Il verbale è la narrazione dei fatti nei quali si concreta “la storicità di un’azione”: esso deve attestare quanto avviene in assemblea, ma non incide sulla validità del verbale la mancata indicazione, in esso, di circostanze la cui ricognizione non ha proceduto l’assemblea stessa, nel corso dei suoi lavori.
“Scusa Ameri, scusa Ameri”: questo intercalare,
che presagiva la realizzazione di un goal o il
fischio di un calcio di rigore, richiama ancora
l’indimenticata trasmissione radiofonica “Tutto
il calcio minuto per minuto”, in virtù della quale
le partite di pallone si … immaginavano in tempo
reale e live, tanto era fedele il resoconto degli
eventi sportivi narrati; eravamo molto lontani dalle
odierne trasmissioni televisive che, ad ogni ora
della settimana, propinano in diretta i più svariati
matches del campionato italiano, laddove allora
l’unica visione riguardava il secondo tempo della
partita clou della giornata, per giunta in differita,
la domenica pomeriggio.
Evidentemente questo desiderio di “radiocronaca”
(completa ed analitica) di quanto avvenuto
nell’assemblea ha spinto un condomino, alquanto
pignolo, ad impugnare con ricorso ex art. 1137
c.c. una delibera, evidenziando la “incompleta e
carente verbalizzazione” della discussione avvenuta
sulle questioni poste all’ordine del giorno: nello
specifico, si lamentava - per quel che interessa in
questa sede - che, nel relativo verbale, non fosse
stata rispettata la regola di “documento ufficiale”
che comprovava lo svolgimento di tutte le attività
prescritte, essendo in particolare mancata la redazione
formale in ordine alle “delucidazioni fornite
dall’amministrazione alle richieste dei condomini”.
Affrontando tale fattispecie, con una recente decisione
(v. sent. n. 20786 del 14 ottobre 2015), la
Corte di Cassazione ha avuto modo di delineare i
requisiti contenutistici del verbale della riunione
di condominio, il quale deve sì rappresentare una
“fotografia” (istantanea e completa) di quanto avviene
in assemblea in modo che si possa trovare
traccia di tutto ciò in essa compiuto, ma, al contempo,
non deve consistere in un rapporto (dettagliato e pedante) dell’andamento della medesima
adunanza, con annotazioni ultronee e fuori luogo.
Nel caso concreto, entrambi i giudici di merito avevano
dato torto al ricorrente, il quale - evidentemente
non pago - era ricorso per cassazione, ma la
censura del condomino non ha trovato ingresso in
sede di legittimità.
Invero, si è affermato che il metodo collegiale raffigura
un procedimento che si sviluppa attraverso
fasi distinte, configurate dallo svolgimento di diverse
attività - la comunicazione dell’avviso di convocazione
con l’ordine del giorno, la costituzione,
la discussione, la votazione, la verbalizzazione -
tutte necessarie ai fini della validità dell’atto finale
consistente nella delibera.
Riguardando la formazione della c.d. volontà unitaria
ascritta a più persone, a garanzia della sua corretta
formazione nei confronti di tutti i partecipanti,
compresi coloro i quali sono rimasti in minoranza
(dissenzienti o astenuti) o che non sono intervenuti
all’assemblea (assenti), la validità dell’atto finale
esige la puntuale esecuzione di tutte le diverse fasi
contemplate dal procedimento collegiale.
La redazione del verbale costituisce una delle prescrizioni
di forma, che devono essere osservate e
che si pone sullo stesso piano delle altre formalità
- sopra ricordate - richieste dal procedimento, e la
cui inosservanza importa le medesime conseguenze,
ossia l’impugnabilità della delibera, in quanto
presa non in conformità alla legge (art. 1137 c.c.).
La redazione del verbale raffigura, dunque, un momento
necessario dello svolgimento del procedimento
collegiale, perché il verbale costituisce il documento
che ufficialmente dimostra Io svolgimento
delle attività prescritte: infatti, dalla verbalizzazione
risulta se l’assemblea sia stata ritualmente convocata,
cioè se tutti i condomini siano stati avvisati; se a
tutti i partecipanti sia stato comunicato l’ordine del
giorno; se la costituzione sia stata considerata regolare,
per la presenza delle maggioranze personali e
reali prescritte; se vi sia stata discussione e, infine,
se la proposta posta ai voti sia stata approvata o
respinta e con quali maggioranze (v., tra le altre,
Cass. 22 maggio 1999 n. 5014).
In altri termini, il verbale è la narrazione dei fatti
nei quali si concreta “la storicità di un’azione”:
esso deve attestare quanto avviene in assemblea,
ma non incide sulla validità del verbale la mancata
indicazione, in esso, di circostanze la cui ricognizione
non ha proceduto l’assemblea stessa, nel corso dei suoi lavori, giacché questa incompletezza non
diminuisce la possibilità di controllo aliunde della
regolarità del procedimento e delle delibere assunte
(v., di recente, Cass. 31 marzo 2015 n. 6552).
Ad esempio, si è chiarito - ad opera di Cass. 10
agosto 2009 n. 18192 - che non è annullabile la
delibera il cui verbale, ancorché non riporti l’indicazione
nominativa dei condomini che hanno votato
a favore, tuttavia contenga, tra l’altro, l’elenco
di tutti i condomini presenti, personalmente o per
delega, con i relativi millesimi, e nel contempo rechi
l’indicazione, nominativa, dei condomini che
si sono astenuti e che hanno votato contro e del
valore complessivo delle rispettive quote millesimali,
perché tali dati consentono di stabilire con
sicurezza, per differenza, quanti e quali condomini
hanno espresso voto favorevole, nonché di verificare
che la delibera assunta abbia superato il quorum
di cui all’art. 1136 c.c.
Orbene, le deduzioni del condomino impugnante
- ad avviso dei giudici di Piazza Cavour - non risultavano
idonee a superare l’accertamento svolto
dalla corte territoriale circa la correttezza della
verbalizzazione, giacchè l’assunto del ricorrente
si arrestava sul “piano meramente formale e descrittivo”,
rilevando che la mancata verbalizzazione
delle delucidazioni richieste dai condomini
e fornite dall’amministratore avrebbe determinato
l’invalidità del verbale, ma omettendo di dedurre il
perchè l’invalidità (della verbalizzazione) avrebbe
interessato non solo il verbale ma anche la delibera
assunta in assemblea.
Non pare dubitabile - concludono gli ermellini,
perché un simile accertamento è stato svolto da
entrambi i giudici di merito - che i chiarimenti non
avevano formato oggetto di contestazione; se cosi
è, allora, appare evidente come non si era in alcun
modo errato nel ritenere il verbale regolarmente
redatto, atteso che nessuna disposizione sancisce
che il verbale debba contenere “una rigorosa sequela
temporale e sostanziale”, in ragione della
necessaria semplicità e snellezza della gestione
dell’amministrazione del condominio, che tollera,
senza concreti pregiudizi per la collettività condominiale,
la possibilità di regolarizzare eventuali
omissioni nell’approvazione dei rendiconti (v., in
proposito, Cass. 19 settembre 2014 n. 19799).
A ben vedere, il codice civile detta solo una concisa
norma relativamente al verbale dell’assemblea
condominiale: l’ultimo comma dell’art. 1136 c.c.
stabilisce soltanto che “delle riunioni dell’assemblea
si redige processo verbale da trascrivere nel
registro tenuto dall’amministratore”.
Le modifiche introdotte sul punto dalla legge n.
220/2012 riguardano, direttamente, l’oggetto della
verbalizzazione, che prima faceva riferimento
alle sole “deliberazioni”, facendo intendere che la stessa verbalizzazione sia imposta anche qualora
l’assemblea vada deserta e non si adotti alcuna
valida decisione, e, indirettamente, lo stesso “registro
dei verbali delle assemblee” - rientrante tra le
attribuzioni dell’amministratore, come delineate in
maniera particolareggiata dal novellato art. 1130,
n. 7), c.c. - in cui devono, altresì, essere annotate
anche “le eventuali mancate costituzioni … nonché
le brevi dichiarazioni rese dai condomini che
ne hanno fatto richiesta”.
Comunque, il contenuto del verbale va necessariamente
correlato all’intero iter, al procedere, allo
svolgimento della stessa assemblea: il verbale
deve, quindi, anche riportare le verifiche preliminari
nonché la fase centrale dell’adunanza (discussione
e votazione), in quanto il processo di verbalizzazione
inizia con la costituzione dell’assemblea
e termina con la dichiarazione di chiusura della riunione
(detta anche “scioglimento dell’assemblea”).
Il verbale costituisce il resoconto scritto di tutto
quanto è stato fatto e detto in assemblea, e corrisponde,
grosso modo, al verbale dell’udienza del
processo civile di cui agli artt. 126 e 130 c.p.c.
E’ vero che, nel verbale, è sufficiente che sia indicato
il processo formativo della volontà assembleare,
specificando nominativamente i condomini
intervenuti, i millesimi rappresentati, gli argomenti
trattati e le singole decisioni prese, ma è altrettanto
vero che il verbale deve essere una fedele
trasposizione per iscritto di ogni momento, purché
degno di interesse, dell’assemblea condominiale,
nel quale vanno annotate non solo le delibere
adottate dalla maggioranza, ma anche tutti gli
accadimenti che si verificano durante la riunione
e che sono pertinenti con la stessa (ad esempio,
l’indicazione dell’ora di inizio e di fine riunione,
l’annotazione che un partecipante presente si allontana,
l’intervento personale di un condomino in
precedenza rappresentato per delega, ecc.).
Dalla prassi si può enucleare una sorta di decalogo
- il cui rispetto risulta spesso agevolato dall’utilizzo
di moduli prestampati - che stabilisce i requisiti
contenutistici, per così dire, minimi che deve avere
il verbale dell’assemblea condominiale:
- luogo (città, edificio, locale), data dell’assemblea (giorno, mese, anno) ed orario di convocazione;
- specificazione se assemblea tenuta in prima o in seconda convocazione e, in questo secondo caso, riferimento alla data della prima ed alle ragioni che hanno impedito lo svolgimento della stessa;
- menzione della regolarità della convocazione, indicando le modalità di ricevimento dei relativi avvisi, per esempio, per apposito elenco fatto “girare” tra gli abitanti dello stabile, lettera raccomandata, fax, p.e.c. (tali documenti rimarranno agli atti quali prove necessarie della ritualità della stessa);
- elenco nominativo dei soggetti intervenuti in assemblea, con specificazione se di persona o per delega (che, in quanto rilasciata per iscritto, va allegata), e, a fianco, i rispettivi valori millesimali;
- trascrizione dell’ordine del giorno come si ricava dall’avviso di convocazione;
- nomina del presidente e del segretario dell’assemblea;
- dichiarazione, da parte del primo, di validità dell’assemblea, previa verifica della regolarità dei predetti adempimenti preliminari e constatazione del quorum necessario per la costituzione;
- lettura dei singoli punti all’ordine del giorno ed apertura della discussione sugli stessi;
- riassunto di tale discussione, inserendo a verbale, a richiesta dei condomini interessati, le loro dichiarazioni attinenti all’argomento trattato;
- sottoposizione a votazione delle singole proposte decisorie, indicando il metodo seguito per la votazione ed i voti riportati per ciascuna proposta;
- compiuto lo scrutinio, proclamazione del risultato della votazione, con menzione dell’approvazione o meno della proposta messa ai voti (e degli eventuali provvedimenti adottati in conseguenza della stessa), specificando i condomini (e relativi millesimi) favorevoli, contrari, astenuti (in quest’ultimo caso, volontariamente o a seguito di conflitto di interessi);
- registrazione puntuale di eventuali allontanamenti (temporanei o definitivi) di qualche partecipante prima dell’inizio di determinate votazioni;
- annotazione o menzione di eventuali allegati (come dichiarazioni unilaterali, produzione, conteggi, capitolati, preventivi, ecc.), da far parte integrante del verbale, purché vi sia un preciso e perfetto collegamento tra il verbale ed i predetti allegati;
- lettura ai condomini presenti del verbale ad opera del segretario, e sottoscrizione dello stesso anche da parte del presidente (non necessariamente in ciascun foglio di cui è composto);
- dichiarazione di quest’ultimo della fine della riunione e dello scioglimento dell’assemblea, che preclude qualsiasi altra discussione, votazione o decisione.
Una volta conclusi i predetti controlli preliminari,
riguardanti la verifica se i presenti abbiano diritto di
intervenire all’assemblea, quale sia il loro numero e
quanti millesimi rappresentino, una volta verificata
la rituale convocazione (invito a tutti i soggetti legittimati,
informazione preventiva sulle materie da
discutere, osservanza del termine di preavviso), una
volta accertata la regolare costituzione (in prima o
seconda convocazione) dell’assemblea stessa ed una
volta nominato il segretario, si passa al momento,
per così dire, dinamico della riunione, quello che attiene
allo svolgimento dell’assemblea, che registra
come sue fasi imprescindibili quelle della discussione,
della votazione e della decisione.
In quest’ottica, il presidente deve dirigere e condurre,
in modo ordinato e proficuo, la discussione,
cercando di circoscriverla nell’àmbito degli argomenti
posti all’ordine del giorno, ed utilizzando
i suoi poteri di disciplina, non escluso quello di
sospendere temporaneamente la riunione - ad
esempio, al fine di placare gli animi, acquisire
un documento rilevante, ecc. - per sollecitare la
conclusione di interventi dei singoli partecipanti
troppo lunghi o esulanti dall’oggetto della riunione
condominiale (sulla durata dei relativi interventi,
v. Cass. 13 novembre 2009 n. 24132).Tra i compiti principali del presidente dell’assemblea,
pertanto, vi è la direzione dell’adunanza,
attività questa difficile, considerando che, nella
riunione condominiale, spesso si parla troppo, a
sproposito, inutilmente, si dà vita ad interventi
estemporanei, si dà sfogo a rancori personali o a
ripicche, si trae spunto per trattare altri argomenti
anche esulanti l’edificio e la sua convivenza all’interno
di esso; a tal fine, occorre che il presidente
si imponga, con la voce e con l’autorità della carica,
ed eventualmente con l’esperienza acquisita in
precedenti riunioni, altrimenti la discussione non
avviene in modo ordinato e proficuo.
Infine, il presidente deve mettere a verbale, in maniera
succinta, l’esito della discussione e della votazione,
e, al termine dell’assemblea, esaminare il
verbale stesso - redatto dal segretario - e, quindi,
controfirmarlo.
In proposito, il n. 7) del novellato art. 1130 c.c. stabilisce
che, nel registro dei verbali delle assemblee,
siano annotate, altresì, “le eventuali mancate costituzioni
dell’assemblea (e) le deliberazioni nonché
le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne ha
fatto richiesta” (aggiungendo che, allo stesso registro,
va allegato il regolamento di condominio, ovviamente
qualora quest’ultimo sia stato adottato).
Il funzionamento dell’assemblea è, pertanto, principalmente
preordinato allo scopo di produrre delibere
- le quali altro non sono che l’atto con cui i condomini manifestano la loro volontà - ma, al
contempo, l’assemblea stessa consiste in un vero e
proprio procedimento, ossia un susseguirsi preordinato
di determinati atti o dichiarazioni.
Il codice civile non ha prescritto una particolare
forma di tale iter - salvo espresse disposizioni specifiche
contenute nel regolamento condominiale
- ma la prassi ne ha fissato, quasi in modo definitivo,
le caratteristiche: al riguardo, si è soliti distinguere
gli adempimenti relativi allo svolgimento
dell’assemblea in tre momenti, relativi alle formalità,
rispettivamente, preliminari all’adozione della
delibera, necessarie per l’adozione della stessa e
successive all’adozione della decisione.
Tra le formalità preliminari alla discussione ed alla
votazione degli argomenti posti all’ordine del giorno,
non risulta, di regola, la lettura, da parte del
presidente, del verbale della precedente assemblea:
invero, nessuna norma di legge - a meno che non vi
siano prescrizioni ad hoc contenute nel regolamento
di condominio - impone tale incombente su iniziativa
del medesimo presidente o a seguito di richiesta
di qualche condomino, rispondendo questa attività
ad esigenze di mera opportunità, secondo l’oggetto
delle decisioni da adottare, la cui mancata ottemperanza,
quindi, non è idonea, di per sé, a provocare
l’invalidità della delibera presa senza il previo esame
delle anteriori statuizioni e discussioni risultanti dai
relativi verbali, anche se su argomenti connessi a
quelli trattati nella successiva riunione.
In sede di discussione, ogni condomino ha diritto
di esprimere il proprio punto di vista, invocando la
parola al presidente e chiedendo che il suo parere sia
messo a verbale, tuttavia il presidente ha il potere
di riassumere le dichiarazioni di ognuno per evitare
un appesantimento della verbalizzazione ed evitare
eventuali manovre dilatorie ed ostruzionistiche; il
verbale deve essere, infatti, redatto con precisione,
dettato dal presidente e compilato dal segretario:
si deve registrare fedelmente quanto accaduto in
assemblea, ma sovente le esternazioni dei presenti
si rivelano prive di senso o di consistenza, oppure
conferenti ma prolisse, sicché è rimesso all’abilità e
professionalità del presidente il compito di condensarle
in proposte concrete ed in rilievi pertinenti.
Dunque, gli argomenti posti all’ordine del giorno
devono essere discussi e va riportato a verbale, in
maniera sintetica, l’esito di tale discussione (oltre
alla decisione eventualmente adottata).
Al riguardo, non sembrava che sussistesse, in capo
ai singoli partecipanti all’adunanza, il diritto a veder
riprodotta nel verbale ogni loro osservazione, richiesta
o dichiarazione che esulasse dai predetti contenuti,
dovendosi dare conto nel medesimo verbale
soltanto delle operazioni espletate in assemblea, in
forma sintetica, in modo tale da permettere la ricostruzione
dei fatti, delle motivazioni delle decisioni e dei possibili dissensi; attualmente, invece, il registro
delle assemblee, contemplato nell’art. 1130,
n. 6), c.c., stabilisce espressamente che, in tale registro,
sono anche annotate “le brevi dichiarazioni
rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta”.
Va ricordato, in proposito, che, a ciascun partecipante
all’assemblea, deve riconoscersi il diritto di
manifestare la propria volontà non solo mediante
l’espressione conclusiva del voto, con assenso
o dissenso sulla proposta contenuta nell’ordine
del giorno, ma anche mediante l’intervento nella
discussione, al fine di portare a conoscenza degli
altri partecipanti le ragioni del proprio voto (perché,
ad esempio, rifiuta una data proposta, approva
quel rendiconto, è favorevole alla nomina di
quell’amministratore, e via dicendo).
La votazione, infatti, costituisce il momento essenziale
dell’adunanza, finalizzata alla formazione
della volontà condominiale sulle singole questioni
all’ordine del giorno, tuttavia, l’assemblea dei
condomini non esaurisce la sua funzione nell’espressione
del voto, perché i partecipanti non
sono assoggettati ad un sistema, per così dire,
bloccato, che consenta di manifestare soltanto il
parere favorevole o sfavorevole sui punti da decidere,
ma fanno parte di un collegio, nel quale la
discussione, o almeno la possibilità di dibattito
delle questioni, si pone come primaria. D’altronde,
la delibera dell’assemblea rappresenta un atto
collettivo - cioè il risultato del concorso di più
volontà, espresso da ciascuno dei partecipanti e
la cui somma rappresenta la maggioranza (semplice
o qualificata a seconda delle materie che ne
costituiscono l’oggetto) delle quote di comproprietà
rispetto al totale - conclusivo di un procedimento di formazione svolto con l’osservanza
di alcune regole fissate dalla legge ed insite nella
natura stessa dell’atto.
Una di queste regole, non previste espressamente
dalla legge, ma derivante da un principio generale
secondo cui la volontà di ciascun partecipante
confluente nell’atto collettivo deve essere liberamente
manifestata, è che tale libera manifestazione
deve essere possibile non solo nell’espressione
conclusiva, ma anche nelle premesse del voto; ne
consegue che il presidente non può mai impedire
ai condomini di esprimere, nel corso del dibattito,
la loro opinione su argomenti indicati nell’avviso di
convocazione (v. Cass. 23 febbraio 1999 n. 1510),
in quanto il condomino ha il diritto di rendere noto
agli altri partecipanti le ragioni per cui ritiene di
approvare o di rifiutare la proposta di delibera contenuta
all’ordine del giorno.
In quest’ordine di concetti, il verbale deve permettere
di capire “come sono andate le cose”, ossia
chi ha votato e in che modo si è raggiunta la maggioranza,
sicché evidentemente la mancata indicazione
in esso delle mere “delucidazioni” fornite
dall’amministratore ai condomini, circa una questione
inerente la gestione delle parti comuni, costituisce
una circostanza irrilevante, risolvendosi il
suo resoconto in un formalismo fine a se stesso e
non inficiante la validità della delibera adottata.
D’altronde, se il chiarimento non è stato oggetto di
una statuizione dell’organo assembleare, non deve
essere riportato alcunché nel verbale, dovendo
quest’ultimo documento rappresentare la “sostanza”
delle decisioni, come sintesi degli avvenimenti
effettivamente salienti pur nel rispetto dei requisiti
minimi sopra delineati.
di Alberto Celeste
Sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione
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