venerdì 27 novembre 2015

Il licenziamento disciplinare del lavoratore


Più volte è stato asserito che per poter licenziare  bisogna prima aver effettuato un’assunzione regolare , e la legge ha ribadito che i datori di lavoro sono tenuti a documentare l’instaurazione del rapporto di lavoro con atto scritto sottoscritto dal lavoratore – che può anche essere una copia della comunicazione preventiva inviata al collocamento – prima dell’inizio dell’attività lavorativa.
Per addentrarci nella trattazione è opportuno precisare che non esistono periodi di prova regolari se: prima non si è seguita la procedura della segnalazione al collocamento; non vengono specificate nella lettera di assunzione sottoscritta dal lavoratore, oltre alla durata contrattuale del periodo di prova, le mansioni per cui la prova viene effettuata.
Ciò, doverosamente premesso, è bene precisare che il licenziamento è l’atto con il quale il datore di lavoro interrompe il rapporto di lavoro con o senza accordo con il lavoratore.
Dovrà in ogni caso essere rispettato il termine di preavviso di licenziamento, pena pagamento dell’indennità di mancato preavviso, ma rimane esclusa dal lavoro domestico la reintegrazione del posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo.

IL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE

Se la causa del licenziamento è legata ad una negligenza o mancanza grave del lavoratore tale da non consentire più la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto si ha il cosiddetto licenziamento “in tronco” per giusta causa.
Il licenziamento intimato per colpa del lavoratore, detto più comunemente licenziamento disciplinare, è quel licenziamento causato da comportamenti colposi o dolosi da parte del lavoratore, per la cui gravità non è più possibile la prosecuzione del rapporto fiduciario di lavoro.
In virtù della gravità della condotta, nel nostro diritto si possono distinguere tradizionalmente tra licenziamenti per “giusta causa” e per “giustificato motivo”.

Cosa s’intende per giusta causa nel licenziamento?

E' giusta causa di licenziamento quella che non consente la prosecuzione anche provvisoria del rapporto. In tal caso il datore di lavoro non è tenuto ad alcun preavviso.
Non possono considerarsi giusta causa ai fini del licenziamento:
  1. l’imperizia tecnica;
  2. l’incapacità del lavoratore;
  3. il fallimento dell’imprenditore.
In alcune sentenze è stata riconosciuta la giusta causa del licenziamento nelle ipotesi di:
  1. simulazione di malattia;
  2. minacce rivolte dal lavoratore ai superiori, o contro il titolare dello studio o i condomini;
  3. ubriachezza;
  4. abbandono ingiustificato del posto di lavoro da cui possa derivare pregiudizio all’incolumità delle persone ed alla sicurezza degli impianti;
  5. sottrazione di documenti riservati oppure trafugamento di oggetti di proprietà del condominio o dei singoli condomini;
  6. recidiva in qualunque delle mancanze per le quali vengono irrogate ammonizioni, multe o sospensioni, quando siano stati comminati due provvedimenti di sospensione.
Ai fini della recidiva non tiene conto dei provvedimenti, trascorsi due anni dalla loro comminazione.
Indipendentemente dai provvedimenti di cui sopra, in caso di danneggiamento volontario o per colpa grave o furto, il lavoratore è tenuto al risarcimento dei danni.
Negli altri casi il datore di lavoro è tenuto all’obbligo del preavviso che ha una durata variabile in relazione al livello o categoria ricoperta.
Altro motivo di rescissione del rapporto di lavoro è quello denominato per Giustificato motivo che può essere soggettivo oppure oggettivo.
Nel primo caso ci si trova di fronte ad un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, in questo caso il datore di lavoro è tenuto a concedere un periodo di preavviso ovvero, a sua discrezione, può corrispondere al lavoratore una indennità sostitutiva del preavviso.

Esempi di giustificato motivo soggettivo sono considerati:

  • l’abbandono del posto di lavoro;
  • l’assenza ingiustificata;
  • la violazione dei doveri di diligenza ed obbedienza.
Nel secondo caso ovvero in quello per giustificato motivo oggettivo, il licenziamento può, altresì, trovare causa in particolari ragioni inerenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro ed il regolare funzionamento di essa (art. 3 legge 604/66).
Tali situazioni prescindono da comportamenti imputabili al lavoratore.

Qual è la procedura per il licenziamento per giusta causa?

Nei casi di licenziamento per giusta causa il preavviso non è dovuto. È tuttavia necessario l’osservanza di alcuni requisiti tipici di tale forma di risoluzione:
  1. contestazione della causa che ha giustificato il licenziamento;
  2. immediatezza della contestazione, in quanto il fatto che costituisce la giusta causa è così grave da non consentire la prosecuzione del rapporto;
  3. immutabilità della causa contestata, nel senso che non può essere successivamente modificata e sostituita con un’altra;
  4. prova della sussistenza della giusta causa da parte del datore di lavoro.
Nel quadro dei licenziamenti senza motivazione vi sono alcune qualifiche per le quali il datore di lavoro può rescindere il contratto senza obbligo di motivazione:
  1. i dirigenti;
  2. lavoratori domestici;
  3. i dipendenti assunti in prova;
  4. i lavoratori ultrasettantenni: in questo caso il lavoratore conserva le tutele previste a suo favore dalla legge nel caso in cui subisca un licenziamento e questo non sia sorretto da
  • www.wikilabour.it/GC.ashx oppure
  • “Giusta causa” www.wikilabour.it/GMO.ashx oppure
  • Giustificato motivo oggettivo www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/8593D80A-CF2A-427FA012-CED4884F9EFE/0/20111222_L_214.pdf oppure
  • Legge 22 dicembre 2011, n. 214” \t “_blank”.
Nel caso del licenziamento intimato per motivazioni imputabili al lavoratore ( disciplinare), esse dovranno comunque risultare idonee a configurare la giusta causa.
Per questa ragione, la scrupolosa osservanza della procedura stabilita dall’ art.7, L.n.300/1970, ovvero:
All’interno dello studio o del condominio deve essere esposto il codice le norme disciplinare previste dal Contratto collettivo;
La contestazione dei fatti dev’esser fatta al lavoratore per iscritto; il lavoratore deve essere ascoltato a sua difesa anche con l’assistenza di un rappresentante sindacale; il licenziamento dev’essere comunicato in forma scritta.
Il licenziamento è efficace e non è necessaria l’affissione delle norme disciplinari quando vengano violati doveri fondamentali del lavoratore, norme di legge, obblighi o divieti sanzionati penalmente.
Il licenziamento può soltanto essere effettuato trascorsi cinque giorni dalla contestazione scritta.
Quando il licenziamento disciplinare viene intimato senza osservare le garanzie prescritte e gli obblighi di legge lo stesso è riconducibile ad un licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo.
Per cui il comportamento colpevole addebitato al lavoratore non contestato attraverso il procedimento corretto rende il recesso ingiustificato ma non nullo, con la conseguente operatività della tutela posta dall’ordinamento nelle diverse situazioni dimensionali dell’ambito in cui opera il datore di lavoro.
Di conseguenza un licenziamento disciplinare illegittimo, comporta la reintegrazione del lavoratore, ed anche il risarcimento del danno che nell’ambito in cui operiamo (realtà con meno di quindici dipendenti ) si applica la cd. tutela obbligatoria operano le conseguenze alternative della riassunzione o del risarcimento di un’indennità che varia dalle 2,5 alle 6 mensilità, per coloro che sono stati assunti prima del 1 gennaio 2015.
Per coloro che sono stati assunti nei nostri studi amministrativi o nei condomini dal 7 marzo 2015 -che non comportano il superamento della soglia dei 15 dipendenti- vige un’altra disciplina ovvero:
La nuova disposizione legislativa (legge n. 183 del 2014, Decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.54 del 6 Marzo 2015) prevede un indennizzo più basso per le imprese sotto i 15 dipendenti in caso di licenziamento illegittimo. Il risarcimento nei nostri studi o nei condomini non può mai superare le sei mensilità.
Il cambiamento apportato è nel limite, l’indennità è pari a una mensilità per ogni anno di servizio con un minimo di due mensilità, oppure a mezza per ogni anno di servizio con un minimo di una nei seguenti casi: licenziamento illegittimo per violazione del requisito di motivazione: se manca la comunicazione con i motivi che lo hanno determinato; licenziamento illegittimo per mancato rispetto della procedura prevista dall’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori, sugli obblighi per l’azienda in caso di contestazioni disciplinari; procedura di conciliazione previsto dal decreto attuativo del Jobs Act (offerta economica che, se accettata, comporta la rinuncia a impugnare il licenziamento).

IL CASO DELLA RISOLUZIONE CONSENSUALE

Nel caso, non frequente, che si voglia EVITARE la procedura di licenziamento disciplinare (per non danneggiare ulteriormente il lavoratore) si può addivenire ad un accordo tra le parti, In questa ipotesi è consigliabile far predisporre da un Legale un accordo scritto che verrà sottoscritto da entrambe le parti (datore e dipendente). Nel suddetto accordo si dichiarerà che, di comune accordo, si vuole “interrompere” il contratto di lavoro.
Questo atto scritto e firmato dalle parti ed ha lo scopo di tutelare il datore di lavoro contro il rischio di un’eventuale controversia sollevata dal lavoratore.
Con la risoluzione consensuale le parti possono stabilire l’estinzione immediata del rapporto di lavoro o possono differire la stessa ad un momento successivo. In quest’ultimo caso potrà essere concordato che, fino al momento di effettiva cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore possa godere delle ferie maturate e residue o ancora che “benefici” di un periodo di aspettativa non retribuita (dietro richiesta scritta della parte).
E’ doveroso sottolineare che alcune sentenze della Corte di Cassazione non sempre hanno avuto un orientamento univoco in merito a tale indennità.
Così, ad esempio, la sentenza n. 5791 del 1999 ha ritenuto che l’indennità sostitutiva del preavviso spetti esclusivamente nel caso di recesso unilaterale e non nel caso di risoluzione consensuale.
Mentre alcune sentenze si sono espresse sostenendo che l’indennità possa venire meno solamente se la risoluzione consensuale è seguita da un nuovo impiego del dipendente, senza soluzione di continuità.
Tuttavia, al fine di evitare possibili controversie può risultare utile controfirmare l’atto nella sede dell’Ente Bilaterale Regionale (ENBIF - costituitosi recentemente in alcune delle nostre regioni) davanti ai rispettivi rappresentanti di categoria (per la parte del datore di lavoro associato ANACI, è il S.A.C.I.).

di Vincenzo Di Domenico
Segretario SACI

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