Il rispetto dovremmo impararlo da bambini, prima in famiglia e poi a scuola. E’ alla base delle relazioni umane e del vivere in società: senza non si potrebbe condividere niente e la vita sociale non potrebbe esistere. Il dizionario Treccani definisce il rispetto come il “Sentimento che porta a riconoscere i diritti, il decoro, la dignità e la personalità stessa di qualcuno, e quindi ad astenersi da ogni manifestazione che possa offenderli […]
E’ la definizione più calzante di una parola abusata
e poco compresa e sentita. Il rispetto parte dal
principio che, nonostante siamo diversi, ognuno
di noi merita il riconoscimento da parte degli altri
di quello che è.
Il rispetto è una qualità a doppio senso: per ottenerlo,
dobbiamo darlo. Non possiamo pretenderlo
dagli altri senza impegnarci in prima persona.
Per mettere in pratica comportamenti rispettosi
dell’altro e dell’ambiente che ci circonda, dobbiamo anche imparare a comunicare nel modo giusto
i nostri disagi e le nostre sofferenze, senza
aggredire l’altro, costruendo un dialogo che sia
sinceramente comunicativo.
Purtroppo, spesso sentiamo che la nostra dignità
viene calpestata e, a volte, senza rendercene
conto calpestiamo e feriamo quella di altri. Raramente
si manca di rispetto intenzionalmente. Il
più delle volte non ce ne rendiamo proprio conto.
Siamo troppo presi dalle nostre cose, dai nostri
problemi, concentrati su noi stessi per accorgerci
che stiamo mancando di rispetto. Ma ce ne rendiamo
facilmente conto quando siamo noi a non
essere rispettati.
Il rispetto, come il suo contrario, riguarda quindi
le relazioni fra le persone. Se siamo fra amici,
familiari o conoscenti che hanno interessi e idee
uguali alle nostre è nel nostro e loro interesse
mantenere dei buoni rapporti, è presumibile che
il rispetto sia più facile. Inoltre l’affetto che proviamo
per le persone che ci circondano sublima le
differenze e fa soprassedere alle manchevolezze
che in altri non tolleriamo.
La situazione cambia quando il contesto è forzato e le relazioni sono obbligate dalla vicinanza
abitativa o lavorativa e il rispetto riguarda il
rapporto con il collega della scrivania accanto, o
quello in catena di montaggio o la commessa del
negozio dove lavoro.
Ma ancora più difficili ed esasperate possono diventare
le relazioni tra i condomini, nelle quali
la mancanza di rispetto e le accuse reciproche al
riguardo sono più una regola che un’eccezione e
finiscono con il coinvolgere anche l’amministratore.
La mancanza di rispetto fa perdere di vista
i problemi comuni, che si devono affrontare e
possibilmente risolvere, ed è causa delle deliranti
assemblee condominiali. I condomini, nonostante
condividano gli spazi e abbiano reali interessi comuni,
spesso, a causa della mancanza di rispetto
reciproco, oltre che di ascolto, si trovano coinvolti
in spirali perverse e in conflitti che consumano
energie e compromettono la qualità della vita e la
soluzione dei problemi.
La psicologia di comunità ha da sempre posto
l’attenzione sui rapporti dei microcosmi abitativi,
considerandoli espressione delle variegate relazioni
umane. L’idea utopica su cui si basa la teoria
è che una volta promossa la condivisione consapevole
di interessi comuni, si sviluppi il senso
di comunità. Questo ovviamente è il presupposto
per iniziare un lavoro di coinvolgimento in prima
persona degli attori presenti nel microcosmo
abitativo. Non solo è fondamentale diminuire le
difficoltà relazionali aumentando la coesione e
il senso di comunità tra i vicini di casa, ma è
importante il coinvolgimento degli attori esterni
a queste relazioni, come gli amministratori, per
imparare un linguaggio condiviso che porti all’ascolto
reciproco.
Tutte le parti coinvolte sono responsabili della
vivibilità degli spazi e protagonisti del miglioramento
della qualità della vita.
La comprensione e la consapevolezza che le scale
del condominio sono un bene comune, porta ad
avere rispetto dell’altro, migliorando le proprie
abitudini per favorire una convivenza pacifica.
La conoscenza dell’altro può aiutare a diminuire
la paura del diverso e aumentare il senso di sicurezza
che spesso ricerchiamo e abbiamo solo
chiudendo dietro di noi la porta di casa.
Ricostruire la parte buona delle relazioni che avevano
i nostri nonni nelle corti di campagna, può
aumentare la solidarietà tra le persone, portandole
a responsabilizzarsi rispetto alle problematiche
comuni agli altri e a diminuire i conflitti.
Capire che l’odore del cavolo lessato per le scale può
essere insopportabile, perché qualcuno te lo dice
con rispetto, può insegnare a cucinarlo in momenti
o in modalità diverse, per non infastidire il vicino!
Questo può essere esteso a tutti i comportamenti
che coinvolgono l’amministratore in questioni
che non hanno soluzioni nel codice civile o nei
regolamenti condominiali imposti ma sono solo
espressione della mancanza di rispetto verso gli
altri e degli spazi comuni.
Il processo di sensibilizzazione e di consapevolezza
può migliorare la relazione tra vicini, ma anche
con gli amministratori e i locatari, diminuendo
i conflitti inutili e migliorando la modalità per
affrontare quelli inevitabili.
di Elvio Raffaello Martini
Psicologo
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