martedì 21 febbraio 2017

CASSAZIONE 13 APRILE 2001, N. 15759: RESPONSABILITA' DEI CONDOMINI IN CASO DI INERZIA ASSEMBLEARE




CASSAZIONE 13 APRILE 2001, N. 15759

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:  
Dott.  Mario  SOSSI  - Presidente                          
Dott.  Camillo  LOSANA  - Consigliere                      
Dott. Severo CHIEFFI - Consigliere                                
Dott. Piero  MOCALI - Consigliere                                
Dott. Emilio GIRONI - Consigliere                                

ha pronunciato la seguente 
                                         
SENTENZA

sul ricorso proposto da:                                             
DE M. E.;                                   
avverso la sentenza del Pretore di Catania, in data 19.5.1999;       
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Piero MOCALI        
letta la requisitoria del P.G. che ha  concluso  per  l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata  con  trasmissione  degli  atti all'autorità amministrativa;                                                               

FATTO

OSSERVA
Colla sentenza di cui in epigrafe il Pretore dichiarava il De M. colpevole di contravvenzione all'art. 677 c. 1 e 3 c.p., condannandolo alla pena di L. 600.000 di ammenda.
Rilevava il Pretore che al De M. come a tutti gli altri condomini dello stabile interessato, era stato imposto di provvedere, a seguito della caduta di calcinacci, all'accertamento dell'idoneità statica dell'edificio e all'effettuazione dei necessari lavori di consolidamento. Di avervi adempiuto non aveva dato prova il De M., la cui responsabilità, non poteva essere esclusa dalla presenza di un amministratore condominiale; e fermo restando che la pericolosità dell'edificio per la pubblica incolumità si era protratta nel tempo ancorché eliminata dopo apprezzabile intervallo.
Avverso tale pronuncia ricorreva per cassazione il De M. che denunciava:
- col primo motivo di ricorso, violazione di legge e vizio della motivazione. Tutti i condomini si erano subito adoperati per eliminare i riscontrati pericoli dando incarico all'amministratore, che quindi doveva ritenersi il responsabile, non avendo deciso alcunché in concreto l'assemblea condominiale;
- col secondo motivo, violazione di legge. Dall'appartamento del ricorrente non derivava alcuna situazione pericolosa e quindi nessun obbligo di provvedere individualmente;
- col terzo motivo, violazione di legge. L'ingiunzione del sindaco avvertiva che, in caso di omesso intervento, l'autorità comunale si sarebbe sostituita nell'esecuzione dei lavori ai condomini; era maturata, conseguentemente, nel ricorrente la convinzione che, anche in caso di inottemperanza all'ingiunzione, non sarebbe sorta responsabilità penale.
Era dunque chiesta l'applicazione dell'art. 129 c.p.p., con annullamento della decisione impugnata.
Rileva preliminarmente la Corte che, al contrario di quanto affermato dal P.G. nella sua requisitoria scritta, il fatto addebitato al De M. - coinvolgendo il c. 3 dell'art. 677 c.p. - non è stato depenalizzato, come invece accaduto per le ipotesi contemplate nei primi due commi della norma citata.
Ciò premesso, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Per quanto concerne i primi due motivi, va osservato - da una parte - che ammettendo lo stesso ricorrente che l'amministratore condominiale, non potè procedere alla esecuzione dei lavori necessari per la mancata formazione della volontà assembleare sul punto, sul medesimo non può scaricarsi la responsabilità penale, come invece sarebbe accaduto nel caso contrario; e - dall'altra parte - che quando, come nella specie, il pericolo deriva da parti comuni dell'edificio stesso (qui si trattava di distacco di calcinacci dalla facciata) l'obbligo giuridico del (com) proprietario di rimuovere la situazione pericolosa sussiste, indipendentemente dall'attribuibilità all'obbligato dell'origine della lamentata situazione (cfr. Sez. I, 3.10.1996, n. 1000).
Quanto al terzo motivo, il minacciato intervento sostitutivo della pubblica amministrazione, in caso di inottemperanza da parte dei privati, è finalizzato solo alla tutela della pubblica incolumità, non rimuove l'obbligo penalmente sanzionato dei soggetti privati tenuti ad intervenire in linea primaria e, quindi, non elide la responsabilità dei medesimi.
Alla dichiarata inammissibilità del ricorso, seguono le ulteriori statuizioni indicate nel dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre al versamento della somma di L. 1.000.000 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2001.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 13 APR. 2001

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