martedì 29 novembre 2016

L’assemblea del supercondominio può revocare l’amministratore?

Il Tribunale di Milano dichiara nulla per difetto di competenza assembleare la deliberazione dei rappresentanti di un supercondominio che aveva revocato l’amministratore. La soluzione però contrasta col generale principio di simmetria tra potere di nomina e facoltà di revoca.

  1. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 30 agosto 2016, ha dichiarato la nullità della deliberazione resa dall’assemblea dei rappresentanti di un “supercondominio” volta alla revoca dell’amministratore di quest’ultimo, affermando che la revoca dell’amministratore non rientra tra le attribuzioni previste dall’art. 67, comma 3, disp. att., codice civile (il quale si riferisce espressamente alla “gestione ordinaria della parti comuni a più condominii” ed alla “nomina dell’amministratore”). Del pari, decide il Tribunale di Milano, l’assemblea dei rappresentanti del supercondominio non può procedere alla nomina del revisore dei conti ex art. 1!30 bis codice civile. Il Tribunale di Milano arriva alla sua conclusione argomentando: dalla natura eccezionale dell’art. 67 disp. att. c.c.; dalla qualificazione della delibera di revoca dell’amministratore come atto di straordinaria amministrazione, per il quale non sussistono ragioni di derogare alla partecipazione unanime di tutti i partecipanti; dall’irrilevanza del dato normativo contenuto nel comma 4 dell’art. 1136 c.c., che parifica le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore ai fini del quorum necessario per l’approvazione; dall’irrilevanza del dato normativo contenuto nell’art. 1129, comma 10, c.c., secondo cui l’assemblea convocata per la revoca dell’amministratore delibera pure in ordine alla nomina del nuovo amministratore; dall’irrilevanza della considerazione che la nomina di un nuovo amministratore non richieda la previa formale revoca dell’amministratore.
  2. Il dato normativo che regola la questione è contenuto nell’ art. 67, comma 3, disp. att. c.c., introdotto dalla legge n. 220/2012, che dispone: “Nei casi di cui all’articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all’articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l’autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l’autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all’autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell’amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini”. La premessa dell’eccezionalità di questa norma, da cui parte il Tribunale di Milano, è senza dubbio corretta.
L’art. 1117-bis c.c. definisce il cosiddetto “supercondominio” con riferimento all’ipotesi in cui più unità immobiliari o più edifici o più condomini abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c. (si pensi al viale d’ingresso, all’impianto centrale per il riscaldamento, al parcheggio, ai locali per la portineria o per l’alloggio del portiere, ecc.). Il principio generale elaborato dalla giurisprudenza, prima del sopravvenire dell’art. art. 67, comma 3, disp. att. c.c. voluto dalla Riforma del 2012, affermava che le disposizioni dettate dall’art. 1136 c.c. in tema di convocazione, costituzione, formazione e calcolo delle maggioranze dovessero identicamente applicarsi pure con riguardo agli elementi reale e personale del supercondominio, rispettivamente configurati da tutte le unità abitative comprese nel complesso e da tutti i proprietari (Cass. 8 agosto 1996, n. 7286) Essendo le norme concernenti la composizione ed il funzionamento dell’assemblea inderogabili pure dall’autonomia privata (artt. 1136 e 1138, comma 4, c.c.), neppure un regolamento, per così dire, “contrattuale” avrebbe potuto validamente stabilire che l’assemblea di un “supercondominio” fosse composta dagli amministratori dei singoli condomini, anziché da tutti i comproprietari degli edifici che lo compongono, non potendosi di stabilire limiti alle norme che tutelano le minoranze negli organi collegiali, né fare in modo che la volontà maggioritaria, in tal modo espressa, non corrisponda a quella dei condomini (Cass. 28 settembre 1994, n. 7894; Cass. 13 giugno 1997, n. 5333; Cass. 6 dicembre 2001, n. 15476).
Poiché il nuovo comma 3 dell’art. 67 disp. att. c.c. ha posto due deroghe alle regole sulla composizione e sul funzionamento dell’assemblea dei partecipanti ad un supercondominio, disponendo che, se questi sono complessivamente più di sessanta, siano ora i rappresentanti obbligatoriamente designati da ciascun condominio a prendere le decisioni sulla gestione ordinaria delle parti comuni e sulla nomina dell’amministratore, e trattandosi di deroghe che comprimono le facoltà ed i poteri inerenti alla partecipazione dei singoli all’organo collegiale, le stesse non potranno che essere considerate quali norme di diritto singolare, e perciò oggetto soltanto di stretta interpretazione. Non può tuttavia condividersi la soluzione raggiunta dal Tribunale di Milano giacchè, se l’assemblea dei rappresentanti dei condomìni del supercondominio ha, ex lege, il potere di nominare l’amministratore di quest’ultimo, essa non può non avere anche il potere di revocarlo. Se si fa divieto all’assemblea dei rappresentanti del supercondominio di revocare l’amministratore in carica, si espropria la stessa dell’attribuzione, ad essa legislativamente ormai spettante, di nomina del nuovo amministratore. Sicchè appare coerente, oltre che imposto dal carattere fiduciario del rapporto che si instaura tra assemblea nominante ed amministratore nominato, riservare all’organo collegiale tanto la competenza alla designazione, quanto, in forza del principio del “contrarius actus”, ovvero del principio di normale simmetria tra potere di nomina e potere di revoca, la competenza alla revoca del mandatario dapprima incaricato.
La Corte di Cassazione ha avuto occasione ancora di recente di affermare che la nomina di un nuovo amministratore del condominio non richiede neppure la previa formale revoca dell’amministratore in carica, atteso che, dando luogo l’investitura ad un rapporto di mandato, essa comporta automaticamente, ai sensi dell’art. 1724 c.c., la revoca di quello precedente (Cass. 18 aprile 2014, n. 9082; Cass. 9 giugno 1994, n. 5608). L’assemblea del supercondominio dovrà, pertanto, potersi convocare per la revoca dell’amministratore in carica e per deliberare in ordine alla nomina del nuovo amministratore. Se le si volesse impedire di procedere alla revoca, non le si potrebbe certamente impedire di procedere alla nuova investitura, ed appare formalistico, oltre che illogico, definire invalida la deliberazione assembleare che esplicitamente revochi il precedente amministratore ed invece valida quella che, limitandosi accortamente a nominare il suo successore, comporti soltanto per implicito il medesimo effetto estintivo del vecchio mandato.

di Antonio Scarpa
Consigliere della Corte di Cassazione

Nessun commento:

Posta un commento

Commenti, critiche e correzioni sono ben accette e incoraggiate, purché espresse in modo civile. Scrivi pure i tuoi dubbi, le tue domande o se hai richieste: il team dei nostri esperti ti risponderà il prima possibile.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...