lunedì 4 aprile 2016

Omessa restituzione della documentazione relativa al condominio: vi è responsabilità per appropriazione indebita dell’amministratore?

Deve rispondere del reato di appropriazione indebita, per difetto dell’ingiusto profitto, l’amministratore ove risulti il definitivo rifiuto dello stesso di restituire la documentazione inerente al condominio.

Secondo la S.C. risponde del reato di cui all’art.646 c.p. l’ex amministratore il quale si rifiuti di consegnare la documentazione di cui è in possesso relativa alla gestione del condominio (Cass. 17 maggio 2013 n. 29451).
Si tratta di un orientamento che non può essere condiviso sotto vari profili. In primo luogo, è dubbio che nel caso in cui l’amministratore si rifiuti di consegnare la documentazione in questione in quanto vanta crediti nei confronti del condominio la sua condotta sia illecita. Come ha affermato la S.C., l’omessa restituzione della cosa e la sua ritenzione a titolo precario, a garanzia di un preteso diritto di credito, non integra il reato di appropriazione indebita, in quanto non modifica il rapporto tra il detentore ed il bene attraverso un comportamento oggettivo di disposizione uti dominus e l’intenzione soggettiva di interversione del possesso (Cass. 25 gennaio 2002 n. 10774).
Su un piano più generale, in dottrina si è osservato che la condotta di appropriazione non va mai valutata alla stregua degli obblighi civili nascenti dal titolo del possesso. L’inosservanza degli obblighi civili, come tale, non è fonte di responsabilità penale. Fino a che il possessore non fa propria la cosa non costituisce reato il non restituirla puntualmente (PEDRAZZI, voce Appropriazione indebita, in Enc. dir., II, Milano, 1958, 833).
Nello stesso ordine di idee la S.C. ha ritenuto che la omessa restituzione della cosa alla controparte che ne ha fatto richiesta in pendenza di un rapporto contrattuale non integra, di per sè, il reato di appropriazione indebita, in quanto non modifica il rapporto tra il detentore e il bene attraverso un comportamento oggettivo di disposizione uti dominus e l’intenzione soggettiva di interversione del possesso, ma si riflette in un inadempimento di esclusiva rilevanza civilistica (Cass. 17 febbraio 2015 n. 12077; in senso conforme cfr. Cass., sez. II, 27 maggio 1981 n. 9410; Cass., sez. II, 2 dicembre 1969 n. 2401, per la quale la sola mancata restituzione della cosa altrui, non è, di per sé, sufficiente a concretare un fatto punibile a titolo di appropriazione indebita, ove non sussista l’intenzione, o non vi sia la prova dell’intenzione, da parte dell’agente, di appropriarsi della cosa stessa al fine di trarne profitto ingiusto; Cass., sez. II, 30 maggio 1969 n. 1377).
Va comunque dato atto che secondo altre decisioni il reato di appropriazione indebita può sussistere sia nel caso in cui l’agente dia alla cosa una destinazione incompatibile con il titolo e con le ragioni del suo possesso, sia nel caso in cui egli ometta deliberatamente di restituire la cosa, giacché in entrambe le ipotesi manifesta la sua volontà di affermare un dominio sulla cosa posseduta (Cass., sez. II, 18 febbraio 1970 n. 328; in senso conforme cfr. Cass. 24 settembre 2015 n. 44650).
Ad ogni modo è dubbio che debba rispondere del reato di appropriazione indebita, per difetto dell’ingiusto profitto, l’amministratore ove risulti il definitivo rifiuto dello stesso di restituire la documentazione inerente al condominio.
E’ vero che integra il reato in questione l’utilizzazione di un titolo di credito, come la condotta del prenditore che ponga all’incasso un assegno bancario ricevuto in garanzia, appropriandosi della somma riscossa, in violazione dell’accordo concluso con l’emittente (Cass., sez. II, 15 gennaio 2014 n. 5643) o l’appropriazione di un assegno anche se presso la banca trattaria manchino i fondi di provvista poiché tale inesistenza non influisce sulla validità del diritto di obbligazione derivante dal possesso del titolo (Cass., sez. III, 22 marzo 1961 n. 1022). Nei titoli di credito, infatti, il diritto è incorporato nel documento.
Per quanto riguarda gli altri documenti la loro appropriazione può integrare un illecito penale, ove la loro utilizzazione possa consentire all’autore di tale comportamento di conseguire un vantaggio economico.
Sotto tale profilo correttamente la S.C. ha ritenuto sussistente il reato previsto dall’art. 646 c.p. con riferimento alla appropriazione di disegni e progetti industriali coperti da segreto, in quanto la cartacea fisicità non era separabile dell’intrinseco valore consistente nella sintesi delle informazioni tecniche in essi contenuti (Cass., sez. II, 11 maggio 2010, in Giur. it. 2011, 168) nello stesso ordine di idee, con riferimento alla documentazione industriale e commerciale, avente rilevanza economica, rappresentativa di un’idea immateriale Cass., sez. II, 25 gennaio 2012 n. 8011).
Non può condividersi, invece, l’orientamento secondo il quale risponde di appropriazione indebita l’avvocato che si rifiuta di restituire al cliente la documentazione ricevuta, in quanto costituisce un comportamento oggettivamente eccedente la sfera delle facoltà ricomprese nel titolo del suo possesso (Cass., sez. II, 29 maggio 2008 n. 26820), o il soggetto che, nell’ambito della stipula di un contratto di locazione, dopo aver ricevuto il documento già sottoscritto dalla controparte, comunica informalmente di non voler procedere alla sua sottoscrizione e ne rifiuta la restituzione, attuando così un comportamento eccedente i limiti del titolo che legittima il possesso dell’atto (Cass. sez. II, 14 febbraio 2014 n. 20652), o che chi si rifiuta di restituire una cambiale pagata (Cass., sez. II, 24 febbraio 1971 n. 499).
E’ vero che secondo la S.C. l’ingiusto profitto per la S.C. non deve connotarsi necessariamente in senso patrimoniale, bastando anche soltanto il fine di perseguir un ingiusto vantaggio di altra natura. (Cass., sez. II, 22 ottobre 2010 n. 40119; per il riferimento a qualsiasi illegittima utilità cfr. Cass., sez. II, 25 marzo 1974 n. 4996), ma il termine “profitto” significa vantaggio economico, che non è connaturato ad ogni comportamento illecito di un soggetto che pure comporti un danno per un altro soggetto. Tale circostanza appare particolarmente importante se si considera che il termine in questione è usato per delineare gli elementi costitutivi di un reato contro il patrimonio quale è l’appropriazione indebita. Alla luce di tali considerazioni, il comportamento dell’amministratore il quale, alla cessazione dell’incarico, si rifiuti di consegnare la documentazione del condominio, pur costituendo indubbiamente un illecito civilistico, non è idoneo ad integrare il reato di appropriazione indebita.


di Roberto Triola
già Presidente della Seconda Sezione Civile della Cassazione
Amministrare Immobili

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