martedì 29 novembre 2016

DECRETO INGIUNTIVO: PROBLEMATICHE

Come già accennato, il decreto ingiuntivo in materia condominiale è immediatamente esecutivo, nonostante l'opposizione talchè, volendo, il legale incaricato dal condominio potrebbe notificare al moroso, contestualmente, il titolo rappresentato dal decreto ingiuntivo - e l'atto di precetto, propedeutico all'azione di esecuzione. Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, allorché il condomino, malgrado una sua morosità persistente e consistente, non abbia mai dato riscontro agli inviti di adempimento rivolti dal condominio. In tale situazione l'ente creditore, per accelerare l'azione esecutiva, potrebbe, a ragione, decidere di non attendere i canonici quaranta giorni fissati dall'art. 645 c.p.c. riservati al debitore per promuovere l'opposizione. Si ritiene, tuttavia, che una eventuale causa di contrasto ed una ipotizzabile sospensione dell'esecuzione (nel caso prospettato già avviata) debbano sconsigliare di precorrere i tempi, poiché il giudizio esecutivo così incardinato verrebbe sospeso in attesa della decisione di merito ed il condominio si troverebbe ad anticipare del tutto inutilmente spese legali e giudiziarie, la cui entità è sempre commisurata al valore della controversia.
La questione non è di poco conto perché molto spesso gli amministratori, rilasciando ai propri difensori deleghe che coprono il giudizio di primo grado, quello di appello fino a quello di carattere esecutivo conferiscono al legale uno spazio di manovra molto ampio. Questo potrebbe implicare un rischio che deve essere calcolato dall'amministratore in via preventiva, poiché ogni giudizio che viene incardinato ha una sua storia, così un'azione esecutiva prima di essere promossa deve essere valutata nella sua convenienza. Ciò significa che è opportuno - a salvaguardia dell'amministratore - che la decisione se procedere o memo in via esecutiva sia portata all'attenzione dell'assemblea, la quale deciderà sulla scorta delle indicazioni del legale. Quanto fino ad ora rilevato sembrerebbe confliggere con il dettato legislativo, che all'art. 1129, co. 12, n. 6 tra le gravi irregolarità annovera la seguente: "qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l'aver omesso di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione coattiva".
A mio avviso non vi è contrasto con quanto rilevato in ordine all'opportunità di procedere in via esecutiva nei confronti dell'ingiunto. Infatti, se è vero che l'amministratore non si può esimere dal richiedere, tramite lo strumento ingiuntivo, il pagamento degli oneri condominiali è altrettanto vero che promuovere una procedura esecutiva (mobiliare, presso terzi o immobiliare), obiettivamente costosa, non è consigliabile quando la sussistenza e consistenza del patrimonio del debitore non offra una concreta prospettiva di realizzo. Diverso, invece, e questo mi sembra l'oggetto della norma, se la procedura esecutiva sia stata avviata e l'amministratore non ne segua lo sviluppo in tandem con il difensore del condominio riferendone, periodicamente, all'assemblea.
In quest'ottica si inserisce un'altra problematica, che concerne la richiesta del condomino, che abbia subito un decreto ingiuntivo, di dilazionare il pagamento della somma dovuta, oppure di raggiungere un accordo in via transattiva con il condominio a definizione dell'intero debito.
Va premesso che con l'entrata in vigore della riforma del condominio situazioni di questo tipo non si dovrebbero più verificare, in quanto - come visto - l'obbligo dell'amministratore di procedere alla riscossione forzosa dei crediti condominiali entro un termine prefissato dovrebbe costituire un deterrente anche per i morosi irriducibili, non è improbabile che, nel caso di sofferenza della cassa comune, il rappresentante dell'Ente incontri proprio nell'assemblea, che non delibera sul costituendo fondo per le spese che consentano azioni ingiuntive il vero ostacolo. Ed è evidente che, in tali circostanze, certamente l'amministratore non potrà anticipare spese per conto del condominio.
Nell'uno e nell'altro caso (rateizzazione ed accordo transattivo) l'amministratore non può assumere direttamente una decisione che è prerogativa dell'assemblea, la quale ha la massima discrezionalità operativa, nel rispetto delle maggioranze di legge. Con particolare riferimento all'accordo transattivo ancora in questi giorni la Cassazione ha specificato che l'assemblea può deliberare a maggioranza su tutto ciò che riguarda le spese di interesse comune e, quindi, anche sulle transazioni che a tali spese afferiscano, essendo necessario il consenso unanime dei condomini, ai sensi dell'art. 1108, terzo comma, c.c., solo quando la transazione abbia ad oggetto i diritti reali comuni (Cass. 13 aprile 2016, n. 7201. Conf. Cass. 16 gennaio 2014, n. 821).

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