martedì 20 giugno 2017

Il fabbisogno energetico per la ripartizione della spesa del riscaldamento

Il calcolo del fabbisogno termico è elemento necessario per procedere correttamente alla ripartizione della spesa del riscaldamento conseguentemente all’adozione dei sistemi di contabilizzazione e, ove previsto, di termoregolazione. L’articolo 9, comma 5, lettera d), del D. Lgs. 102/2014, prevede che il criterio base per la ripartizione della spesa debba necessariamente essere la norma UNI 10200 (attualmente è in vigore la versione del 2015).
Tuttavia, qualora siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l’edificio polifunzionale superiori al 50 per cento, è possibile suddividere l’importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate.
Appare quindi essenziale, prima di dare corso all’incarico per la redazione dei calcoli necessari ai fini della norma UNI 10200, procedere alla determinazione del fabbisogno energetico.
Infatti, acquisiti questi dati, la prima cosa da verificare è se sussistano o meno i presupposti per poter disapplicare la norma UNI. In tal caso, la questione dovrà essere sottoposta all’assemblea la quale potrà valutare quale scelta adottare. Si ritiene indispensabile la presenza del professionista in quella sede.
Nel caso in cui i condomini dovessero scegliere di non fare ricorso alla norma tecnica per la ripartizione, il fabbisogno non sarà più necessario, anche se resta un dato utile per eventuali scelte future. Qualora, invece, l’assemblea dovesse decidere di applicare la norma UNI, il fabbisogno sarà necessario per la formazione della nuova tabella millesimale del riscaldamento.
La norma tecnica per il calcolo del fabbisogno è la UNI TS 11300 che, si ritiene, non debba essere applicata pedissequamente.
La norma, infatti, per calcolare il fabbisogno prevede di considerare l’attività posta all’interno delle unità immobiliari. Infatti, se vi fosse un ufficio con molti computer che erogano calore, il fabbisogno energetico sarebbe diverso da quello, ad esempio, di una unità immobiliare ad uso abitazione oppure se nell’appartamento vi fosse un negozio da parrucchiera con i caschi che, notoriamente, scaldano molto.
A seconda dell’attività posta all’interno dell’alloggio, cambia, quindi, la quantità di calore che deve essere prelevata dai corpi scaldanti e, quindi, il fabbisogno.
Tali elementi andrebbero ad incidere sulle differenze di fabbisogno con la conseguenza che, cessata l’attività e mutata la destinazione (ad esempio da parrucchiera a enoteca), conseguirebbe una modifica che potrebbe alterare le differenze oltre il 50%. Così fosse, ogni volta che varia una attività, occorrerebbe procedere nuovamente ai calcoli (quanto meno dell’unità stessa) per verificare se ancora sussistono le condizioni per disapplicare la norma UNI.
Ne consegue che si sarebbe portati a ritenere che il calcolo del fabbisogno debba essere effettuato senza considerare l’attività che in concreto viene svolta nell’unità immobiliare. Saranno invece presi in considerazione solo l’edificio e quelle parti di esso che possono portare a minori o maggiore dispersioni ma che, in ogni caso, riguardano il palazzo e non l’uso che dello stesso viene fatto. Pertanto, si ritiene che debbano essere considerati i doppi vetri e gli eventuali “cappotti interni” che, in ogni caso, hanno carattere di stabilità nel tempo.
Qualora, invece, i condomini dovessero decidere di applicare comunque la norma UNI 10200 (oppure se non dovessero sussistere le condizioni per la sua disapplicazione), la determinazione del fabbisogno torna utile per calcolare la nuova tabella millesimale con la quale verranno ripartiti i costi che generano la così detta “spesa per potenza termica installata”: dispersioni (la così detta quota fissa), energia elettrica, terzo responsabile, manutenzione ordinaria.
In tal caso, però, occorrerà apportare modifiche ai criteri utilizzati per il calcolo. Poichè, in tal caso, il calcolo del fabbisogno è strumento per procedere alla determinazione della tabella millesimale, troveranno applicazione quelle norme che disciplinano i criteri per la formazione della stessa.
L’articolo 68 comma 2 delle disposizioni di attuazione del codice civile, prevede espressamente che “nell’accertamento dei valori di cui al primo comma (millesimi -ndr-) non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare”.
Conseguentemente, non dovranno essere considerati i doppi vetri in quanto “miglioramenti”. Questi, riducendo le dispersioni, sicuramente vanno ad abbassare il fabbisogno dell’unità immobiliare. Tuttavia la norma del codice deve prevalere sulla norma tecnica (la UNI TS 11300) che, peraltro, non è richiamata espressamente dalla legge.
Il professionista deve quindi considerare, per la determinazione della tabella millesimale, lo stato degli infissi al momento del completamento dell’edificio.
Si ricordi che la tabella millesimale verrà utilizzata per la ripartizione della spesa per potenza termica installata. Il risparmio per il singolo condomino che ha effettuato opere o interventi migliorativi energeticamente, si ha nella quota a consumo. Infatti, avendo diminuito il fabbisogno dell’unità immobiliare, sarà necessario prelevare una quantità inferiore di calore dai corpi scaldanti.

di Edoardo Riccio
Coordinatore Giuridico CSN

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