martedì 16 maggio 2017

Ritorna il mandato a redigere il regolamento di condominio?

Un condomino chiede che venga accertato che la sistemazione di alcune fioriere sul parapetto del terrazzo di un appartamento confinante è occlusivo della vista mare esercitabile dal suo appartamento, in violazione del regolamento condominiale.
Il convenuto eccepisce che il regolamento non può essere considerato contrattuale in quanto predisposto successivamente all’acquisto da parte sua della qualità di condomino.
I giudici di merito accolgono la domanda, ritenendo il regolamento opponibile al convenuto perchè predisposto dall’originario costruttore su suo specifico incarico affidatogli con il contratto di acquisto, in base ad una clausola del seguente tenore “la parte acquirente rilascia alla società venditrice procura speciale affinchè la stessa in nome e per conto di essa parte rappresentata, oltre che in nome proprio, provveda:
ad effettuare presso un notaio in modo che possa operarsi anche la relativa trascrizione il deposito del Regolamento di Condominio in corso di predisposizione a cure e spese della società venditrice, regolamento di condominio in cui sono precisate:
.... le limitazioni imposte alle destinazioni delle porzioni immobiliari di proprietà individuali ....”.
La S.C. (sent. 14 novembre 2016, n. 23128) ha rigettato il ricorso ritenendo che nella specie non ricorreva un’ipotesi di regolamento che avrebbe dovuto essere approvato dall’assemblea condominiale o l’affidamento di un mandato alla società venditrice di predisporre il regolamento condominiale ma, semplicemente, l’attribuzione da parte dell’acquirente di un incarico alla società venditrice di predisporre il regolamento in nome e per conto proprio delimitando le materie sulle quali sarebbe dovuto intervenire. E, il divieto di formare fioriere mobili rientrava nella materia affidata al regolamento che sarebbe stato predisposto dal costruttore sotto il profilo che lo stesso avrebbe potuto prevedere “limitazioni imposte alle destinazioni delle porzioni immobiliari di proprietà immobiliari”.
Nella specie la S.C., pur non menzionando espressamente l’art. 1395 c.c., la S.C. sembra avere ritenuto che l’acquirente aveva conferito la venditore il potere di concludere un contratto con se stesso, sotto forma di regolamento che contenesse una disciplina pattizia delle limitazioni alla destinazione delle proprietà esclusive.
Su tale premesse il problema costituito dal fatto che il contratto con se stesso in tanto è valido in quanto il rappresentato abbia autorizzato espressamente il rappresentante alla sua conclusione oppure il suo contenuto sia determinato in modo da escludere la possibilità di un conflitto di interesse era superabile.
L’autorizzazione era in re ipsa dal momento che il regolamento contrattuale era destinato a disciplinare i rapporti relativi alla gestione del condominio tra venditore ed acquirente.
Ugualmente il conflitto di interessi era da escludere in re ipsa, in quanto le limitazioni al godimenti delle proprietà esclusive eventualmente inserite nel regolamento sarebbero state vincolanti per tutti i condomini (ivi compreso il venditore-mandatario).
Nella specie, però, il problema andava affrontato non sotto il profilo della validità del contratto con se stesso, ma sotto il profilo della validità del mandato a concludere tale contratto, per la indeterminatezza del suo oggetto, individuato nel generico conferimento al mandatario del potere di inserire nel contratto “limitazioni alle destinazioni di porzioni immobiliari di proprietà..”.
Tale conclusione sarebbe stata coerente con l’orientamento costante della S.C. secondo il quale l’impegno, assunto dall’acquirente di un’unità immobiliare di un fabbricato, di rispettare il regolamento di condominio da predisporsi dal costruttore, non può valere come approvazione di un regolamento allo stato inesistente, perché è solo il concreto richiamo del singolo atto di acquisto ad un determinato regolamento che consente di considerare quest’ultimo come facente parte, “per relationem”, di tale atto (Cass. 20 marzo 2015 n. 5657; Cass. 16 febbraio 2005 n. 3104; Cass. 6 agosto 1999 n. 8486; Cass. 16 giugno 1992 n. 7359).

di Roberto Triola
già Presidente della Seconda Sezione Civile della Cassazione

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