Gli ingegneri italiani lamentano la tendenza a preoccuparsi della prevenzione solo in occasione di
tragedie e lutti. E rilanciano un protocollo nazionale di valutazione e classificazione delle
infrastrutture.
Il Consiglio Nazionale Ingegneri ha inviato oggi una nota al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli, in merito al crollo del Ponte Morandi e alla questione della sicurezza del costruito, in particolare per le opere d’arte della rete infrastrutturale. Un tema, come sottolineano da sempre gli ingegneri italiani, che può essere affrontato solo partendo da una diagnostica attenta, mirata, e da conseguenti verifiche, anche analitiche, eseguite nel rispetto delle norme e delle conoscenze tecnico-scientifiche. “L’ansia mostrata da alcune strutture periferiche del Ministero o da Enti locali – si legge nella nota – nel richiedere in poco tempo agli enti proprietari/gestori informazioni sullo stato delle opere, conferma la tendenza a preoccuparsi della prevenzione solo nell’immediato evento di tragedie e lutti, finendo purtroppo per non ottenere i risultati necessari, ma anzi aumentando la sensazione di approssimazione e quindi di sfiducia nell’attività delle istituzioni.
Secondo il parere del CNI, non servono provvedimenti urgenti e non organici: serve una piano di conoscenza su tutto il territorio, redatto da tecnici esperti e competenti nelle varie discipline coinvolte, con protocolli specifici in funzione delle tipologie, dei materiali, delle prestazioni. Servono le azioni coordinate che il CNI ha proposto, insieme ad altri soggetti, ben prima dell’ultimo drammatico crollo e che, subito dopo il tragico evento, ha riproposto all’attenzione delle massime istituzioni dello Stato e richiamate in una nota al Presidente del Consiglio di lunedì u.s..
Servono, inoltre, responsabilità ed azioni tecniche adeguate, e sarebbe sbagliato scambiare per emergenza quello che, al contrario, dovrebbe essere un impegno costante di ogni amministrazione centrale e periferica: conoscere, censire, mantenere, prevenire, stabilire criteri di intervento e priorità, ottimizzare le tipologie di intervento, acquisendo dati e informazioni omogenei utilizzabili a livello nazionale. “Stiamo anche assistendo – si legge ancora - a comportamenti criticabili, da parte di alcuni Enti o Amministrazioni, con i quali, da un lato si derubrica, di fatto, a veloce e formale azione di controllo visivo quello che, invece, dovrebbe essere un vero e proprio “progetto di conoscenza” e, dall’altro, si invoca la gratuità della prestazione professionale, come se, appunto, si dovesse mettere in campo la solidarietà e la volontarietà tipica dei momenti di emergenza e non la pianificazione di atti tecnici complessi da eseguire “in tempo di pace”.
“Attività professionali a così alto tasso di specializzazione e complessità non possono essere svolte in tempi non consoni ne’ possono essere richieste in modo gratuito, richiedendosi ai professionisti impegno, competenza, e sopratutto responsabilità, peraltro a rischio di non copertura, nel caso di prestazioni gratuite, dall’assicurazione prevista per legge. Inoltre, esse abbisognano di indagini preliminari che necessitano di una programmazione e congrue disponibilità finanziarie.” Ci chiediamo, quindi, quale cultura della prevenzione e della manutenzione potrà mai crescere, in questo Paese, partendo da iniziative non ben ponderate come quelle avviate”. In questa ottica, il CNI attuerà tutte le iniziative atte a sostenere e tutelare i propri professionisti e, quindi, gli interessi e la sicurezza dei cittadini. Ma farà anche tutto quanto necessario per affermare e definire la necessità di un protocollo nazionale di valutazione e classificazione delle infrastrutture, per determinare le modalità di controllo ed intervento in maniera indicizzata, trasparente e condivisa dei dati su unica piattaforma nazionale
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