mercoledì 5 giugno 2013

Per la revoca giudiziale dell’amministratore è necessaria la mediazione?



In occasione di un procedimento per revoca dell’amministratore di un condominio il Tribunale di Padova dichiarava che la “controversia” rientrava tra quelle soggette ad obbligo di mediazione ex art. 71 bis disp. att. c. c. e art. 5, comma 1 bis, legge 28/2010 (rectius: d. lgs. 28/2010) ed assegnava un termine per l’inizio della relativa procedura.
Successivamente il ricorrente presentava istanza di revoca di tale ordinanza, ribadendo le ragioni per le quali riteneva che nella specie non poteva trovare applicazione la mediazione obbligatoria.
Il Tribunale di Padova, con ordinanza in data 15 dicembre 2014, rigettava l’istanza con la seguente testuale motivazione:
“… il Tribunale evidenza che l’art. 71 quater disp. att. c.c. prevede ex professo che le controversie in materia di condominio siano soggette a mediazione, riferendosi esplicitamente agli att. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione. In particolare l’art. 64 disp. att. c.c. prevede che sulla revoca dell’amministratore il Tribunale provveda in Camera di consiglio con decreto motivato. La circostanza che l’art. 5 comma quarto alla lettera f) preveda che non possano essere soggetti a mediazione i procedimenti che si svolgono in camera di consiglio non costituisce un dato ostativo alla applicabilità a questa tipologia di procedimenti del procedimento di mediazione. Ed invero, la norma di cui all’art. 71 quater disp. att. c.c. deve essere considerata norma speciale ed in quanto tale prevalente rispetto alla norma generale di cui all’art. 5 comma 4 lettera f) che esclude la esperibilità della mediazione in presenza di procedimenti in camera di consiglio.” 
Si tratta di una conclusione non condivisibile per un duplice ordine di considerazioni. In primo luogo l’art. 71 quater disp. att. c.c. deve considerarsi come norma mai entrata in vigore, in quanto presupponeva la vigenza dell’art. 5, comma 1, d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, che era stato dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale con sentenza 6 dicembre 2012 n. 272.
Ne consegue che, per giustificare, in linea puramente teorica, le conclusioni del Tribunale di Padova avrebbe dovuto essere reintrodotto espressamente dal d.l. 21 giugno 2013 n. 69, convertito con legge 9 agosto 2013 n. 98, che ha nuovamente disciplinato la materia della mediazione. Ma anche volendo ritenere il contrario, rimane il fatto che il procedimento di volontaria giurisdizione previsto dall’art. 64 disp. att. c.c. non rientra tra le controversie in materia di condominio, le quali, in base all’art. 5 comma 1 bis, d.l. 1 giugno 2013 n. 69, sono quelle che presuppongono l’esercizio di una “azione”, cioè l’instaurazione di un giudizio di natura contenziosa. Il Tribunale di Padova riconosce che il procedimento per la revoca dell’amministratore rientra nella volontaria giurisdizione, ma ritiene che l’art. 71 quater disp. att. c.c., stabilendo espressamente che per controversie in materia di condominio
si intendono quelle derivanti dalla violazione o dalla errata applicazione (anche) delle disposizioni degli articoli da 61 a 72 avrebbe fatto rientrare nella mediazione obbligatoria anche il procedimento in questione, previsto dall’art. 64 disp. att. c.c., in deroga al principio generale di cui all’art. 5, comma 4, lett. f), del d. lgs. n. 28 del 2010. Se ciò fosse esatto e cioè se ogni volta in cui le disposizioni in materia di condominio prevedono il ricorso al giudice, si dovrebbe esperire la procedura di mediazione, si arriverebbe all’assurdo che tale procedura sarebbe necessaria per la nomina dell’amministratore, in caso di inerzia dell’assemblea, ai sensi dell’art. 1129, comma 1, c.c., e per la nomina del curatore speciale ai sensi dell’art. 65 disp. att. c.c.,senza sapere in entrambe le ipotesi chi dovrebbe essere la controparte. Per comprendere la ratio dell’art. 71 quater disp.att. c.c. occorre partire dalla considerazione che nella interpretazione dell’art. 23, comma 1, c.p.c., nel suo testo originario, il quale prevedeva una speciale competenza territoriale per le “cause tra condomini”, si era manifestato un contrasto nella giurisprudenza della S.C., nel senso che secondo un orientamento maggioritario il foro speciale trovava applicazione anche per le controversie relative alla riscossione dei contributi condominiali (cfr., in tal senso: Cass. 24 giugno 2005 n. 13640; Cass. 18 aprile 2003 n. 631), mentre secondo un orientamento minoritario per causa vertente tra condomini doveva intendersi quella avente ad oggetto rapporti giuridici attinenti al diritto reale di proprietà o all’uso delle cose comuni, con esclusione di quella in cui l’amministratore, in rappresentanza del condominio, pretenda nei confronti del singolo condomino il pagamento delle spese condominiali (Cass. 10 gennaio 2003 n. 269; Cass. 21 aprile 2000 n. 5235).
Il contrasto era stato risolto nel senso che il foro speciale trova applicazione anche nelle liti tra condominio ed amministratore in ordine al pagamento dei contributi per l’utilizzazione delle cose comuni, agendo l’amministratore, nell’attività di riscossione, nella sua veste di mandatario con rappresentanza dei singoli condomini (Cass. sez. un. 18 settembre 2006 n. 20076). Per eliminare ogni dubbio, con l’art. 31 l. 11 dicembre 2012 n. 220, è stato modificato l’art. 23, comma 1, c.p.c., nel senso che la speciale competenza per territorio è stata prevista per le “cause tra condomini, ovvero tra condomini e condominio”. Non contento di ciò, il legislatore della riforma del condominio, nell’individuare le controversie condominiali per le quali è prevista l’obbligatorietà della mediazione, ha fatto riferimento non ai soggetti interessati, ma alla materia, cioè alla violazione od errata applicazione di tutte le disposizioni in materia di condominio, ma nulla autorizza a ritenere che abbia inteso estendere la necessità della mediazione anche ai procedimenti di volontaria giurisdizione previsti da tali disposizioni, in asserita deroga al principio generale di cui all’art. 5, comma 4, lett. f), del d. lgs. n. 28 del 2010. Occorre, in proposito, partire dalla considerazione che l’art. 5, comma 1 bis, l. 4 marzo 210 n. 28 (la cui rubrica recita “Condizioni di procedibilità e rapporti con il processo”) prevede la preventiva mediazione per chi “intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia” in determinate materie, per cui dovrebbe essere evidente che il successivo comma 4, il quale esclude la necessità della mediazione in determinate ipotesi in cui non si può dubitare dell’esistenza di una “controversia“, quando include tra le eccezioni, alla lettera f), i “procedimenti in camera di consiglio”, intende evidentemente riferirsi ai procedimenti di natura contenziosa per i quali è previsto il rito della camera di consiglio (come, ad es., nel caso di giudizi in tema di separazione personale tra i coniugi e di divorzio), non avendo senso tale previsione per i procedimenti in tema di volontaria giurisdizione, per i quali non si può parlare di “processo”, di “controversia”, di “azione”.
Ne consegue che l’art. 71 quater, cit. il quale prevede la necessità della mediazione alle “controversie” in cui si discute della violazione od errata applicazione di tutte le disposizioni in materia di condominio non può essere interpretato nel senso che ha esteso tale obbligo anche ai procedimenti di volontaria giurisdizione previsti da tali norme, perché essi non integrano “controversie” nel senso inteso dall’art. 5, cit.

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