giovedì 2 febbraio 2017

La normativa europea sulle professioni regolamentate (ultima parte)

Per professione non regolamentata la legge vigente intende: «l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi,esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in Albi o elenchi ai sensi dell’art. 2229 del c.c., delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative».

Le associazioni devono assicurare che si conoscano i seguenti elementi:
  • atto costitutivo e statuto;
  • precisa identificazione delle attività professionali cui l’associazione si riferisce;
  • composizione degli organismi deliberativi e titolari delle cariche sociali;
  • struttura organizzativa dell’associazione;
  • requisiti per la partecipazione dei professionisti all’associazione (titoli di studio, obblighi di aggiornamento professionale, quote da versare);
  • assenza di scopo di lucro.
Le associazioni si devono impegnare a garantire la trasparenza e la deontologia nonché a promuovere la formazione permanente degli iscritti. E’ prevista l’adozione di un codice di condotta ai sensi dell’articolo n. 27 bis, del d.lgs. n. 206/2005, e di sanzioni per chi viola le regole professionali. Devono anche promuove forme di garanzie per il cittadino consumatore anche attraverso l’attivazione di uno sportello di riferimento a cui rivolgersi per i contenziosi. Qualora l’associazione autorizzi i suoi membri ad utilizzare il riferimento all’iscrizione all’associazione quale marchio o attestato di qualità e di qualificazione professionale, ha l’obbligo di garantire la conoscibilità dei seguenti elementi:
  • codice di condotta, con la previsione di sanzioni graduate in relazione alle violazioni poste in essere e l’organo preposto (probiviri) all’adozione dei provvedimenti disciplinari;
  • elenco degli iscritti, aggiornato annualmente;
  • sedi dell’associazione sul territorio nazionale, in almeno tre regioni;
  • presenza di una struttura tecnico-scientifica dedicata alla formazione permanente degli associati, in forma diretta o indiretta;
  • eventuale possesso di un sistema certificato di qualità dell’associazione conforme alla norma UNI EN ISO 9001 per il settore di competenza;
  • le garanzie attivate a tutela degli utenti, tra cui la presenza, i recapiti e le modalità di accesso allo sportello.
Le associazioni possono inoltre rilasciare agli iscritti un’attestazione che assicuri:
  • la regolare iscrizione del professionista all’associazione;
  • i requisiti necessari alla partecipazione all’associazione stessa, gli standard qualitativi e di qualificazione professionale che gli iscritti sono tenuti a rispettare;
  • le garanzie fornite dall’associazione all’utente;
  • l’eventuale possesso della polizza assicurativa per la responsabilità professionale stipulata dal professionista;
La legge n. 4/2013 affida alle associazioni un compito molto importante a tutela dei consumatori riconoscendo loro il compito di rilasciare l’attestazione di qualificazione professionale ai propri iscritti,conferendo alle associazioni di diventare così l’anima delle professioni, consapevoli che appartenere ad un’associazione si offre all’utente finale la garanzia sul grado di specializzazione, di aggiornamento e formazione continua dei professionisti, contribuendo a mantenere alto il livello della qualità.
L’articolo 6 della legge n. 4/2013, pur non rendendo obbligatorio il rispetto delle norme UNI, definisce quei principi e criteri generali che disciplinano l’esercizio autoregolamentato dell’attività professionale che la norma tecnica di fatto garantisce. Così la conformità alle norme tecniche diventa un fattore importante, come altrettanto determinante diventa quindi la partecipazione ai lavori degli organi tecnici UNI.
Ricordiamo che esistono già alcune norme UNI che definiscono i requisiti di specifiche attività professionali e altre sono in corso di elaborazione presso la commissione tecnica UNI “Attività professionali non regolamentate” secondo uno schema unico di riferimento coerente con i principi dell’European Qualification Framework (EQF). In Italia, fino all’emanazione della legge n. 4/2013, lo status di professionista intellettuale era limitato solo alla categoria di professionisti che dimostravano l’iscrizione ad un albo, ordine o collegio.
La legge 4/2013 va letta alla luce di un siffatto contesto, e anche alla luce dell’annosa incapacità del Parlamento italiano di procedere a un riordino delle professioni che avesse come baricentro l’innalzamento della qualità dei servizi e la regolamentazione del mercato, invece della tutela degli interessi corporativi degli ordini. Per quanto manchi nei loro confronti un riconoscimento formale, la presenza delle realtà associative assume particolare rilievo: grazie all’iscrizione del professionista a una di esse, i clienti/utenti potranno essere rassicurati sull’esistenza di numerosi aspetti di professionalità della prestazione; si potrebbe parlare, insomma, di una sorta di “bollino blu” per i professionisti facenti parte di un’associazione. All’interno di questo schema, basilare è la convivenza tra i due regimi della certificazione e dell’attestazione.
Questi si sovrappongono qualora il professionista sia in possesso sia del certificato di conformità che dell’attestato associativo, quasi come se l’uno possa considerarsi di base e l’altro di specializzazione, anche se in momenti di accesa polemica, si possa pensare di derubricare l’attestato associativo al rango di mero attestato di iscrizione. In realtà, il dettato sembra prestarsi a potenziali ambiguità; per smussarne alcune si è argomentato che il sistema disegnato dalla legge è aperto a due scenari. «Il primo tende ad esaurire con l’attestato rilasciato dall’associazione tutto il procedimento di riconoscibilità della professione. Il secondo realizza pienamente il valore sistemico della legge perché si adatta a tutte quelle professioni che nel settore giuridico, tecnico e del benessere svolgono attività specialistiche anche in concorrenza con gli ordini professionale.
A chi deve rivolgersi il consumatore che intende contestare la fruizione di un servizio ritenuto scadente o lacunoso, qualora questo sia stato erogato da un professionista dipendente, pubblico o privato. L’azione dell’utente non potrà che rivolgersi a chi detiene la titolarità del servizio. Va ricordato, che gli enti titolari della gestione del servizio hanno l’obbligo della predisposizione della carta dei servizi, che rappresenta lo strumento di difesa degli utenti e deve indicare in modo preciso le modalità e i tempi di presentazione, nonché di verifica, delle rimostranze dei cittadini che si reputano danneggiati.
Mentre le proposte di legge in materia di disciplina delle professioni continuavano a finire su binari morti, il Governo emanava il d.l. n. 206 del 9 novembre 2007. Si tratta di un decreto di rilevanza strategica, che segna uno spartiacque nella disciplina delle associazioni e delle professioni non riconosciute, poiché non solo ha messo in moto importanti meccanismi di riconoscimento, ma ha anche stabilito dei principi generali dai quali in futuro sarà impossibile derogare. Il decreto recepisce la direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche professionali del Parlamento europeo e del Consiglio. 
Pertanto possiamo affermare che il decreto 206/2007 ha dato una prima applicazione ad un insieme di principi considerati tra i cardini della politica europea, come la libertà di prestazione dei servizi e della libera circolazione. Il decreto favorisce il mercato delle professioni alle attività fino ad allora non riconosciute e non regolamentate, non solo consente ai nostri professionisti di non partire svantaggiati nei confronti della concorrenza proveniente dagli altri Paesi europei ma per quanto attiene al nostro specifico campo d’interesse, in virtù dell’articolo 26, introduce per la prima volta in Italia un soggetto in precedenza del tutto assente in questo tipo di legislazione: le associazioni delle professioni non regolamentate.
Esso infatti, facendo propria un’impostazione basata sul sistema di tipo aperto e non ordini stico, designa in primo luogo anche le associazioni professionali rappresentative tra i soggetti ammessi a partecipare all’elaborazione di proposte in materia di piattaforme comuni; in secondo luogo dispone concretamente quali siano i criteri e le procedure in base a cui determinare il riconoscimento delle associazioni.
Per alcuni anni l’articolo 26, in assenza di una legge organica sulle professioni non regolate, ha rappresentato, benché solo parziale,una forma di riconoscimento, con la conseguenza di trasformarsi in un terreno di scontro tra interessi contrastanti.
Questa è stata la causa principale dell’inaccettabile lentezza con cui il Ministero della giustizia e il CNEL hanno esaminato le domande di riconoscimento presentate dalle associazioni. Il congresso di Verona rappresenta per ANACI una data storica nel percorso della sua evoluzione culturale.
Con il NUOVO statuto che stabilisce l’obbligo dal primo gennaio 2017 di certificazione UNI di tutti i dirigenti. La nostra associazione ha gli strumenti per attuare praticamente la certificazione di TUTTI i suoi associati su tutto il territorio nazionale ed essere riconosciuta scuola di formazione per gli amministratori immobiliari professionisti. Tutta la dirigenza nazionale augura agli associati un 2017 pieno di soddisfazioni e di crescita professionale, nonché il riconoscimento delle nostre competenze e di impegno continuo nel gestire il bene più prezioso.

fonte Amministrare Immobili
di Francesco Burrelli

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