conseguenza che spesso si manca
clamorosamente l’obiettivo. I risultati sono sotto
gli occhi di tutti.
di Alessandro Marata
Prez. Dipartimento. Ambiente e Sostenibilità CNAPPC
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