martedì 31 gennaio 2017

COSA NON DEVE CONTENERE IL VERBALE DELL'ASSEMBLEA

Il verbale è la narrazione dei fatti nei quali si concreta “la storicità di un’azione”: esso deve attestare quanto avviene in assemblea, ma non incide sulla validità del verbale la mancata indicazione, in esso, di circostanze la cui ricognizione non ha proceduto l’assemblea stessa, nel corso dei suoi lavori.

“Scusa Ameri, scusa Ameri”: questo intercalare, che presagiva la realizzazione di un goal o il fischio di un calcio di rigore, richiama ancora l’indimenticata trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto”, in virtù della quale le partite di pallone si … immaginavano in tempo reale e live, tanto era fedele il resoconto degli eventi sportivi narrati; eravamo molto lontani dalle odierne trasmissioni televisive che, ad ogni ora della settimana, propinano in diretta i più svariati matches del campionato italiano, laddove allora l’unica visione riguardava il secondo tempo della partita clou della giornata, per giunta in differita, la domenica pomeriggio.
Evidentemente questo desiderio di “radiocronaca” (completa ed analitica) di quanto avvenuto nell’assemblea ha spinto un condomino, alquanto pignolo, ad impugnare con ricorso ex art. 1137 c.c. una delibera, evidenziando la “incompleta e carente verbalizzazione” della discussione avvenuta sulle questioni poste all’ordine del giorno: nello specifico, si lamentava - per quel che interessa in questa sede - che, nel relativo verbale, non fosse stata rispettata la regola di “documento ufficiale” che comprovava lo svolgimento di tutte le attività prescritte, essendo in particolare mancata la redazione formale in ordine alle “delucidazioni fornite dall’amministrazione alle richieste dei condomini”.
Affrontando tale fattispecie, con una recente decisione (v. sent. n. 20786 del 14 ottobre 2015), la Corte di Cassazione ha avuto modo di delineare i requisiti contenutistici del verbale della riunione di condominio, il quale deve sì rappresentare una “fotografia” (istantanea e completa) di quanto avviene in assemblea in modo che si possa trovare traccia di tutto ciò in essa compiuto, ma, al contempo, non deve consistere in un rapporto (dettagliato e pedante) dell’andamento della medesima adunanza, con annotazioni ultronee e fuori luogo. Nel caso concreto, entrambi i giudici di merito avevano dato torto al ricorrente, il quale - evidentemente non pago - era ricorso per cassazione, ma la censura del condomino non ha trovato ingresso in sede di legittimità.
Invero, si è affermato che il metodo collegiale raffigura un procedimento che si sviluppa attraverso fasi distinte, configurate dallo svolgimento di diverse attività - la comunicazione dell’avviso di convocazione con l’ordine del giorno, la costituzione, la discussione, la votazione, la verbalizzazione - tutte necessarie ai fini della validità dell’atto finale consistente nella delibera.
Riguardando la formazione della c.d. volontà unitaria ascritta a più persone, a garanzia della sua corretta formazione nei confronti di tutti i partecipanti, compresi coloro i quali sono rimasti in minoranza (dissenzienti o astenuti) o che non sono intervenuti all’assemblea (assenti), la validità dell’atto finale esige la puntuale esecuzione di tutte le diverse fasi contemplate dal procedimento collegiale.
La redazione del verbale costituisce una delle prescrizioni di forma, che devono essere osservate e che si pone sullo stesso piano delle altre formalità - sopra ricordate - richieste dal procedimento, e la cui inosservanza importa le medesime conseguenze, ossia l’impugnabilità della delibera, in quanto presa non in conformità alla legge (art. 1137 c.c.). La redazione del verbale raffigura, dunque, un momento necessario dello svolgimento del procedimento collegiale, perché il verbale costituisce il documento che ufficialmente dimostra Io svolgimento delle attività prescritte: infatti, dalla verbalizzazione risulta se l’assemblea sia stata ritualmente convocata, cioè se tutti i condomini siano stati avvisati; se a tutti i partecipanti sia stato comunicato l’ordine del giorno; se la costituzione sia stata considerata regolare, per la presenza delle maggioranze personali e reali prescritte; se vi sia stata discussione e, infine, se la proposta posta ai voti sia stata approvata o respinta e con quali maggioranze (v., tra le altre, Cass. 22 maggio 1999 n. 5014).
In altri termini, il verbale è la narrazione dei fatti nei quali si concreta “la storicità di un’azione”: esso deve attestare quanto avviene in assemblea, ma non incide sulla validità del verbale la mancata indicazione, in esso, di circostanze la cui ricognizione non ha proceduto l’assemblea stessa, nel corso dei suoi lavori, giacché questa incompletezza non diminuisce la possibilità di controllo aliunde della regolarità del procedimento e delle delibere assunte (v., di recente, Cass. 31 marzo 2015 n. 6552).
Ad esempio, si è chiarito - ad opera di Cass. 10 agosto 2009 n. 18192 - che non è annullabile la delibera il cui verbale, ancorché non riporti l’indicazione nominativa dei condomini che hanno votato a favore, tuttavia contenga, tra l’altro, l’elenco di tutti i condomini presenti, personalmente o per delega, con i relativi millesimi, e nel contempo rechi l’indicazione, nominativa, dei condomini che si sono astenuti e che hanno votato contro e del valore complessivo delle rispettive quote millesimali, perché tali dati consentono di stabilire con sicurezza, per differenza, quanti e quali condomini hanno espresso voto favorevole, nonché di verificare che la delibera assunta abbia superato il quorum di cui all’art. 1136 c.c.
Orbene, le deduzioni del condomino impugnante - ad avviso dei giudici di Piazza Cavour - non risultavano idonee a superare l’accertamento svolto dalla corte territoriale circa la correttezza della verbalizzazione, giacchè l’assunto del ricorrente si arrestava sul “piano meramente formale e descrittivo”, rilevando che la mancata verbalizzazione delle delucidazioni richieste dai condomini e fornite dall’amministratore avrebbe determinato l’invalidità del verbale, ma omettendo di dedurre il perchè l’invalidità (della verbalizzazione) avrebbe interessato non solo il verbale ma anche la delibera assunta in assemblea.
Non pare dubitabile - concludono gli ermellini, perché un simile accertamento è stato svolto da entrambi i giudici di merito - che i chiarimenti non avevano formato oggetto di contestazione; se cosi è, allora, appare evidente come non si era in alcun modo errato nel ritenere il verbale regolarmente redatto, atteso che nessuna disposizione sancisce che il verbale debba contenere “una rigorosa sequela temporale e sostanziale”, in ragione della necessaria semplicità e snellezza della gestione dell’amministrazione del condominio, che tollera, senza concreti pregiudizi per la collettività condominiale, la possibilità di regolarizzare eventuali omissioni nell’approvazione dei rendiconti (v., in proposito, Cass. 19 settembre 2014 n. 19799).
A ben vedere, il codice civile detta solo una concisa norma relativamente al verbale dell’assemblea condominiale: l’ultimo comma dell’art. 1136 c.c. stabilisce soltanto che “delle riunioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall’amministratore”.
Le modifiche introdotte sul punto dalla legge n. 220/2012 riguardano, direttamente, l’oggetto della verbalizzazione, che prima faceva riferimento alle sole “deliberazioni”, facendo intendere che la stessa verbalizzazione sia imposta anche qualora l’assemblea vada deserta e non si adotti alcuna valida decisione, e, indirettamente, lo stesso “registro dei verbali delle assemblee” - rientrante tra le attribuzioni dell’amministratore, come delineate in maniera particolareggiata dal novellato art. 1130, n. 7), c.c. - in cui devono, altresì, essere annotate anche “le eventuali mancate costituzioni … nonché le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta”.
Comunque, il contenuto del verbale va necessariamente correlato all’intero iter, al procedere, allo svolgimento della stessa assemblea: il verbale deve, quindi, anche riportare le verifiche preliminari nonché la fase centrale dell’adunanza (discussione e votazione), in quanto il processo di verbalizzazione inizia con la costituzione dell’assemblea e termina con la dichiarazione di chiusura della riunione (detta anche “scioglimento dell’assemblea”). Il verbale costituisce il resoconto scritto di tutto quanto è stato fatto e detto in assemblea, e corrisponde, grosso modo, al verbale dell’udienza del processo civile di cui agli artt. 126 e 130 c.p.c.
E’ vero che, nel verbale, è sufficiente che sia indicato il processo formativo della volontà assembleare, specificando nominativamente i condomini intervenuti, i millesimi rappresentati, gli argomenti trattati e le singole decisioni prese, ma è altrettanto vero che il verbale deve essere una fedele trasposizione per iscritto di ogni momento, purché degno di interesse, dell’assemblea condominiale, nel quale vanno annotate non solo le delibere adottate dalla maggioranza, ma anche tutti gli accadimenti che si verificano durante la riunione e che sono pertinenti con la stessa (ad esempio, l’indicazione dell’ora di inizio e di fine riunione, l’annotazione che un partecipante presente si allontana, l’intervento personale di un condomino in precedenza rappresentato per delega, ecc.).
Dalla prassi si può enucleare una sorta di decalogo - il cui rispetto risulta spesso agevolato dall’utilizzo di moduli prestampati - che stabilisce i requisiti contenutistici, per così dire, minimi che deve avere il verbale dell’assemblea condominiale:
  1. luogo (città, edificio, locale), data dell’assemblea (giorno, mese, anno) ed orario di convocazione;
  2. specificazione se assemblea tenuta in prima o in seconda convocazione e, in questo secondo caso, riferimento alla data della prima ed alle ragioni che hanno impedito lo svolgimento della stessa;
  3. menzione della regolarità della convocazione, indicando le modalità di ricevimento dei relativi avvisi, per esempio, per apposito elenco fatto “girare” tra gli abitanti dello stabile, lettera raccomandata, fax, p.e.c. (tali documenti rimarranno agli atti quali prove necessarie della ritualità della stessa);
  4. elenco nominativo dei soggetti intervenuti in assemblea, con specificazione se di persona o per delega (che, in quanto rilasciata per iscritto, va allegata), e, a fianco, i rispettivi valori millesimali;
  5. trascrizione dell’ordine del giorno come si ricava dall’avviso di convocazione;
  6. nomina del presidente e del segretario dell’assemblea;
  7. dichiarazione, da parte del primo, di validità dell’assemblea, previa verifica della regolarità dei predetti adempimenti preliminari e constatazione del quorum necessario per la costituzione;
  8. lettura dei singoli punti all’ordine del giorno ed apertura della discussione sugli stessi;
  9. riassunto di tale discussione, inserendo a verbale, a richiesta dei condomini interessati, le loro dichiarazioni attinenti all’argomento trattato;
  10. sottoposizione a votazione delle singole proposte decisorie, indicando il metodo seguito per la votazione ed i voti riportati per ciascuna proposta;
  11. compiuto lo scrutinio, proclamazione del risultato della votazione, con menzione dell’approvazione o meno della proposta messa ai voti (e degli eventuali provvedimenti adottati in conseguenza della stessa), specificando i condomini (e relativi millesimi) favorevoli, contrari, astenuti (in quest’ultimo caso, volontariamente o a seguito di conflitto di interessi);
  12. registrazione puntuale di eventuali allontanamenti (temporanei o definitivi) di qualche partecipante prima dell’inizio di determinate votazioni;
  13. annotazione o menzione di eventuali allegati (come dichiarazioni unilaterali, produzione, conteggi, capitolati, preventivi, ecc.), da far parte integrante del verbale, purché vi sia un preciso e perfetto collegamento tra il verbale ed i predetti allegati;
  14. lettura ai condomini presenti del verbale ad opera del segretario, e sottoscrizione dello stesso anche da parte del presidente (non necessariamente in ciascun foglio di cui è composto);
  15. dichiarazione di quest’ultimo della fine della riunione e dello scioglimento dell’assemblea, che preclude qualsiasi altra discussione, votazione o decisione.
Dunque, in via preliminare, spetta al presidente - sulla base dei documenti che l’amministratore ha messo a disposizione dei condomini o dello stesso presidente - acclarare: 1) se i presenti sono legittimati ad intervenire, rimanendo, invece, preclusa ogni indagine relativa alla validità dei titoli, in quanto l’aggiornamento della c.d. anagrafe condominiale è compito dell’amministratore (v., attualmente, l’art. 1130, n. 6, c.c.), 2) se i partecipanti hanno diritto di voto (allontanando eventuali terzi estranei alla compagine condominiale o esortando all’astensione quei condomini che si trovano in una situazione di conflitto di interessi,e 3) se vi sia il prescritto requisito (numerico e millesimale) per deliberare.
Una volta conclusi i predetti controlli preliminari, riguardanti la verifica se i presenti abbiano diritto di intervenire all’assemblea, quale sia il loro numero e quanti millesimi rappresentino, una volta verificata la rituale convocazione (invito a tutti i soggetti legittimati, informazione preventiva sulle materie da discutere, osservanza del termine di preavviso), una volta accertata la regolare costituzione (in prima o seconda convocazione) dell’assemblea stessa ed una volta nominato il segretario, si passa al momento, per così dire, dinamico della riunione, quello che attiene allo svolgimento dell’assemblea, che registra come sue fasi imprescindibili quelle della discussione, della votazione e della decisione.
In quest’ottica, il presidente deve dirigere e condurre, in modo ordinato e proficuo, la discussione, cercando di circoscriverla nell’àmbito degli argomenti posti all’ordine del giorno, ed utilizzando i suoi poteri di disciplina, non escluso quello di sospendere temporaneamente la riunione - ad esempio, al fine di placare gli animi, acquisire un documento rilevante, ecc. - per sollecitare la conclusione di interventi dei singoli partecipanti troppo lunghi o esulanti dall’oggetto della riunione condominiale (sulla durata dei relativi interventi, v. Cass. 13 novembre 2009 n. 24132).Tra i compiti principali del presidente dell’assemblea, pertanto, vi è la direzione dell’adunanza, attività questa difficile, considerando che, nella riunione condominiale, spesso si parla troppo, a sproposito, inutilmente, si dà vita ad interventi estemporanei, si dà sfogo a rancori personali o a ripicche, si trae spunto per trattare altri argomenti anche esulanti l’edificio e la sua convivenza all’interno di esso; a tal fine, occorre che il presidente si imponga, con la voce e con l’autorità della carica, ed eventualmente con l’esperienza acquisita in precedenti riunioni, altrimenti la discussione non avviene in modo ordinato e proficuo.
Infine, il presidente deve mettere a verbale, in maniera succinta, l’esito della discussione e della votazione, e, al termine dell’assemblea, esaminare il verbale stesso - redatto dal segretario - e, quindi, controfirmarlo.
In proposito, il n. 7) del novellato art. 1130 c.c. stabilisce che, nel registro dei verbali delle assemblee, siano annotate, altresì, “le eventuali mancate costituzioni dell’assemblea (e) le deliberazioni nonché le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne ha fatto richiesta” (aggiungendo che, allo stesso registro, va allegato il regolamento di condominio, ovviamente qualora quest’ultimo sia stato adottato).
Il funzionamento dell’assemblea è, pertanto, principalmente preordinato allo scopo di produrre delibere - le quali altro non sono che l’atto con cui i condomini manifestano la loro volontà - ma, al contempo, l’assemblea stessa consiste in un vero e proprio procedimento, ossia un susseguirsi preordinato di determinati atti o dichiarazioni.
Il codice civile non ha prescritto una particolare forma di tale iter - salvo espresse disposizioni specifiche contenute nel regolamento condominiale - ma la prassi ne ha fissato, quasi in modo definitivo, le caratteristiche: al riguardo, si è soliti distinguere gli adempimenti relativi allo svolgimento dell’assemblea in tre momenti, relativi alle formalità, rispettivamente, preliminari all’adozione della delibera, necessarie per l’adozione della stessa e successive all’adozione della decisione.
Tra le formalità preliminari alla discussione ed alla votazione degli argomenti posti all’ordine del giorno, non risulta, di regola, la lettura, da parte del presidente, del verbale della precedente assemblea: invero, nessuna norma di legge - a meno che non vi siano prescrizioni ad hoc contenute nel regolamento di condominio - impone tale incombente su iniziativa del medesimo presidente o a seguito di richiesta di qualche condomino, rispondendo questa attività ad esigenze di mera opportunità, secondo l’oggetto delle decisioni da adottare, la cui mancata ottemperanza, quindi, non è idonea, di per sé, a provocare l’invalidità della delibera presa senza il previo esame delle anteriori statuizioni e discussioni risultanti dai relativi verbali, anche se su argomenti connessi a quelli trattati nella successiva riunione.
In sede di discussione, ogni condomino ha diritto di esprimere il proprio punto di vista, invocando la parola al presidente e chiedendo che il suo parere sia messo a verbale, tuttavia il presidente ha il potere di riassumere le dichiarazioni di ognuno per evitare un appesantimento della verbalizzazione ed evitare eventuali manovre dilatorie ed ostruzionistiche; il verbale deve essere, infatti, redatto con precisione, dettato dal presidente e compilato dal segretario: si deve registrare fedelmente quanto accaduto in assemblea, ma sovente le esternazioni dei presenti si rivelano prive di senso o di consistenza, oppure conferenti ma prolisse, sicché è rimesso all’abilità e professionalità del presidente il compito di condensarle in proposte concrete ed in rilievi pertinenti.
Dunque, gli argomenti posti all’ordine del giorno devono essere discussi e va riportato a verbale, in maniera sintetica, l’esito di tale discussione (oltre alla decisione eventualmente adottata).
Al riguardo, non sembrava che sussistesse, in capo ai singoli partecipanti all’adunanza, il diritto a veder riprodotta nel verbale ogni loro osservazione, richiesta o dichiarazione che esulasse dai predetti contenuti, dovendosi dare conto nel medesimo verbale soltanto delle operazioni espletate in assemblea, in forma sintetica, in modo tale da permettere la ricostruzione dei fatti, delle motivazioni delle decisioni e dei possibili dissensi; attualmente, invece, il registro delle assemblee, contemplato nell’art. 1130, n. 6), c.c., stabilisce espressamente che, in tale registro, sono anche annotate “le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta”. Va ricordato, in proposito, che, a ciascun partecipante all’assemblea, deve riconoscersi il diritto di manifestare la propria volontà non solo mediante l’espressione conclusiva del voto, con assenso o dissenso sulla proposta contenuta nell’ordine del giorno, ma anche mediante l’intervento nella discussione, al fine di portare a conoscenza degli altri partecipanti le ragioni del proprio voto (perché, ad esempio, rifiuta una data proposta, approva quel rendiconto, è favorevole alla nomina di quell’amministratore, e via dicendo).
La votazione, infatti, costituisce il momento essenziale dell’adunanza, finalizzata alla formazione della volontà condominiale sulle singole questioni all’ordine del giorno, tuttavia, l’assemblea dei condomini non esaurisce la sua funzione nell’espressione del voto, perché i partecipanti non sono assoggettati ad un sistema, per così dire, bloccato, che consenta di manifestare soltanto il parere favorevole o sfavorevole sui punti da decidere, ma fanno parte di un collegio, nel quale la discussione, o almeno la possibilità di dibattito delle questioni, si pone come primaria. D’altronde, la delibera dell’assemblea rappresenta un atto collettivo - cioè il risultato del concorso di più volontà, espresso da ciascuno dei partecipanti e la cui somma rappresenta la maggioranza (semplice o qualificata a seconda delle materie che ne costituiscono l’oggetto) delle quote di comproprietà rispetto al totale - conclusivo di un procedimento di formazione svolto con l’osservanza di alcune regole fissate dalla legge ed insite nella natura stessa dell’atto.
Una di queste regole, non previste espressamente dalla legge, ma derivante da un principio generale secondo cui la volontà di ciascun partecipante confluente nell’atto collettivo deve essere liberamente manifestata, è che tale libera manifestazione deve essere possibile non solo nell’espressione conclusiva, ma anche nelle premesse del voto; ne consegue che il presidente non può mai impedire ai condomini di esprimere, nel corso del dibattito, la loro opinione su argomenti indicati nell’avviso di convocazione (v. Cass. 23 febbraio 1999 n. 1510), in quanto il condomino ha il diritto di rendere noto agli altri partecipanti le ragioni per cui ritiene di approvare o di rifiutare la proposta di delibera contenuta all’ordine del giorno.
In quest’ordine di concetti, il verbale deve permettere di capire “come sono andate le cose”, ossia chi ha votato e in che modo si è raggiunta la maggioranza, sicché evidentemente la mancata indicazione in esso delle mere “delucidazioni” fornite dall’amministratore ai condomini, circa una questione inerente la gestione delle parti comuni, costituisce una circostanza irrilevante, risolvendosi il suo resoconto in un formalismo fine a se stesso e non inficiante la validità della delibera adottata.
D’altronde, se il chiarimento non è stato oggetto di una statuizione dell’organo assembleare, non deve essere riportato alcunché nel verbale, dovendo quest’ultimo documento rappresentare la “sostanza” delle decisioni, come sintesi degli avvenimenti effettivamente salienti pur nel rispetto dei requisiti minimi sopra delineati.

di Alberto Celeste
Sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione

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