giovedì 10 dicembre 2015

PARCHEGGI IN CONDOMINIO: trasformare un cortile o giardino in parcheggio è innovazione o modificazione della cosa comune?


La legge n. 220/2012 di riforma del condominio, al fine inquadrare le modifiche delle destinazioni d'uso in un ambito legislativo, con l'art. 1117 ter ha introdotto una norma specifica che limita tali interventi alla necessità di soddisfare esigenze di interesse condominiale, ma nel rispetto di determinati atti propedeutici, quali l'approvazione di una delibera assembleare, adottata con una maggioranza più che rilevante e pari ai quattro quinti sia dei partecipanti al condominio, sia dei millesimi di proprietà. Stante l'importanza dell'opera, inoltre, l'avviso di convocazione dell'assemblea deve rimanere affisso, per non meno di trenta giorni consecutivi, in uno spazio condominiale ove lo stesso sia più facilmente visibile e deve essere, comunque, trasmesso ai condomini tramite lettera raccomandata o mezzi equipollenti e ricevuto almeno venti giorni prima dell'assemblea. A pena di nullità l'avviso deve indicare le parti comuni oggetto di modificazione e la nuova destinazione impressa, che non è immune dal rispetto della stabilità o sicurezza del fabbricato e del decoro architettonico.
La ratio ispiratrice della norma è palese: evitare che un'esigua maggioranza o addirittura un solo condomino pongano ostacoli ad un percorso necessario ed utile alla collettività, considerato che nel passato per alcuni tipi di interventi modificativi si parlava di unanimità di consensi.
Per quanto di nostro interesse il problema che si pone ora è quello di vedere se la nuova destinazione del cortile comune a spazio per il parcheggio delle autovetture sia inquadrabile nella fattispecie disciplinata dall'art. 1117ter, o piuttosto in quella regolamentata dall'art. 1120 c.c.
Posto che la giurisprudenza è concorde nel ritenere che la funzione principale del cortile sia quella di dare aria e luce agli appartamenti dello stabile di cui costituisce spazio accessorio anche in termini di destinazioni (per tutte Cass. 9 giugno 2010, n. 13879), gli stessi giudici di legittimità (pur con decisione avente ad oggetto fatti antecedenti all'entrata in vigore della nuova normativa) hanno affermato che la delibera assembleare di destinazione del cortile condominiale a parcheggio di autovetture dei singoli condomini, in quanto disciplina le modalità di uso e di godimento del bene comune, è validamente approvata con la maggioranza prevista dall'art. 1136, quinto comma, c.c., non essendo all'uopo necessaria l'unanimità dei consensi, ed è idonea a comportare la modifica delle disposizioni del regolamento di condominio, di natura non contrattuale, relative all'utilizzazione ed ai modi di fruizione delle parti comuni (Cass. 15 giugno 2012, n. 9877).
La decisione non sembra confliggere con la novità introdotta dall'art. 1117ter, poiché nel caso di cui ci stiamo occupando il cortile, se da un lato non perde la sua natura e funzionalità originaria, dall'altro, tramite la sua destinazione aggiuntiva, consente ad ogni condomino di utilizzarlo al meglio nell'interesse della collettività, senza per questo che la modificazione realizzi un restringimento dei diritti dei singoli su tale area.
Detto questo, tuttavia, occorre tenere anche presente sia la sussistenza di un eventuale regolamento condominiale contrattuale che imprima al cortile una specifica destinazione, sia la circostanza di fatto che la trasformazione dell'area in spazio di sosta per le autovetture non vada ad incidere sui diritti dei singoli quali derivanti dai relativi atti di acquisto (come ad esempio nel caso in cui tale uso ostacoli, in modo permanente, l'accesso ad alcuni locali utilizzati ad autorimesse, oppure qualora la sosta determini problemi attuali di immissioni sonore o di fumo in danno alle abitazioni che eventualmente si venissero a trovare con finestre o porte occupate dalle automobili).
Diverso, invece, appare il caso in cui ad essere modificato sia un giardino condominiale. In tal caso, infatti, si ritiene che la fattispecie rientri, pienamente, nell'ambito applicativo dell'art. 1117 ter. Ed invero, assodata la sussistenza della necessità di realizzare esigenze di interesse condominiale, rimane il fatto che l'area verde con una radicale modificazione perderebbe le sue caratteristiche, trasformandosi in un "quid novi" tramite interventi edilizi strutturali e la sottrazione di un bene comune all'uso ed al godimento di tutti i condomini e dei loro familiari.
A questo proposito giova ricordare che con una risalente decisione rimasta, peraltro, valida nel tempo perché priva di pronunce contrarie successive, la Supreme Corte aveva affermato che in tema di condominio degli edifici, l'utilizzazione a parcheggio di autovetture private di un'area comune alberata, originariamente goduta come "parco-giardino", in relazione alla sua apprezzabile estensione, non si traduce in un miglioramento della cosa comune, ma comporta mutamento ed alterazione della destinazione della medesima, in pregiudizio dei diritti dei singoli condomini. Essa, pertanto, non può essere validamente deliberata dall'assemblea del condominio, con le maggioranze previste per le innovazioni utili (artt. 1120 primo comma e 1136 quinto comma c.c.), ma postula l'unanimità di tutti i condomini (Cass. 14 novembre 1977, n.4922).
Diverso, invece, sempre secondo la Corte Suprema, il caso in cui la delibera assembleare di destinazione a parcheggio di un'area di giardino condominiale, dovesse interessare una estensione limitata dello spazio verde rispetto alla superficie complessiva, nel quale si trovino anche alberi di alto fusto. Nella fattispecie, infatti, non si tratterebbe di innovazione vietata dall'art. 1120 c.c., non comportando tale destinazione alcun apprezzabile deterioramento del decoro architettonico, né alcuna significativa menomazione del godimento e dell'uso del bene comune, in quanto da essa deriverebbe una valorizzazione economica di ciascuna unità abitativa e una maggiore utilità per i condomini (Cass. 12 luglio 2011, n. 15319).
Tuttavia, in questo quadro, non si può non evidenziare che la formula utilizzata dal legislatore, "esigenze di interesse condominiale" appare, ancora una volta generica e - come tale - foriera di libera interpretazione da parte del Giudicante, con la conseguenza che, nel prossimo futuro, ci si potrebbe trovare di fronte ad una giurisprudenza non univoca.
In questo senso ciò che ci sentiamo di affermare è che la ratio ispiratrice della norma sia quella di salvaguardare un interesse concreto della collettività e realizzabile solo attraverso il mutamento di destinazione dell'uso. Nel caso di cui ci stiamo occupando, pertanto, tale necessità si potrebbe verificare allorché l'immobile, privo di autorimessa comune, si trovi in una zona ad alta concentrazione commerciale ed i condomini abbiano quotidianamente difficoltà a trovare parcheggio. Mentre tale esigenza potrebbe sussistere allorché il giardino venisse sacrificato per creare nuovi posti macchina, aggiuntivi a quelli esistenti e destinati a doppie autovetture.

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