Il calcolo del fabbisogno termico è elemento
necessario per procedere correttamente alla
ripartizione della spesa del riscaldamento conseguentemente
all’adozione dei sistemi di contabilizzazione
e, ove previsto, di termoregolazione.
L’articolo 9, comma 5, lettera d), del D. Lgs.
102/2014, prevede che il criterio base per la ripartizione
della spesa debba necessariamente essere
la norma UNI 10200 (attualmente è in vigore
la versione del 2015).
Tuttavia, qualora siano comprovate, tramite apposita
relazione tecnica asseverata, differenze di
fabbisogno termico per metro quadro tra le unità
immobiliari costituenti il condominio o l’edificio
polifunzionale superiori al 50 per cento, è possibile
suddividere l’importo complessivo tra gli utenti
finali attribuendo una quota di almeno il 70 per
cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica.
In tal caso gli importi rimanenti possono essere
ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo,
secondo i millesimi, i metri quadri o i metri
cubi utili, oppure secondo le potenze installate.
Appare quindi essenziale, prima di dare corso
all’incarico per la redazione dei calcoli necessari
ai fini della norma UNI 10200, procedere alla determinazione
del fabbisogno energetico.
Infatti, acquisiti questi dati, la prima cosa da verificare
è se sussistano o meno i presupposti per poter
disapplicare la norma UNI. In tal caso, la questione
dovrà essere sottoposta all’assemblea la quale potrà
valutare quale scelta adottare. Si ritiene indispensabile
la presenza del professionista in quella sede.
Nel caso in cui i condomini dovessero scegliere
di non fare ricorso alla norma tecnica per la ripartizione,
il fabbisogno non sarà più necessario,
anche se resta un dato utile per eventuali scelte
future. Qualora, invece, l’assemblea dovesse decidere
di applicare la norma UNI, il fabbisogno sarà
necessario per la formazione della nuova tabella
millesimale del riscaldamento.
La norma tecnica per il calcolo del fabbisogno è
la UNI TS 11300 che, si ritiene, non debba essere
applicata pedissequamente.
La norma, infatti, per calcolare il fabbisogno prevede di considerare l’attività posta all’interno
delle unità immobiliari. Infatti, se vi fosse un ufficio
con molti computer che erogano calore, il
fabbisogno energetico sarebbe diverso da quello,
ad esempio, di una unità immobiliare ad uso abitazione
oppure se nell’appartamento vi fosse un
negozio da parrucchiera con i caschi che, notoriamente,
scaldano molto.
A seconda dell’attività posta all’interno dell’alloggio,
cambia, quindi, la quantità di calore che deve
essere prelevata dai corpi scaldanti e, quindi, il
fabbisogno.
Tali elementi andrebbero ad incidere sulle differenze
di fabbisogno con la conseguenza che, cessata
l’attività e mutata la destinazione (ad esempio
da parrucchiera a enoteca), conseguirebbe una modifica che potrebbe alterare le differenze
oltre il 50%. Così fosse, ogni volta che varia una
attività, occorrerebbe procedere nuovamente ai
calcoli (quanto meno dell’unità stessa) per verificare
se ancora sussistono le condizioni per disapplicare
la norma UNI.
Ne consegue che si sarebbe portati a ritenere che il
calcolo del fabbisogno debba essere effettuato senza
considerare l’attività che in concreto viene svolta
nell’unità immobiliare. Saranno invece presi in considerazione
solo l’edificio e quelle parti di esso che
possono portare a minori o maggiore dispersioni ma
che, in ogni caso, riguardano il palazzo e non l’uso
che dello stesso viene fatto. Pertanto, si ritiene che
debbano essere considerati i doppi vetri e gli eventuali
“cappotti interni” che, in ogni caso, hanno carattere
di stabilità nel tempo.
Qualora, invece, i condomini dovessero decidere
di applicare comunque la norma UNI 10200 (oppure
se non dovessero sussistere le condizioni
per la sua disapplicazione), la determinazione del
fabbisogno torna utile per calcolare la nuova tabella
millesimale con la quale verranno ripartiti i
costi che generano la così detta “spesa per potenza
termica installata”: dispersioni (la così detta
quota fissa), energia elettrica, terzo responsabile,
manutenzione ordinaria.
In tal caso, però, occorrerà apportare modifiche ai
criteri utilizzati per il calcolo. Poichè, in tal caso, il calcolo del fabbisogno è strumento per procedere
alla determinazione della tabella millesimale, troveranno
applicazione quelle norme che disciplinano
i criteri per la formazione della stessa.
L’articolo 68 comma 2 delle disposizioni di attuazione
del codice civile, prevede espressamente
che “nell’accertamento dei valori di cui al primo
comma (millesimi -ndr-) non si tiene conto del
canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato
di manutenzione di ciascuna unità immobiliare”.
Conseguentemente, non dovranno essere considerati
i doppi vetri in quanto “miglioramenti”. Questi,
riducendo le dispersioni, sicuramente vanno
ad abbassare il fabbisogno dell’unità immobiliare.
Tuttavia la norma del codice deve prevalere sulla
norma tecnica (la UNI TS 11300) che, peraltro,
non è richiamata espressamente dalla legge.
Il professionista deve quindi considerare, per la
determinazione della tabella millesimale, lo stato
degli infissi al momento del completamento
dell’edificio.
Si ricordi che la tabella millesimale verrà utilizzata
per la ripartizione della spesa per potenza termica
installata. Il risparmio per il singolo condomino
che ha effettuato opere o interventi migliorativi
energeticamente, si ha nella quota a consumo. Infatti,
avendo diminuito il fabbisogno dell’unità immobiliare,
sarà necessario prelevare una quantità
inferiore di calore dai corpi scaldanti.
di Edoardo Riccio
Coordinatore Giuridico CSN
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