mercoledì 22 giugno 2016

INDEROGABILITÀ DELLE MAGGIORANZE DELIBERANTI: inderogabilità dei quorum costitutivi e deliberativi

La legge di riforma sul condominio, la n. 220/2012, non ha modificato i principi che regolano i quorum deliberativi e costitutivi, determinati con riferimento sia all'elemento personale (i condomini partecipanti all'assemblea e, in alcuni casi, partecipanti al condominio) sia all'elemento reale (il valore della proprietà espresso in millesimi).
Il quorum costitutivo, di prima convocazione, si compone della maggioranza dei partecipanti al condominio che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio, in seconda convocazione, di un terzo dei partecipanti al condominio che rappresentino almeno un terzo del valore dell'intero edificio.
I quorum deliberativi cambiano in base al tipo di delibera che deve essere assunta, comunque, dalla maggioranza dei condomini.
Il principio maggioritario è un principio specifico del condominio che vale a distinguerlo dalla discipline della comunione e della società in quanto, solo nel condominio, è previsto che la maggioranza venga raggiunta dalle persone (teste) e dal valore patrimoniale (millesimi).
I quorum sono immodificabili e la ragione della inderogabilità "in meno" delle maggioranze <<è quella di impedire che, tramite il principio maggioritario, in qualche misura, vengano menomati i diritti dei singoli partecipanti sulle parti comuni e il godimento delle unità immobiliari in proprietà esclusiva. Perchè, i quorum sono fissati in misura inderogabile (in meno), richiedendosi per le decisioni di particolare importanza il concorso di un numero considerevole di partecipanti e di una frazione consistente del valore dell'edificio>> (Cass. sent. n.19131/2015, sent. n. 1201/2002).
L'articolo 1138 u. co. c.c. dispone che <<le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli... 1136 c.c.>> (Casd. sent. n. 11268/1998).
Le maggioranze, quindi, non possono essere modificate "in meno", neanche per contratto ossia con una clausola contrattuale contenuta nel regolamento di condominio né con il consenso unanime dei partecipanti al condominio.
Se l'assemblea non può deliberare perché non si raggiunge la maggioranza prescritta non si può attribuire alla minoranza un ingiustificato potere di deliberare perché sovvertirebbe gli equilibri fissati, sulla base di elementi personali e reali, dalle regole concernenti il metodo collegiale e il principio maggioritario.
In tale eventualità si può ricorrere alla norma contenuta nell'articolo 1105 c.c. in tema di comunione - richiamabile al sensi dell'articolo 1139 c.c. - il quale dispone che se non si forma una maggioranza, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria.
In condominio, pertanto, vige la regola generale della inammissibilità di qualsivoglia delibera assunta con maggioranze inferiori a quelle previste dalla legge e, per contro, non si contempla, nessuna ipotesi nelle quali, ai fini dei quorum costitutivo e deliberativo, non si debba tener conto di tutti i partecipanti e di tutte le quote millesimali.
L'ormai consolidata giurisprudenza ritiene che, per potersi parlare di delibera valida, il raggiungimento del quorum minimo previsto dalla legge non è sufficiente, in quanto la maggioranza deve essere tale non solo relativamente al numero dei votanti a favore (maggioranza deliberante) ma anche relativamente al valore millesimale del bene da essi rappresentato, cioè <<è necessario che coloro che abbiano votato contro l'approvazione non siano rappresentativi di un valore maggiore - millesimale - rispetto agli altri, anche se numericamente inferiori>> (Cass. n. 6625/2004).
E' evidente, quindi, che <<per l'approvazione delle delibere assembleari in seconda convocazione devono sussistere entrambi i quorum previsti dal comma 3 dell'art. 1136 c.c. e entrambi devono risultare maggioritari, rispetto al numero e alla rappresentatività dei partecipanti contrari all'approvazione>> (Cats., Sent. n. 6625, cit.).
La motivazione posta alla base di tale deduzione starebbe nel fatto che, diversamente, ai fini dell'approvazione delle delibere, si conferirebbe una rilevanza maggiore al numero dei votanti (teste) rispetto al valore che essi rappresentano (millesimi): in tal modo si vanificherebbe la sostanziale differenza che c'è tra la comunione, dove prevalgono le quote (cioè il capitale), e il condominio, contraddistinto dall'equilibrato rapporto capitale (millesimi) e persone (teste).
La delibera assunta in una assemblea, in cui sussista una situazione paritaria di teste votanti a favore e contro, e inesistente, a prescindere dal quorum deliberativo rappresentato, perché non sussiste la maggioranza deliberante che, ovviamente, presuppone una minoranza.
Le delibere che presentano vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea o adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge sono annullabili ex art. 1137 co. 2, c.c. (Cass. S.U. sent. n. 4806/2005).

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