mercoledì 29 giugno 2016

Sentenza Corte Cassazione 22.4.2016, n. 8126 - REDDITOMETRO




Svolgimento del processo

G.C. e G.R. proposero ricorso avverso avviso di accertamento irpef e ilor per l'anno d'imposta 1995.

L'accertamento, condotto con metodo sintetico, si fondava sulla capacità di spesa dimostrata dai contribuenti in ragione dell'acquisto d’un immobile, avvenuto nel 1996, al prezzo di 1.520.000.000.

L'adita commissione provinciale accolse il ricorso, e la decisione fu confermata, in esito all'appello dell'Agenzia, dalla commissione regionale.

Avverso la decisione di appello, l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione in due motivi.

I contribuenti resistono con controricorso e propongono un motivo di ricorso incidentale condizionato.

Motivi della decisione

La motivazione della sentenza impugnata, nel suo nucleo essenziale recita: "... anche effettuando un calcolo sommario, pare non equilibrato il rapporto economico tra le vendite e gli acquisti di immobili avvenuti nel periodo in esame specie con l’esborso consistente per 1.520/milioni. Tali perplessità emergono dal fatto che anche con il supporto della moglie, sulla base della documentazione economica esistente in atti, non è possibile rilevare la fonte reddituale che aveva permesso la compravendita dell'immobile senza dover utilizzare altri finanziamenti, quindi resta non definita l'effettiva consistenza economica dei ricorrenti.

Il Collegio giudicante ritiene, comunque, di dover decidere pur nell’incertezza della documentazione e dell'effettiva capacità economica dei contribuente, in analogia a quanto era stato fatto dai primi giudici di accogliere quanto era stato giudicato e pertanto, non avendo documentazione diversa si ritiene di confermare la precedente decisione".

La ricorrente Agenzia, con il primo motivo del ricorso principale, censura la decisione, nella prospettiva di cui all'art. 360, comma 1 n. 5, c.p.c., per contraddittorietà.

Con il secondo (subordinato) motivo, l'Agenzia denuncia violazione di legge, in particolare in relazione alla previsione di cui agli artt. 2 e 35, comma 3, d.lgs. 546, per non aver la commissione regionale considerato che, nella situazione data, il giudice tributario, quale giudice del rapporto (oltre che giudice dell'atto), non avrebbe dovuto limitarsi all'annullamento dell'accertamento, ma avrebbe dovuto procedere a determinare l’esatta misura del maggior reddito riferibile ai contribuenti.

Con l'unico motivo di ricorso incidentale condizionato, i contribuenti - deducendo violazione di legge, in relazione agli artt. 329, cpv., e 346 c.p.c. nonché 56 d.lgs. 546/1992 e 38, comma 4, d.p.r. 600/1973 - censurano la decisione impugnata per non aver rilevato il giudicato interno, formatosi, per acquiescenza, a causa della mancata impugnazione, da parte dell'Agenzia, dell'autonoma ratio della decisione di primo grado fondata sull'illegittimità dell'accertamento per mancanza di prova in merito al fatto che lo scostamento tra reddito presunto e reddito accertato si fosse verificato per più di un solo periodo d'imposta.

Il primo motivo del ricorso principale è fondato

La motivazione della decisione impugnata si rivela, invero, palesemente contraddittoria, giacché dal presupposto dell'inidoneità dei disinvestimenti effettuati e dell'apporto degli introiti della moglie a giustificare l'ingente spesa connessa ai riscontarti incrementi patrimoniali, anziché trarre la conclusione della legittimità (totale o, almeno, parziale) dell'accertamento, trae, invece, quella della sua infondatezza.

La fondatezza del primo motivo del ricorso principale, mentre esime dall'esame del secondo (solo subordinatamente proposto), comporta la necessità di delibare il ricorso incidentale dei ricorrenti, peraltro investente questione logicamente prioritaria.

Tale doglianza è, a sua volta, fondata, posto che dall'esame degli atti, consentito in questa sede in funzione della natura della censura emerge che, effettivamente, la decisione di primo grado recava un'autonoma ratio decidendi, basata sul presupposto dell'assenza di prova in merito alla circostanza che lo scostamento tra reddito presunto e reddito accertato si fosse verificato per più di un solo periodo d'imposta, non investita dall'appello dell'Agenzia e che, pertanto, ha dato luogo a giudicato interno non rilevato dal giudice di appello nonostante specifica eccezione degli appellati.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, s'impone l'accoglimento del ricorso incidentale dei contribuenti, con assorbimento di quello principale dell'Agenzia.

La sentenza impugnata va, dunque cassata senza rinvio, posto che, per il riscontrato giudicato interno, il processo di appello non poteva, ai sensi dell'art. 382, comma 3 ultima parte, essere proseguito.

Le spese del giudizio, compensate quanto al primo grado, vanno, in appello e nel presente giudizio di legittimità poste a carico dell'Agenzia soccombente, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso incidentale e dichiara assorbito quello principale; cassa senza rinvio la sentenza impugnata; compensa le spese del giudizio di primo grado e condanna l'Agenzia a rivalere i contribuenti delle spese dei giudizi di appello e di legittimità, liquidate, quanto al giudizio di appello, in complessivi e 1.500,00 e, quanto al giudizio di legittimità, in complessivi € 3.500,00, in entrambi i casi oltre spese forfettarie, nella misura del 15%, ed accessori dì legge.

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