In occasione dell’apertura dell’anno giudiziario del 26 gennaio 2017, il primo Presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio, ha fatto presente che quasi il 40% dei ricorsi arrivati in Cassazione nel 2016 riguarda la materia fiscale; di questo passo, nel 2020 le liti tributarie rappresenteranno il 56% del contenzioso tributario e nel 2025 addirittura il 64%. Di conseguenza, il Presidente auspica una necessaria ed urgente riforma della giustizia tributaria per evitare il collasso in Cassazione. Sulla stessa lunghezza d’onda si muove la Ragioneria Generale dello Stato nella nota integrativa del Ministero dell’Economia e delle Finanze alla legge di bilancio 2017.
Nel suddetto documento è scritto “Assicurare il
supporto alla riforma complessiva della giustizia
tributaria per garantire ai cittadini una giurisdizione
più efficiente e tempi del giudicato più celeri”.
In merito alla riforma della giustizia tributaria, in
Parlamento sono in discussione i seguenti disegni
di legge:
1. al Senato:
- disegno di legge n. 988 dell’01 agosto 2013 “Codice del processo tributario”;
- disegno di legge n. 1593 del 06 agosto 2014 “Riforma del processo tributario”, che ha ripreso il mio progetto di legge, in gran parte tenuto presente nell’ultima riforma del D.Lgs. n. 156 del 24 settembre 2015 (a tal proposito, rinvio al mio intervento fatto in audizione alle Commissioni riunite Finanze e Giustizia del Senato il 06 dicembre 2016, pubblicato sul mio sito (www.studiotributariovillani.it);
- proposta di legge n. 3734 dell’08 aprile 2016 “Delega al Governo per la soppressione delle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali e per l’istituzione di sezioni specializzate tributarie presso i Tribunali ordinari”.
- la Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 227 del 20/10/2016 che ha invitato il legislatore a riformare la giustizia tributaria;
- il XXXIII Congresso Nazionale Forense che a Rimini il 06, 07 e 08 ottobre 2016 ha approvato una specifica mozione in merito (pubblicata sul sito istituzionale dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura).
A) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
La gestione della giustizia tributaria non può più
essere affidata al Ministero dell’Economia e delle
Finanze, che è una parte in causa e che non
deve assolutamente condizionare l’organizzazione
processuale (basta citare l’ultimo esempio del
mancato rispetto del termine dell’01 giugno 2016
per il Decreto Ministeriale per l’immediata esecutività
delle sentenze ex art. 69, comma 2, D.Lgs.
n. 156/2016).
Infatti, bisogna rispettare l’art. 111, secondo comma,
della Costituzione che stabilisce che “Ogni
processo si svolge nel contraddittorio tra le parti,
in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e
imparziale” (come oltretutto prevedeva l’art. 10
della Legge Delega n. 23 dell’11 marzo 2014).
Secondo me, la giustizia tributaria deve essere
gestita ed organizzata, anche dal punto di vista
finanziario, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri,
che deve esercitare l’alta sorveglianza su
tutti gli uffici e su tutti i giudici tributari attraverso
il Consiglio della Giustizia Tributaria e deve
riferire annualmente al Parlamento con una relazione
sullo stato della giustizia tributaria.
Di conseguenza, con la riforma, devono essere
trasferiti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
i compiti relativi all’attività giurisdizionale delle
attuali commissioni tributarie svolti dalla Direzione
della giustizia tributaria del dipartimento delle
finanze del MEF, nonché i relativi uffici e le corrispondenti
risorse umane e finanziarie.
Solo in questo modo la giustizia tributaria oltre che
essere può “apparire” terza ed imparziale, rispettando
scrupolosamente il dettato costituzionale.
Oltretutto, l’art. 6, comma 1, della CEDU testualmente
dispone:
“Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un
termine ragionevole da un tribunale indipendente
ed imparziale, costituito per legge, il quale deciderà
delle controversie sui suoi diritti e doveri di
carattere civile sia della fondatezza di ogni accusa
penale che le venga rivolta”.
La clausola del giusto processo è comunque applicabile
a tutti i processi tributari nei quali si
contestano sanzioni sia penali che amministrative
(Corte CEDU, sentenza del 23 novembre 2006,
Jussila contro Finlandia).
In definitiva, si deve creare una magistratura autonoma
specializzata, che non è straordinaria né
speciale, per rispettare l’art. 102, secondo comma,
della Costituzione, è diversa dalla magistratura
ordinaria, amministrativa e contabile.
In conclusione, deve essere istituita la quarta
magistratura autonoma rispetto alla magistratura
ordinaria, amministrativa e contabile.
I difensori devono continuare ad essere quelli previsti
dall’art. 12 D.Lgs. n. 546/1992 e successive
modifiche ed integrazioni, che logicamente devono
essere preparati e specializzati alla luce delle
modifiche processuali, strutturali ed organizzative.
B) TRIBUNALI TRIBUTARI E CORTI D’APPELLO
TRIBUTARIE – SEZIONE TRIBUTARIA
DELLA CASSAZIONE
Bisogna cambiare denominazione ai nuovi organi
della giustizia tributaria, che saranno “Tribunali
Tributari e Corti d’Appello Tributarie”.
I Tribunali Tributari devono avere sede presso le
attuali circoscrizioni dei Tribunali ordinari.
Il Tribunale Tributario si deve articolare in sezioni,
che possono essere specializzate anche per materia.
Il Tribunale Tributario giudica in composizione
monocratica, con udienze che si devono tenere
tre volte alla settimana.
Le Corti d’Appello Tributarie devono avere sede
presso gli attuali distretti di Corte d’Appello per
non rendere difficile la difesa da parte dei contribuenti,
soprattutto in Regioni con lunghe distanze
(come per esempio la Puglia).
La Corte d’Appello tributaria giudica in composizione
collegiale; ogni collegio giudicante è presieduto
dal Presidente della Sezione e giudica con
numero invariabile di tre votanti.
Anche in questo caso si devono tenere tre udienze
settimanali.
Tutti i giudici tributari ogni cinque anni devono
cambiare sezione.
Deve essere istituita una sezione speciale autonoma
della Corte di Cassazione.
C) SEZIONE DELLA MEDIAZIONE
Deve essere totalmente abrogato l’attuale art. 17-
bis D.Lgs. n. 546/92 perché la mediazione non deve più essere svolta davanti allo stesso organo
fiscale che ha notificato l’avviso di accertamento
o la cartella esattoriale o gli altri atti impositivi
impugnati, questo perché viene altamente compromessa
l’imparzialità e la serenità di giudizio.
Di conseguenza, secondo me, presso ciascun
Tribunale Tributario deve essere istituita una
sezione speciale di mediazione, organo non giurisdizionale
e terzo rispetto all’ente accertatore,
competente nell’ambito dei procedimenti di cui
succitato art. 17-bis.
Come ho più volte scritto, secondo me, la sezione
deve essere composta da un giudice del Tribunale
Tributario, da un funzionario fiscale e da un professionista
abilitato alla difesa dinanzi ai giudici
tributari.
Se all’udienza di comparizione delle parti dinanzi
alla suddetta sezione non si perfeziona la mediazione,
il collegio può formulare d’ufficio una proposta
di mediazione avuto riguardo all’eventuale
incertezza delle questioni controverse, al grado
di sostenibilità della pretesa ed al principio di
economicità dell’azione amministrativa.
Se nonostante l’invito della sezione non si raggiunge
la mediazione, il reclamo produce gli stessi
effetti del ricorso ed il fascicolo è trasmesso
d’ufficio alla segreteria del Tribunale Tributario
competente, che logicamente deciderà con giudice
diverso da quello che era presente nella sezione
della mediazione per un evidente caso di
incompatibilità (come più volte correttamente
rilevato dalla Corte EDU, con le sentenze del 28
settembre 1995, del 06 giugno 2000 e del 09 novembre
2006).
Tutta la fase della mediazione non deve avere limiti
di tempo, come oggi, per dare la possibilità
alle parti di potersi confrontare in maniera serena
davanti ad un organismo terzo.
Logicamente, ingiustificate resistenze o assurde
prese di posizioni, soprattutto se in contrasto con
la costante giurisprudenza di merito e di legittimità
o con circolari ministeriali, saranno valutate
in sede di pronuncia della sentenza di merito,
come comportamento processuale delle parti.
Infine, secondo me, si deve aumentare di molto il
limite attuale dei 20.000 euro per la mediazione,
portando il limite a 200.000 euro (al netto delle sanzioni
e degli interessi) anche per deflazionare il contenzioso
tributario alla luce delle segnalazioni succitate
del primo Presidente della Corte di Cassazione.
D) GIUDICI TRIBUTARI PROFESSIONALI
E COMPETENTI
La nomina a giudice tributario si consegue mediante
concorso regionale per esame (art. 97,
ultimo comma, e art. 106, primo comma, della
Costituzione).
Le prove scritte ed orali si dovranno svolgere
presso i capoluoghi di regione in base al numero
di assunzioni da effettuare, tenendo conto anche
delle sezioni distaccate.
L’esame consiste in una prova preselettiva, in due
prove scritte di diritto tributario e stesura di sentenza,
una prova orale in varie materie tributarie,
processuali e contabili (questo per evitare clamorosi
casi di nullità assoluta delle sentenze, Cassazione
– Sez. VI – sentenza n. 6162 del 17/03/2014).
La commissione giudicante deve essere presieduta
da un magistrato della Corte di Cassazione e
composta da professori universitari e da avvocati
iscritti all’albo speciale dei cassazionisti da oltre
venti anni e con specifica competenza professionale
nel processo tributario.
I giudici tributari vincitori di concorso e nominati
con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri non possono assumere impieghi pubblici
o privati, non possono esercitare industrie, commerci
o qualsiasi libera professione, non possono
essere membri della Corte Suprema di Cassazione,
del Parlamento Nazionale o del Parlamento Europeo,
né ricoprire qualsivoglia carica politica.
In definitiva, le incompatibilità devono essere assolute
proprio perché i giudici tributari saranno a
tempo pieno e parificati a tutti gli effetti, anche
economici, ai giudici ordinari.
Infatti, ai giudici tributari deve spettare, oltre il
trattamento economico corrispondente all’analogo
incarico e funzione svolta presso la giurisdizione
ordinaria, anche una indennità aggiuntiva
da determinarsi con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio della
Giustizia Tributaria.
I giudici tributari, indipendentemente dalle funzioni
svolte, cessano dall’incarico, in ogni caso, al
compimento del settantesimo anno di età.
Ai componenti dei Tribunali Tributari e delle Corti
d’Appello tributarie, logicamente, devono applicarsi
le disposizioni concernenti il risarcimento dei danni
cagionati nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali.
In caso di comportamenti non conformi a doveri
o alla dignità del proprio ufficio, i giudici tributari
sono soggetti, nei casi tassativamente previsti dalla
legge, alle sanzioni disciplinari dell’ammonimento,
della censura, della sospensione dalle funzioni
per un periodo da tre mesi a due anni con perdita
dei compensi fissi e, in casi di gravi trasgressioni,
della rimozione dall’incarico, senza la possibilità di
essere rinominati giudici tributari.
Solo una magistratura specializzata è in grado
di interpretare le leggi fiscali (spesso confusionarie
e contraddittorie), conoscere e ben gestire
un processo, con allo stesso tempo una adeguata
preparazione sugli istituti fondamentali del diritto
tributario.
Ove, poi, le controversie trattate richiedano competenze
ancora più specialistiche, ad esempio in
materia contabile, bancaria, di valori e di estimi
castali, i giudici tributari possono nominare un
consulente tecnico d’ufficio (C.T.U.).
E) UFFICI DI SEGRETERIA
Deve essere istituito il ruolo unico del personale
degli uffici di segreteria degli organi della giustizia
tributaria.
E’ istituito presso ogni Tribunale Tributario e ogni
Corte d’Appello tributaria un ufficio di segreteria
con funzioni di assistenza e collaborazione nell’esercizio
dell’attività giurisdizionale nonché per lo
svolgimento per ogni altra attività amministrativa
attribuita alla stessa o ai suoi componenti.
Al personale addetto spetta il trattamento economico
previsto per le rispettive qualifiche dalle
disposizioni relative al personale della Presidenza
del Consiglio dei Ministri.
Presso l’ufficio di segreteria di ogni Corte d’Appello
tributaria è istituita una speciale sezione del
massimario che deve provvedere a rilevare, classificare
ed ordinare in massime le sentenze della
stessa e dei Tribunali Tributari aventi sede nella
circoscrizione.
Il personale di segreteria, in definitiva, non deve
assolutamente dipendere dal MEF, come stigmatizzato
dal Consiglio di Presidenza della Giustizia
Tributaria che, nella relazione per l’anno 2000,
così scriveva:
“La collocazione del personale degli uffici di segreteria
nell’amministrazione finanziaria finisce
per determinare condizionamenti, anche involontari,
comunque non corrispondenti alla funzione
di garanzia imparziale della giurisdizione e alla
par condicio delle parti nel processo”.
F) ABROGAZIONE
Dalla data di entrata in vigore della nuova legge
di riorganizzazione della nuova giustizia tributaria
deve essere abrogato il decreto legislativo n. 545
del 31 dicembre 1992 e successive modificazioni.
Le attuali controversie dinanzi alle commissioni
tributarie provinciali e regionali, pendenti alla
data di insediamento dei Tribunali Tributari e delle
Corti d’Appello tributarie, sono rispettivamente
attribuite ai Tribunali Tributari ed alle Corti d’Appello
tributarie tenuto conto, quanto alla competenza
territoriale, delle rispettive sedi.
Non deve essere assolutamente prevista alcuna
istanza di fissazione d’udienza che potrebbe compromettere
il diritto di difesa dei contribuenti.
G) CONCILIAZIONE ANCHE IN CASSAZIONE
Si deve prevedere la conciliazione giudiziale anche
in pendenza del giudizio in Cassazione, modificando l’art. 48-ter, comma 1, D.Lgs. n. 546/92 e
stabilendo la misura del 60% del minimo previsto
dalla legge, in caso di perfezionamento della conciliazione
nel corso del giudizio di Cassazione.
H) TESTIMONIANZA E GIURAMENTO
Deve essere abrogato l’art. 7, comma 4, D.Lgs. n.
546/92, consentendo il giuramento e la prova testimoniale
nel nuovo processo tributario davanti
a giudice terzo, imparziale, professionale ed altamente
qualificato a seguito del superamento del
concorso per esame, come sopra esposto.
Solo in questo modo il contribuente potrà veramente
difendersi senza alcuna limitazione e senza
alcun condizionamento e si potrà dire che veramente
si è raggiunta la “parità delle armi” tra contribuente
e fisco, cosa che si è sempre denunciata
ma mai seriamente ed efficacemente applicata
(nonostante i solleciti della Corte Costituzionale
con la sentenza n. 18 del 21 gennaio 2000 e della
Corte di Cassazione con le sentenze n. 5018/2015,
n. 11785/2010, n. 20028/2011 e n. 8987/2013).
I) CONCLUSIONI
E’ arrivato, finalmente, il momento di riorganizzare
strutturalmente e professionalmente la giustizia
tributaria, che deve avere una sua autonomia
e dignità rispetto alla magistratura ordinaria, amministrativa
e contabile, nel rispetto scrupoloso
degli articoli 102, secondo comma, 106, 108 e
111 della Costituzione, nel senso che non devono
essere istituiti giudici speciali o straordinari, le
nomine dei giudici devono avere luogo solo per
concorso e le norme sull’ordinamento giudiziario
su ogni magistratura sono stabilite soltanto con
legge ed infine che il giudice deve essere terzo ed
imparziale e la legge deve assicurare la ragionevole
durata del processo.
Il processo tributario deve avere le stesse regole
processuali del processo civile, senza limitazioni
e condizionamenti, proprio perché sarà gestito da
giudici professionali.
Oltretutto, l’autonomia della giustizia tributaria
può determinare l’estensione della competenza
non soltanto agli atti intermedi ed agli interpelli
ma a tutti gli atti istruttori lesivi di diritti costituzionalmente
garantiti, anche in ordine al risarcimento
dei danni consequenziali, senza doversi
rivolgere alla magistratura ordinaria con aggravio
di tempi e costi e senza dover attendere l’atto
di accertamento finale (come oggi, Cassazione –
Sez. Unite – sentenza n. 11082/2010).
Inoltre, i giudici tributari devono essere competenti
anche per tutte le controversie riguardanti
gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi
alla notifica della cartella di pagamento, anche
in questo caso per evitare perdite di tempo e
duplicazioni di giudizi.
Da ultimo, si potrebbe prevedere la competenza
dei nuovi giudici tributari professionali anche
per il penale, limitatamente ai reati tributari del
D.Lgs. n. 74 del 10 marzo 2000, per evitare le
assurdità processuali del c.d. doppio binario (Cassazione,
Sezione Tributaria, sentenza n. 10036
del 06/05/2011); infatti, tra le prove orali del
concorso si devono prevedere anche gli elementi
di diritto e procedura penale.
Spero che, finalmente, sia approvata la legge di
riforma della giustizia tributaria, prima della fine
della presente legislatura, con il rispetto dei principi
sinteticamente sopra esposti e che ho sempre
evidenziato nei miei scritti e nelle mie relazioni congressuali,
sin dal mio primo libro “Per un “Giusto”
Processo Tributario” - Congedo Editore – del 25 gennaio
2000 e nel mio disegno di legge, con relativa
relazione, del 14 aprile 2016.
di Maurizio Villani
Avvocato Tributarista in Lecce
Nessun commento:
Posta un commento
Commenti, critiche e correzioni sono ben accette e incoraggiate, purché espresse in modo civile. Scrivi pure i tuoi dubbi, le tue domande o se hai richieste: il team dei nostri esperti ti risponderà il prima possibile.