1. IL CONTESTO EUROPEO
L’impianto di riscaldamento pone sulla bilancia, quale contrappeso al comfort generato dal calore, il conseguente consumo energetico e l’emissione in atmosfera dei prodotti inquinanti della combustione.
Il panorama europeo e nazionale vede un forte impegno per la riduzione del consumo energetico e dell’emissione di gas responsabili del così detto “effetto serra”. In questo senso venivano emanate la Direttiva 2002/91/CE, poi abrogata e sostituita dalla Direttiva 2010/31/UE del 19 maggio 2010 del Parlamento Europeo e del Consiglio, e la Direttiva 2012/27/UE del 25 ottobre 2012 del Parlamento e del Consiglio.
Oltre a ciò, il Consiglio Europeo dell’8 e del 9 marzo 2007 ha sottolineato la necessità di aumentare l’efficienza energetica nell’Unione per conseguire l’obiettivo di ridurre del 20% il consumo energetico dell’Unione entro il 2020. A tal fine il Parlamento Europeo, nella risoluzione del 3 febbraio 2009, ha chiesto di rendere vincolante tale obiettivo di miglioramento dell’efficienza energetica.
Anche sul fronte delle emissioni in atmosfera sono state prese ferme posizioni. Infatti, la decisione n.406/2009/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020, fissa obiettivi nazionali vincolanti di riduzione delle emissioni di CO2 per i quali l’efficienza energetica nel settore edilizio riveste importanza cruciale.
Inoltre, l’Unione si trova di fronte a sfide senza precedenti determinate da una maggiore dipendenza dalle importazioni di energia, dalla scarsità di risorse energetiche, nonché dalla necessità di limitare i cambiamenti climatici e di superare la crisi economica.
L’efficienza energetica è stata riconosciuta quale valido strumento per affrontare tali sfide.
Le conclusioni del Consiglio Europeo del 4 febbraio 2011 hanno riconosciuto che l’obiettivo di efficienza energetica dell’Unione non è in via di realizzazione e che sono necessari interventi decisi per cogliere le notevoli possibilità di risparmio energetico anche nel settore dell’edilizia.
L’8 marzo 2011 la Commissione ha confermato che l’Unione non è sulla buona strada per conseguire il proprio obiettivo di efficienza energetica.
Le conclusioni del Consiglio del 10 giugno 2011 sul piano di efficienza energetica 2011, hanno sottolineato che gli immobili rappresentano il 40% del consumo finale di energia dell’Unione. Inoltre, gli edifici sono stati ritenuti fondamentali per conseguire l’obiettivo dell’Unione di ridurre dell’80-95% le emissioni di gas serra entro il 2050 rispetto al 1990. Pertanto, la riduzione del consumo energetico nel settore dell’edilizia costituisce una misura importante e necessaria per ridurre la dipendenza energetica dell’Unione e le emissioni di gas a effetto serra. Le misure adottate consentirebbero all’Unione di conformarsi al protocollo di Kyoto (del quale l’Italia è Paese sottoscrittore) allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e di rispettare sia l’impegno a lungo termine di mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 2 °C, sia l’impegno di ridurre entro il 2020 le emissioni globali di gas a effetto serra di almeno il 20% di cui si è fatto cenno.
Un’utilizzazione efficace, accorta, razionale e sostenibile dell’energia riguarda, tra l’altro, i prodotti petroliferi, il gas naturale e i combustibili solidi, che, pur costituendo fonti essenziali di energia, sono anche le principali sorgenti delle emissioni di biossido di carbonio.
Lo Stato Italiano ha recepito la Direttiva 2012/27/ UE con il Decreto Legislativo 4 luglio 2014 n. 102.
Di particolare interesse è l’articolo 9 comma 5 del citato Decreto che impone obblighi in materia di contabilizzazione e termoregolazione.
2. IMPIANTO TERMICO
Affrontando il tema che ci occupa, è necessario delineare i contorni del contesto impiantistico nel quale si interviene.
L’impianto va ad incidere sia sui consumi energetici sia sull’emissione in atmosfera dei prodotti inquinanti della combustione. Nelle norme che disciplinano queste materie è possibile rinvenire la definizione che ci interessa.
L’articolo 2 comma 1 lettera c) del D. Lgs. 102/2014, ad integrazione delle definizioni contenute nello stesso articolo, rinvia a quelle previste dal D. Lgs.19 agosto 2005 n. 192 recante disposizioni in materia di rendimento energetico nell’edilizia.
Quest’ultimo, all’articolo 2 comma 1 lettera l-tricies, prevede quanto segue: “«impianto termico» è l’impianto tecnologico destinato ai servizi di climatizzazione invernale o estiva degli ambienti, con o senza produzione di acqua calda sanitaria, indipendentemente dal vettore energetico utilizzato, comprendente eventuali sistemi di produzione, distribuzione e utilizzazione del calore nonché gli organi di regolarizzazione e controllo. Sono compresi negli impianti termici gli impianti individuali di riscaldamento. Non sono considerati impianti termici apparecchi quali: stufe, caminetti, apparecchi di riscaldamento localizzato ad energia radiante; tali apparecchi, se fissi, sono tuttavia assimilati agli impianti termici quando la somma delle potenze nominali del focolare degli apparecchi al servizio della singola unità immobiliare è maggiore o uguale a 5 kW. Non sono considerati impianti termici i sistemi dedicati esclusivamente alla produzione di acqua calda sanitaria al servizio di singole unità immobiliari ad uso residenziale ed assimilate”.
L’impianto è dunque composto da 4 sottoinsiemi:
- produzione
- distribuzione
- regolazione emissione
Il primo e buona parte del secondo sono beni comuni ai sensi dell’articolo 1117 comma 1 n. 3 Codice Civile. La parte terminale della distribuzione, ovvero dal punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, la regolazione del calore e l’emissione dello stesso sono, invece, di proprietà individuale.
L’impianto in esame è forse l’unico in condominio che non termina nell’unità immobiliare. Il fluido termovettore, dal tratto terminale della distribuzione comune (colonna montante), si immette nella singola unità immobiliare (parte privata) per alimentare il corpo scaldante (di proprietà individuale), rilascia il calore, e utilizzando la distribuzione comune sopra citata, ritorna verso la fonte della produzione per essere nuovamente riscaldato.
I quattro sottosistemi sono legati alle stesse sorti. Non a caso l’articolo 26 comma 5 Legge 10/1991, assegna all’assemblea il potere di deliberare l’adozione della termoregolazione e contabilizzazione la cui installazione deve essere effettuata nelle singole unità immobiliare. D’altro canto, con il nuovo comma IV articolo 1118 c.c. in mtaeria di distacco dall’impianto centralizzato del riscaldamento, viene indicato un limite all’utilizzo del bene privato atteso il coinvolgimento di parti comuni (la rinunzia al servizio si esplica attraverso un intervento impiantistico di isolamento dalle tubazioni comuni). Va ricordato che il Legislatore con la Riforma del Condominio negli edifici (Legge 220/2012) ha modificato, tra gli altri, l’articolo 1117 comma 1 n. 3 codice civile. Quest’ultimo, oltre a prevedere che gli impianti sono comuni fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini (già contenuto nella precedente formulazione), ha aggiunto che questi, in caso di impianti unitari, sono comuni fino al punto di utenza. L’impianto di riscaldamento potrebbe essere un ”impianto unitario”, categoria indicata dal Legislatore forse proprio per far comprendere che alcuni impianti devono essere visti nel loro insieme. Prima di meglio dettagliare i due tipi di contabilizzazione (diretta o indiretta), è necessario specificare i due diversi tipi di distribuzione del calore negli impianti centralizzati: verticale o orizzontale.
L’impianto centralizzato a distribuzione verticale è la tipologia più diffusa, generalmente adottata fino a qualche decina di anni or sono, caratterizzata da montanti verticali che distribuiscono il fluido termovettore (normalmente acqua calda) ai corpi scaldanti dei vari appartamenti posti sui diversi piani. Si hanno quindi tante colonne verticali dalle quali si distaccano poi i singoli tubi che vanno a riscaldare i caloriferi nelle unità immobiliari. Nella figura sotto riportata, si notano ad esempio quattro colonne verticali che, ciascuna, serve contemporaneamente corpi scaldanti posti in differenti unità immobiliari.
L’impianto termico centralizzato a distribuzione orizzontale è la tipologia più recente (circa dal 1980), che negli ultimi decenni, grazie alla disponibilità di pompe di circolazione molto silenziose, ha
praticamente soppiantato la distribuzione verticale.
La pompa di circolazione ha consentito di aumentare considerevolmente la portata del fluido termovettore, con una rete di distribuzione più snella e di minore diametro. Nell’immagine sotto riportata si nota che una sola diramazione dalla colonna principale va a servire tutta l’unità immobiliare, mentre nel caso precedente una stessa unità immobiliare era servita da più diramazioni provenienti da più colonne. In questo caso l’intera rete di distribuzione è solitamente interna alla singola unità immobiliare, cosi che le dispersioni di calore delle tubazioni sono in gran parte recuperate nella stessa unità. A seconda del tipo della distribuzione dell’impianto, è possibile ricorrere alla contabilizzazione diretta o a quella indiretta.
La contabilizzazione diretta è basata sull’utilizzo di contatori di calore atti alla misura dell’energia termica volontariamente prelevata per ogni unità immobiliare; è applicabile solo agli impianti termici centralizzati a distribuzione orizzontale. E’ necessaria l’installazione, all’ingresso della derivazione dell’impianto termico di distribuzione verso ciascuna unità immobiliare, di un contatore di calore che misura l’energia termica prelevata volontariamente dall’impianto termico centralizzato, attraverso gli organi di termoregolazione.
La contabilizzazione indiretta consiste nella determinazione dei consumi volontari di energia termica dei singoli utenti basata sull’utilizzo dei ripartitori o di altri dispositivi installati, unitamente ad una valvola termostatica, od altro idoneo attuatore termostatico, su ciascun radiatore. Viene utilizzata sugli impianti centralizzati a distribuzione verticale. Sugli impianti a distribuzione orizzontale, per quanto sia possibile il ricorso a tale strumentazione, è comunque preferibile utilizzare i contatori di calore in luogo dei ripartitori.
Fonte Amministrare Immobili
a cura di Edoardo Riccio
a cura di Edoardo Riccio
Coordinatore Giuridico Csn
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