martedì 31 gennaio 2017

IMPIANTO CENTRALIZZATO: se il CTU esclude squilibri termici cosa spetta al proprietario?

Quando il CTU esclude squilibri termici, il proprietario esclusivo è tenuto a contribuire alla manutenzione ma non alle spese di gestione e non occorre delibera assembleare

Cassazione ord. 16 settembre 2016 n. 18170

"In condominio è da escludere la necessità di una delibera condominiale in tutti quei casi in cui il distacco dal riscaldamento centralizzato risulti non influire sulla funzionalità o sui costi dell'impianto anche se il condomino distaccato è comunque tenuto a contribuire alle spese ordinarie e straordinarie di manutenzione, nonché a quelle di gestione se, e nei limiti in cui, il distacco non porti con sé una diminuzione degli oneri del servizio".

La vicenda trae origine dall'impugnazione della delibera assembleare che respingeva la richiesta di distacco avanzata da parte del condomino interessato.
In particolare quest'ultimo aveva chiesto di poter staccare la propria unità immobiliare dall'impianto centralizzato per poter installare un impianto autonomo, ma l'assemblea aveva negato la propria autorizzazione.
La domanda del condomino veniva per ben due volte rigettata prima dal Tribunale e poi dalla Corte di Appello.
La Cassazione ha invece accolto la domanda di nullità della delibera condominiale, riconoscendo al condomino il diritto a distaccare la propria unità immobiliare.
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale da parte del singolo condomino, mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato, è da ritenersi pienamente legittima, purché l'interessato dimostri che dal suo operato non derivino né aggravi di spese per coloro che restano allacciati all'impianto, né, tanto meno, squilibri termici pregiudizievoli della regolare erogazione del servizio (In tal senso Cass. n. 5974/2004 Cass. n. 6923/2001 Cass. n. 1775/98, Cass. n. 1597/95, Cass.n. 4653/90).
A tali condizioni il condomino può, pertanto, legittimamente, rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini, e, pur rimanendo obbligato a sostenere le spese per la conservazione dell'impianto, è tenuto a partecipare a quelle di gestione, solo se il suo distacco si risolva in un aumento degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini.
La delibera assembleare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione al distacco è nulla per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune (Cass. Sentenza n. 7518/2006).
Il principio di cui sopra, elaborato dalla giurisprudenza, è stato poi recepito nella disciplina condominiale dalla legge di riforma n.220/2012, che è intervenuta sull'argomento del distacco dall'impianto di riscaldamento condominiale modificando l'art. 1118 c.c.
In particolare, il quarto comma della norma attualmente in vigore prevede che: "Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini.
In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'mpianto e per la sua conservazione e messa a norma".
Secondo la Corte, dunque, il giudice di secondo grado si era correttamente attenuto al principio di diritto espresso riguardo "l'esclusione della necessità di una delibera in tutti quei casi in cui il distacco di riscaldamento centralizzato risulti non influire sulla funzionalità o sui costi dell'impianto...".

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