lunedì 30 novembre 2015

Contabilizzazione-Obbligo di modificare il criterio di ripartizione della spesa?


Nel caso dell’adozione dei contabilizzatori, il regolamento condominiale, in punto riparto della spesa del riscaldamento, può essere modificato con una delibera assembleare adottata con la “maggioranza” di legge.

L ’articolo 16 (sanzioni) comma 8 del D. Lgs. 102/2014, prevede che è soggetto ad una sanzione amministrativa da 500 a 2500 euro il condominio alimentato dal teleriscaldamento o dal teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento che non ripartisce le spese in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 9 comma 5 lettera d). E’ il primo caso in cui la ripartizione della spesa in maniera difforme dai criteri legali, oltre alla nullità della delibera, è soggetta anche ad una sanzione amministrativa. Le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, nell’ambito delle attività di ispezione degli impianti termici di cui all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74, eseguono anche gli accertamenti e le ispezioni sull’osservanza dei criteri di ripartizione della spesa. Come sopra anticipato, poichè il D. Lgs. 102/2014 (al pari della Legge 10/1991) è norma imperativa, la ripartizione della spesa sulla base di diversi criteri darebbe origine ad una delibera nulla in quanto contraria a Legge.
In quanto tale, la decisione può essere impugnata in ogni tempo anche da colui che ha votato a favore.
Diverso è, invece, il trattamento per le delibere con le quali, nell’esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall’art. 1135 c.c., nn. 2 e 3, vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso che queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono considerarsi annullabili, e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall’art. 1137 codice civile (Cassazione Civile, Sez. II, 21.05.2012, n. 8010).

Riflessi sul regolamento di condominio approvato dall’Assemblea 

All’introduzione dei sistemi di contabilizzazione consegue la modifica del regolamento in punto riparto della spesa del riscaldamento.
L’articolo 26 comma 5 della Legge 10/91, prevede una maggioranza speciale sia per l’adozione dei sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione sia per la deliberazione del criterio di riparto. Così recita la norma citata: “Per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l’assemblea di condominio delibera con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile”. La norma speciale indica la stessa maggioranza prevista dall’articolo 1138 comma 3 del Codice Civile, la quale prevede che il regolamento può essere modificato con la maggioranza di cui all’articolo 1136 comma 2 del Codice Civile secondo il quale “sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio”.
Quindi, nel caso dell’adozione dei contabilizzatori, il regolamento condominiale, in punto riparto della spesa del riscaldamento, può essere modificato con una delibera assembleare adottata con la “maggioranza” di legge.

Riflessi sul regolamento di condominio avente natura contrattuale

Dovendo procedere all’adozione dei sistemi di contabilizzazione, ci si interroga sulla possibilità di modificare il regolamento contrattuale in punto ripartizione della spesa riferita al riscaldamento.
Normalmente i criteri di ripartizione fissati convenzionalmente possono essere modificati solo con il consenso unanime di tutti i condomini (Cass. n. 17276/2005), ma nel caso della termoregolazione il principio generale non trova spazio poiché l’art. 26 comma 5 L. 10/1991 e l’art. 9 comma 5 lettera d) D.Lgs. 102/2014 (che la disciplinano) sono inderogabili e quindi obbligano i condomini a rispettarla anche disattendendo il regolamento contrattuale. Ritornando ora alla questione che ci interessa, si osservi che l’articolo 26 comma 5 L. 10/1991, esordisce qualificando l’adozione dei sistemi in esame quale “innovazione”. In tema di condominio di edifici, costituisce innovazione qualunque opera nuova che implichi una modificazione notevole della cosa comune, alterandone l’entità sostanziale o la destinazione originaria (Cassazione civile, 5 novembre 1990, n. 10602). L’assemblea in primo luogo delibera quindi l’innovazione, cioè la “modificazione notevole della cosa comune, alterandone l’entità sostanziale o la destinazione originaria” e, conseguentemente, la modifica dei criteri di riparto. Tale seconda delibera è consequenziale alla prima. Infatti, approvata l’innovazione all’impianto, la Legge impone di adottare le risultanze della contabilizzazione e le spese dovranno essere suddivise in base ai consumi effettivi.
Il diverso criterio eventualmente previsto dal regolamento avente natura contrattuale deve essere espunto, trattandosi di clausola nulla ai sensi dell’articolo 1418 comma 1 del Codice Civile secondo il quale “Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente”. Sull’imperatività delle norme in materia di contenimento dei consumi energetici non vi è dubbio. Poiché la clausola regolamentare è divenuta illegittima, è consentito all’assemblea di decidere di adottare il nuovo criterio di riparto sulla base della contabilizzazione.
La delibera richiede la maggioranza di cui all’articolo 26 comma 5 della Legge 10/1991 (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio). In questo senso si registra la sentenza del Tribunale di Pavia del 16 gennaio 2001 n. 39. Con ordinanza del 30 gennaio 2009 del Tribunale di Milano, Sezione distaccata di Legnano, ha confermato che l’art. 26 comma 5 Legge 10/91, “per evidenti connotazioni pubblicistiche che la caratterizzano, essendo volta a perseguire l’obiettivo del contenimento energetico, va intesa quale norma imperativa di Legge, comunque sovraordinata ai regolamenti condominiali, sia pure contrattuali”.
Più recentemente ha confermato l’orientamento il Tribunale di Roma (sent. 29 aprile 2010): “nel contrasto tra l’interesse particolare del condomino a non vedere modificare i criteri di riparto previsti dal regolamento o dalla legge e l’interesse generale a favorire il risparmio energetico, il legislatore si è orientato nel senso di attribuire prevalenza all’interesse più aderente al concetto di utilità sociale, giungendo, per tal motivo, a modificare ed abbassare i quorum assembleari per interventi rispetto ai quali, secondo le norme del codice civile, sarebbe stata necessaria la maggioranza qualificata delle innovazioni o, addirittura, l’unanimità. Si è, quindi, ritenuto che le disposizioni di cui alla Legge citata, recante norme in tema di uso razionale dell’energia e per il risparmio energetico, per il loro carattere pubblicistico prevalgono sulla disciplina privatistica, donde l’autonomia negoziale dei privati risulta limitata”.


di Edoardo Riccio
Coordinatore Giuridico Csn

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