lunedì 3 ottobre 2016

La normativa europea sulle professioni regolamentate (1)

La direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, pubblicata su Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea del 30.9.2005, recepita in Italia con il d.lgs. 6 novembre 2007, n.206. La direttiva sostituisce tutte le quindici direttive che dagli anni ’70 al 20 ottobre 2007 hanno disciplinato il riconoscimento delle qualifiche professionali:
  • le direttive Sistemi generali (89/48/CEE, 92/51/ CEE, 99/42/CE) e
  • le direttive settoriali (77/452/CEE, 77/453/ CEE, 78/686/CEE, 78/687/CEE, 78/1026/CEE, 78/1027/CEE, 80/154/CEE, 80/155/CEE, 85/384/ CEE, 85/432/CEE, 85/433/CEE e 93/16/CEE).
Il Consiglio dell’Unione Europea ha modificato approvando la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio UE 2013/55/CE (pubblicata nella GUCE L354/132 del 28 dicembre 2013), sono molti gli elementi di novità introdotti rispetto alla legislazione europea sulla base di una proposta presentata dalla Direzione Generale Mercato interno e servizi,volta a migliorarne il funzionamento, fissa le condizioni per poter esercitare determinate professioni in Paesi europei diversi da quelli in cui la persona ha la cittadinanza e ha effettuato i suoi studi o la propria esperienza professionale. La direttiva entra in vigore ed stata recepita dai singoli Paesi membri entro il 20 ottobre 2007. Le professioni soggette alla normativa sono le professioni regolamentate quali ad esempio:
  1. Le attività libero professionali per lo svolgimento delle quali i singoli stati prevedono dei requisiti specifici in termine di titolo di studio e/o di tirocinio e/o di superamento di un apposito esame con valore abilitante come: medico, ingegnere, farmacista.
  2. Altre attività in ambito industriale, artigianale e commerciale per le quali i singoli stati prevedono requisiti speciali in termine di titolo di studio e/o di tirocinio e/o di superamento di un apposito esame con valore abilitante e/o precedente esperienza lavorativa come: il gestore di albergo, di lavanderia, di estetista, di agenzia di viaggi, di guida turistica).
Quindi l’impostazione iniziale della Commissione Europea, era che quanti fossero abilitati allo svolgimento di una determinata professione nel proprio Paese UE, potessero automaticamente svolgere attività (e se desideravano insediarsi) in tutti gli altri Paesi UE. Questa impostazione è stata poi modificata in fase di approvazione della direttiva a favore di un sistema che prevede la possibilità di un controllo della professionalità da parte del Paese “ospitante”. Inoltre adesso è vietato che un cittadino ad esempio italiano con un titolo conseguito in Italia che non viene abilitato allo svolgimento di una determinata professione in Italia, ma sia sufficiente per lo svolgimento della medesima professione, ad esempio che in Spagna possa abilitarsi allo svolgimento della professione e su questa base esercitare la professione anche in Italia. Secondo la direttiva approvata sono possibili vari casi:

1) Prestazioni temporanee di servizi da parte di prestatore abilitato nel proprio Paese e che abbia esercitato l’attività nel proprio Paese da almeno 2 anni: possibile la prestazione in altri Paesi senza dover iscriversi all’albo e all’ente di previdenza sociale dell’altro Paese. Tuttavia lo Stato ospitante può:
a) richiedere una dichiarazione preventiva con informazioni su nazionalità, qualifica, esperienza, assenza condanne penali, copertura assicurativa;
b) per professioni aventi ripercussioni in materia di pubblica sicurezza e di sanità pubblica può richiedere una preliminare verifica anche attitudinale ;
c) per prestazioni effettuate utilizzando un titolo diverso da quello comunemente utilizzato nel Paese “ospitante”, può richiedere che il prestatore fornisca al destinatario del servizio una serie di informazioni quali ad esempio numero di iscrizione ad albo, autorità di vigilanza dell’albo, ordine professionale di iscrizione, partita IVA;

2) esercizio stabile di attività in Paese “ospitante” delle professioni di medico, dentista, infermiere, farmacista, veterinario, architetto (professioni per le quali è già stato concordato e adottato a livello europeo un sistema minimo di formazione). Ogni Paese membro riconosce automaticamente come abilitanti all’esercizio della professione i titoli conseguiti negli altri Paesi. L’effettivo svolgimento dell’attività è subordinato al possesso di conoscenze linguistiche adeguate. Le norme in precedenza previste per queste professioni sono abrogate;

3) esercizio stabile di attività nel Paese “ospitante” di professioni diverse da medico, dentista, infermiere, farmacista, veterinario, architetto (che hanno già adottato un sistema minimo di formazione a livello europeo) e da professioni in ambito industriale, artigianale e commerciale (in pratica le professioni a cui si riferisce questo punto sono le professioni regolamentate libero professionali residue, quali ad esempio ingegnere, biologo, psicologo,mentre apparentemente la direttiva non modifica quanto già disposto per avvocati e notai; Vengono identificati 5 livelli di formazione: 1) attestato di competenza (relativo a percorso di formazione che non ha previsto la frequenza di una scuola secondaria), 2) certificato (completamento di ciclo di studi secondari),3) diploma che attesta 1 anno di formazione post secondaria, 4) diploma che attesta almeno 3 anni di formazione post secondaria 5) diploma che attesta almeno 4 anni di formazione post secondaria. Nel caso che la persona che desidera svolgere la propria professione in un Paese diverso: 1) sia in possesso di titolo dello stesso livello a quello previsto per l’esercizio della professione nel Paese “ospitante”, oppure 2) sia in possesso di un titolo del livello immediatamente precedente, oppure 3) sia in possesso di un titolo di qualunque tipo che comunque abilita la persona allo svolgimento di quella determinata professione , oppure 4) provenga da un Paese dove la professione non è regolamentata e abbia svolto per almeno 2 anni a tempo pieno tale professione e sia in possesso di un titolo di dello stesso livello o di livello immediatamente inferiore, allora in questi casi il Paese ospitante può:

- riconoscere automaticamente abilitanti uno o tutti i suddetti titoli o esperienze indicate in precedenza dal punto1 al 4 oppure: - richiedere alla persona di svolgere una integrazione (‘compensazione’) della propria formazione sotto forma di un tirocinio di adattamento non superiore a 3 anni oppure, in genere a scelta, di sostenere una prova attitudinale per le professioni di cui al punto 3 precedente è anche possibile che stati membri o associazioni professionali presentino alla Commissione delle ‘piattaforme comuni’. Per piattaforme comuni si intende una serie di criteri che consentono di colmare la più ampia gamma di differenze sostanziali che sono state individuate tra i requisiti di formazione in almeno due terzi degli Stati membri, inclusi tutti gli Stati membri che regolamentano la professione in questione. Tali criteri potrebbero ad esempio includere requisiti quali una formazione complementare, un tirocinio di adattamento, una prova attitudinale o un livello minimo prescritto di pratica professionale, o una combinazione degli stessi. Nel caso tale piattaforma sia approvata, il Paese ospitante può uniformare la propria richiesta di integrazione a quanto previsto dalla piattaforma (sia in senso più restrittivo che meno restrittivo esercizio stabile di attività in Paese ‘ospitante’ di professioni regolamentate in ambito industriale, artigianale e commerciale La Direttiva fissa un numero minimo di anni di attività pregressa in ciascuno dei settori e delle attività indicate nell’Allegato IV alla Direttiva. Essa consolida tre testi precedenti relativi al regime generale di riconoscimento delle qualifiche e dodici direttive settoriali relative a specifiche professioni. Tra le novità più significative introdotte dalla normativa c’è la previsione di una disciplina ad hoc per la prestazione temporanea e occasionale di servizi, senza necessità di stabilimento e completamente assente nelle precedenti direttive generali, un ampliamento del campo di applicazione e un rafforzamento dei mezzi di cooperazione tra le Amministrazioni nazionali e tra queste e la Commissione UE. In particolare è previsto l’obbligo, per il prestatore di altro Stato membro che viene in Italia di presentare, al momento della prima prestazione, una comunicazione preliminare all’autorità competente e di accompagnata con documenti che comprovino le proprie qualifiche professionalizzanti; la possibilità per l’autorità competente, nel caso di professioni che implichino profili di sicurezza e salute pubblica, di richiedere misure compensative in presenza di “differenze sostanziali”; l’individuazione di specifiche normative nazionali che rispondono alla definizione di “formazione regolamentata”; la possibilità di facilitare la mobilità professionale attraverso l’approvazione, a livello comunitario, di “piattaforme comuni” per determinate professioni. Per quello che riguarda il diritto di stabilimento, vi sono tre regimi che regolano i riconoscimenti professionali. Sistema Generale basato sulla mutua fiducia tra gli Stati membri. Si applica se la professione è regolamentata nello Stato ospite e se il professionista ha esercitato, o è abilitato a esercitare, la stessa professione nello Stato di provenienza. Il riconoscimento non è automatico ma prevede un confronto tra i percorsi formativo-professionalizzanti previsti nei due Stati e la possibilità, in caso di “differenza sostanziale”, di condizionare il riconoscimento a misure compensative (prova attitudinale o tirocinio di adattamento). Questo regime si applica ad un numero di professioni che varia da Stato a Stato. Infatti, la direttiva non impone agli Stati alcun obbligo di regolamentazione. Di conseguenza, il decreto legislativo non introduce novità nella relativa normativa nazionale. Questo sistema si applica anche a professioni coperte dai regimi indicati ai punti 1 e 3 quando non sono soddisfatti alcuni requisiti che assicurano l’automaticità del riconoscimento. Esperienza professionale maturata nello stato membro d’origine. Si applica ad attività di tipo artigianale (indicate nell’allegato IV del decreto) e prevede un riconoscimento automatico se sono rispettate le condizioni espressamente previste per le singole categorie professionali.

fonte
Amministrare Immobili
di Francesco Burrelli

Nessun commento:

Posta un commento

Commenti, critiche e correzioni sono ben accette e incoraggiate, purché espresse in modo civile. Scrivi pure i tuoi dubbi, le tue domande o se hai richieste: il team dei nostri esperti ti risponderà il prima possibile.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...