Un condomino chiede che venga accertato che la sistemazione di alcune fioriere sul parapetto del terrazzo di un appartamento confinante è occlusivo della vista mare esercitabile dal suo appartamento, in violazione del regolamento condominiale.
Il convenuto eccepisce che il regolamento non può essere considerato contrattuale in quanto predisposto successivamente all’acquisto da parte sua della qualità di condomino.
I giudici di merito accolgono la
domanda, ritenendo il regolamento opponibile al
convenuto perchè predisposto dall’originario costruttore
su suo specifico incarico affidatogli con
il contratto di acquisto, in base ad una clausola
del seguente tenore “la parte acquirente rilascia
alla società venditrice procura speciale affinchè
la stessa in nome e per conto di essa parte rappresentata,
oltre che in nome proprio, provveda:
ad effettuare presso un notaio in modo che possa
operarsi anche la relativa trascrizione il deposito
del Regolamento di Condominio in corso di predisposizione
a cure e spese della società venditrice,
regolamento di condominio in cui sono precisate:
.... le limitazioni imposte alle destinazioni delle
porzioni immobiliari di proprietà individuali ....”.
La S.C. (sent. 14 novembre 2016, n. 23128) ha
rigettato il ricorso ritenendo che nella specie non
ricorreva un’ipotesi di regolamento che avrebbe
dovuto essere approvato dall’assemblea condominiale
o l’affidamento di un mandato alla società
venditrice di predisporre il regolamento condominiale
ma, semplicemente, l’attribuzione da parte
dell’acquirente di un incarico alla società venditrice
di predisporre il regolamento in nome e per
conto proprio delimitando le materie sulle quali
sarebbe dovuto intervenire. E, il divieto di formare
fioriere mobili rientrava nella materia affidata al regolamento che sarebbe stato predisposto dal
costruttore sotto il profilo che lo stesso avrebbe
potuto prevedere “limitazioni imposte alle destinazioni
delle porzioni immobiliari di proprietà
immobiliari”.
Nella specie la S.C., pur non menzionando espressamente
l’art. 1395 c.c., la S.C. sembra avere ritenuto
che l’acquirente aveva conferito la venditore
il potere di concludere un contratto con se stesso,
sotto forma di regolamento che contenesse una
disciplina pattizia delle limitazioni alla destinazione
delle proprietà esclusive.
Su tale premesse il problema costituito dal fatto
che il contratto con se stesso in tanto è valido in
quanto il rappresentato abbia autorizzato espressamente
il rappresentante alla sua conclusione
oppure il suo contenuto sia determinato in modo
da escludere la possibilità di un conflitto di interesse
era superabile.
L’autorizzazione era in re ipsa dal momento che il
regolamento contrattuale era destinato a disciplinare
i rapporti relativi alla gestione del condominio
tra venditore ed acquirente.
Ugualmente il conflitto di interessi era da escludere
in re ipsa, in quanto le limitazioni al godimenti
delle proprietà esclusive eventualmente inserite
nel regolamento sarebbero state vincolanti
per tutti i condomini (ivi compreso il venditore-mandatario).
Nella specie, però, il problema andava affrontato
non sotto il profilo della validità del contratto
con se stesso, ma sotto il profilo della validità
del mandato a concludere tale contratto, per la
indeterminatezza del suo oggetto, individuato nel
generico conferimento al mandatario del potere
di inserire nel contratto “limitazioni alle destinazioni
di porzioni immobiliari di proprietà..”.
Tale conclusione sarebbe stata coerente con l’orientamento
costante della S.C. secondo il quale l’impegno,
assunto dall’acquirente di un’unità immobiliare
di un fabbricato, di rispettare il regolamento di
condominio da predisporsi dal costruttore, non può
valere come approvazione di un regolamento allo
stato inesistente, perché è solo il concreto richiamo
del singolo atto di acquisto ad un determinato regolamento
che consente di considerare quest’ultimo
come facente parte, “per relationem”, di tale atto
(Cass. 20 marzo 2015 n. 5657; Cass. 16 febbraio
2005 n. 3104; Cass. 6 agosto 1999 n. 8486; Cass. 16
giugno 1992 n. 7359).
di Roberto Triola
già Presidente della Seconda Sezione Civile della Cassazione
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