La Corte d’Appello di Palermo ha giudicato la presenza di condizionatori d’aria come un elemento necessario e indispensabile per la vivibilità degli appartamenti, superando anche il problema dell distanze minime
Con la Sentenza n. 269 del 15 febbraio 2017, la Corte d’Appello di Palermo ha stabilito che la presenza di climatizzatori estivi nelle unità abitative è divenuta necessaria, se non indispensabile, in barba all’estetica e anche alle distanze minime.
La Corte d’Appello ha rigettato il ricorso del proprietario
di un seminterrato, infastidito dall’installazione
di climatizzatori (con unità esterne in vista) della
villetta antistante, frontalmente alle finestre del
proprio immobile, su basi di cemento create ad hoc.
Diritto di veduta VS climatizzatori
Scontento dalla decisione del Giudice, che ordinava
la schermatura delle unità esterne dei condizionatori
mediante la collocazione di piante e
fiori ornamentali, il proprietario ha agito in Appello
adducendo la lesione “del diritto di veduta,
del decoro architettonico e delle distanze legali”.
Ovvero sostenendo che i climatizzatori (o meglio
le unità motocondensanti esterne), collocati su
basi di cemento, sarebbero visibili da tutte e tre
le aperture del proprio immobile, nonostante il
regolamento condominiale stabilisca un divieto
per i proprietari delle villette di apportarvi modifiche
e innovazioni, nonché l’obbligo di riservare
gli spazi liberi a giardino.
L’ordine del Giudice, prosegue l’appellante, aggraverebbe
la situazione apportando corpi che diminuirebbero
maggiormente luce e aria, sostenendo
che occorrerebbe adottare la soluzione alternativa
di collocare i condizionatori in alto, nei balconi
del piano rialzato o sotto la passerella di accesso
dell’edificio.
Il motivo viene tuttavia rigettato: il regolamento
condominiale, spiegano i Giudici, vieta la realizzazione
di opere dotate di stabilità, indicate in
gabbie, tettoie e divisori, contrariamente ai climatizzatori che nelle unità abitative risultano
necessari o addirittura indispensabili al giorno
d’oggi. Dalla produzione fotografica mostrata in
giudizio, inoltre, appare che le apparecchiature
sono amovibili, di dimensioni ridotte rispetto
all’ampiezza dell’area circostante, e spostate rispetto
alla veduta ortogonale dalle stesse aperture,
la cui distanza mediamente è stata indicata dal
consulente in 1,70 m, peculiarità che non ledono
il diritto di veduta paventato dall’appellante.
Inoltre, la schermatura con l’ulteriore vegetazione
disposta dal Tribunale non potrebbe comportare
la paventata ulteriore limitazione di luce e aria
(anzi, e neppure il regolamento condominiale lo
consentirebbe).
Esistono delle distanze minime?
La domanda sorge spontanea: esistono delle distanze
minime per l’installazione degli elementi
esterni dei climatizzatori? Dipende.
In questo caso la precarietà dei tre elementi, non
allocati stabilmente sul muretto di appoggio, non
ne consente la soggezione alla disciplina di cui
all’articolo 907 c.c. in materia di distanze legali,
le quali in ogni caso non risultano lese dal momento
che la collocazione solo laterale delle apparecchiature
(rispetto alla veduta diretta esercitata),
rende l’accertata distanza di oltre 1,5 metri
del tutto legittima.
Il Collegio ha anche sottolineato che il regime
condominiale può limitare l’applicazione delle
norme codicistiche in materia di distanze nella
conciliazione degli opposti interessi delle parti,
per questo la soluzione adottata dal Giudice è sicuramente
più idonea rispetto a quelle suggerite
dall’appellante, tra l’altro non realizzabili.
Quanto alle molestie e turbative provocate dall’arbitraria
installazione delle tubature sulla facciata, si afferma che, per giurisprudenza costante, le
norme sulle distanze sono applicabili anche tra
i condòmini di un edificio condominiale, purché
compatibili con la disciplina particolare relativa
alle cose comuni, cioè quando l’applicazione di
quest’ultima non sia in contrasto con le prime.
In tal caso, infatti, la prevalenza della norma speciale
in materia di condominio determina l’inapplicabilità
della disciplina generale sulle distanze
che, nel condominio degli edifici è in rapporto di
subordinazione rispetto alla prima.
Nella fattispecie in esame, dunque “l’applicabilità
delle disposizioni di cui all’art. 889 comma 2 c.c.,
che impone il passaggio dei tubi a una distanza
di un metro dal confine, può essere limitata dalla
necessità dell’appellata di dotare il proprio immobile
di un impianto di condizionamento indispensabile
per la vivibilità degli ambienti domestici,
la cui collocazione alternativa prospettata
dall’appellante non appare realizzabile”.
In sintesi: estetica VS funzionalità e benessere
“Neppure può affermarsi - conclude la Corte - che
il passaggio dei tubi, tra l’altro ben fissati sui
muri e di scarsa visibilità, possa alterare l’estetica
dell’edificio, considerato il modesto diametro e
il breve tratto interessato rispetto all’estensione
dell’intero prospetto dell’edifici”.
I climatizzatori sono ormai un elemento impiantistico a tutti gli effetti delle nostre case, tanto
non facciamo neanche più caso all’aspetto estetico
delle unità esterne o delle tubazioni in facciata e
neanche al rumore degli elementi più vetusti, finché,
ovviamente, i vicini non ci chiamano in causa.
Per questo è importante capire se esistono dei
limiti nel rispetto di ciò che stabilisce il Codice
Civile, soprattutto per la vita in condominio.
I giudici del Tribunale di Palermo hanno affermato
che la disciplina delle distanze legali prevista
dal codice civile (Art. 907), in base alla quale le
costruzioni devono rispettare almeno 3 metri l’una
dall’altra – non si applica ai condizionatori in
quanto apparecchiature amovibili, di dimensioni
ridotte rispetto all’ampiezza dell’area circostante.
Stesso discorso per le tubature sulla facciata:
sebbene il codice civile (Art. 889) impone il
passaggio dei tubi a una distanza di 1 metro dal
confine, tale norma può essere limitata dalla necessità
del proprietario dell’immobile di dotare il
proprio appartamento di un impianto di condizionamento
indispensabile per la vivibilità degli
ambienti domestici.
Non è neanche corretto ritenere che il passaggio
dei tubi sulla facciata “possa alterare l’estetica
dell’edificio, considerato il modesto diametro e
il breve tratto interessato rispetto all’estensione
dell’intero prospetto dell’edificio” (Cassazione
Sentenza del 4 maggio 2015 n. 8857).
di Annalisa Galante
Membro del Comitato Scientifico Abitare Biotech
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