venerdì 21 ottobre 2016

Gestione & Amministrazione: Capacità relazionali e gestionali del gestore immobiliare

Il rispetto dovremmo impararlo da bambini, prima in famiglia e poi a scuola. E’ alla base delle relazioni umane e del vivere in società: senza non si potrebbe condividere niente e la vita sociale non potrebbe esistere. Il dizionario Treccani definisce il rispetto come il “Sentimento che porta a riconoscere i diritti, il decoro, la dignità e la personalità stessa di qualcuno, e quindi ad astenersi da ogni manifestazione che possa offenderli […]
E’ la definizione più calzante di una parola abusata e poco compresa e sentita. Il rispetto parte dal principio che, nonostante siamo diversi, ognuno di noi merita il riconoscimento da parte degli altri di quello che è.
Il rispetto è una qualità a doppio senso: per ottenerlo, dobbiamo darlo. Non possiamo pretenderlo dagli altri senza impegnarci in prima persona. Per mettere in pratica comportamenti rispettosi dell’altro e dell’ambiente che ci circonda, dobbiamo anche imparare a comunicare nel modo giusto i nostri disagi e le nostre sofferenze, senza aggredire l’altro, costruendo un dialogo che sia sinceramente comunicativo.
Purtroppo, spesso sentiamo che la nostra dignità viene calpestata e, a volte, senza rendercene conto calpestiamo e feriamo quella di altri. Raramente si manca di rispetto intenzionalmente. Il più delle volte non ce ne rendiamo proprio conto. Siamo troppo presi dalle nostre cose, dai nostri problemi, concentrati su noi stessi per accorgerci che stiamo mancando di rispetto. Ma ce ne rendiamo facilmente conto quando siamo noi a non essere rispettati. 
Il rispetto, come il suo contrario, riguarda quindi le relazioni fra le persone. Se siamo fra amici, familiari o conoscenti che hanno interessi e idee uguali alle nostre è nel nostro e loro interesse mantenere dei buoni rapporti, è presumibile che il rispetto sia più facile. Inoltre l’affetto che proviamo per le persone che ci circondano sublima le differenze e fa soprassedere alle manchevolezze che in altri non tolleriamo.
La situazione cambia quando il contesto è forzato e le relazioni sono obbligate dalla vicinanza abitativa o lavorativa e il rispetto riguarda il rapporto con il collega della scrivania accanto, o quello in catena di montaggio o la commessa del negozio dove lavoro. 
Ma ancora più difficili ed esasperate possono diventare le relazioni tra i condomini, nelle quali la mancanza di rispetto e le accuse reciproche al riguardo sono più una regola che un’eccezione e finiscono con il coinvolgere anche l’amministratore. La mancanza di rispetto fa perdere di vista i problemi comuni, che si devono affrontare e possibilmente risolvere, ed è causa delle deliranti assemblee condominiali. I condomini, nonostante condividano gli spazi e abbiano reali interessi comuni, spesso, a causa della mancanza di rispetto reciproco, oltre che di ascolto, si trovano coinvolti in spirali perverse e in conflitti che consumano energie e compromettono la qualità della vita e la soluzione dei problemi. 
La psicologia di comunità ha da sempre posto l’attenzione sui rapporti dei microcosmi abitativi, considerandoli espressione delle variegate relazioni umane. L’idea utopica su cui si basa la teoria è che una volta promossa la condivisione consapevole di interessi comuni, si sviluppi il senso di comunità. Questo ovviamente è il presupposto per iniziare un lavoro di coinvolgimento in prima persona degli attori presenti nel microcosmo abitativo. Non solo è fondamentale diminuire le difficoltà relazionali aumentando la coesione e il senso di comunità tra i vicini di casa, ma è importante il coinvolgimento degli attori esterni a queste relazioni, come gli amministratori, per imparare un linguaggio condiviso che porti all’ascolto reciproco.
Tutte le parti coinvolte sono responsabili della vivibilità degli spazi e protagonisti del miglioramento della qualità della vita.
La comprensione e la consapevolezza che le scale del condominio sono un bene comune, porta ad avere rispetto dell’altro, migliorando le proprie abitudini per favorire una convivenza pacifica.
La conoscenza dell’altro può aiutare a diminuire la paura del diverso e aumentare il senso di sicurezza che spesso ricerchiamo e abbiamo solo chiudendo dietro di noi la porta di casa. 
Ricostruire la parte buona delle relazioni che avevano i nostri nonni nelle corti di campagna, può aumentare la solidarietà tra le persone, portandole a responsabilizzarsi rispetto alle problematiche comuni agli altri e a diminuire i conflitti.
Capire che l’odore del cavolo lessato per le scale può essere insopportabile, perché qualcuno te lo dice con rispetto, può insegnare a cucinarlo in momenti o in modalità diverse, per non infastidire il vicino! 
Questo può essere esteso a tutti i comportamenti che coinvolgono l’amministratore in questioni che non hanno soluzioni nel codice civile o nei regolamenti condominiali imposti ma sono solo espressione della mancanza di rispetto verso gli altri e degli spazi comuni. 
Il processo di sensibilizzazione e di consapevolezza può migliorare la relazione tra vicini, ma anche con gli amministratori e i locatari, diminuendo i conflitti inutili e migliorando la modalità per affrontare quelli inevitabili.

di Elvio Raffaello Martini
Psicologo 

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