A seguito della entrata in vigore della legge 220/2912 la S.C. non ha avuto occasione di affrontare il problema della natura delle opere di adeguamento degli impianti alla normativa sopravvenuta e dei conseguenti poteri-doveri dell’amministratore di condominio.
Il problema, pertanto, si presenta immutato.
La prima questione di carattere generale da affrontare riguarda la natura delle opere di adeguamento delle parti comuni alla legislazione vigente.
In teoria si possono formulare tre ipotesi: a)innovazioni;
b) opere di manutenzione straordinaria;
c) opere di manutenzione ordinaria.
E’ principio pacifico che non può qualificarsi innovazione
la realizzazione di opere che rendano gli
impianti conformi alla normativa per esse dettata,
non eccedendo i limiti della conservazione e
del godimento della cosa comune ed in ogni caso
non alterandone la destinazione originaria.
Il problema si è presentato con riferimento all’impianto
di riscaldamento (Cass. 22 aprile 1992 n.
4802; Cass. 20 agosto 1986 n. 5101).
Secondo una decisione (Trib. Napoli 20 aprile
1970, in Riv. giur. edilizia 1971, I, 84) la trasformazione
dell’impianto di riscaldamento per
adeguarlo a prescrizioni legislative non può considerarsi
innovazione, in quanto con tale termine
si intendono tutte quelle modifiche della cosa
comune che ne importano una alterazione della
struttura sostanziale o una mutazione della recedente
destinazione.
Commentando tale decisione si è osservato (BRANCA,
Trasformazione dell’impianto di riscaldamento
e manutenzione straordinaria, in Dir. giur. 1970,
422) che se in astratto le opere di trasformazione
dell’impianto di riscaldamento rientrano nelle
innovazioni, nel caso in cui esse siano prescritte
dal legislatore rientrano nella manutenzione ordinaria;
le opere di manutenzione infatti, non sono
solo quelle necessarie materialmente , ma anche
quelle necessarie giuridicamente (cioè prescritte
dalla legge).
Si è tuttavia chiarito che costituisce vera e propria
innovazione e non opera di manutenzione straordinaria
la demolizione ed asportazione dell’impianto
di riscaldamento e la sua ricostruzione in altro luogo
e con caratteristiche diverse, anche se determinate
dalla necessità di adeguare l’impianto alla
normativa antinquinamento (Cass. 9 aprile 1980 n.
2288, in Riv. giur. edilizia 1980, I, 959).
I dubbi riguardano l’inquadramento delle opere di adeguamento nel la manutenzione ordinaria o
nella manutenzione straordinaria.
Le conseguenze di tale inquadramento incidono
non solo sulla maggioranza necessaria a deliberare,
ma, a seguito della riforma del condominio,
sulle modalità stesse della stipulazione dell’appalto
per l’esecuzione delle opere.
Ove si dovesse ritenere che si tratta di manutenzione
straordinaria, troverebbe applicazione il
n. 4 del primo comma dell’art. 1135 cod. civ., per
cui sarebbe necessaria la preventiva costituzione
di un fondo speciale di importo pari all’ammontare
dei lavori.
Secondo una opinione sostenuta in giurisprudenza
(Trib. Napoli 20 aprile 1970, cit.) se le a spesa
non è veramente notevole, né in se stessa né in
relazione alle singole quote, non si verte nel caso
di riparazione straordinaria.
In senso contrario,in dottrina (BRANCA, op. cit.)
si è affermato che si tratterebbe sempre di opere
di manutenzione ordinaria.
Se, però, si parte dal presupposto che la manutenzione
consiste in un intervento di carattere
ripristinatorio, il che non si verifica nel caso di
adeguamento degli impianti ad alla normativa sopravvenuta,
che comporta un intervento di carattere
aggiuntivo, forse è errata la stessa premessa
della necessità dell’inquadramento delle relative
opere nella manutenzione straordinaria o ordinaria.
Ed allora, in mancanza di una diversa previsione
specifica, la delibera di esecuzione delle opere di
adeguamento non avrà bisogno di una maggioranza
qualificata.
di Roberto Triola
già Presidente della Seconda Sezione Civile della Cassazione
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