La Cassazione penale con la Sentenza n. 16644/2017 stabilisce che incorre nel reato di truffa contrattuale chi vende un immobile con prestazioni energetiche difformi a quelle contenute nell’Attestato di Prestazione Energetica.
Sostengo, fin dalla nascita della certificazione
energetica in Italia (che possiamo datare ufficialmente
dal 2007 in avanti), che l’Attestato di
Prestazione Eanergetica (APE - prima Attestato di
Certificazione Energetica ACE) si può configurare
a tutti gli effetti come un atto pubblico, essendo
esso stesso vidimato - attraverso un protocollo
ufficiale - da un Ente Pubblico quale la Regione
(all’inizio dal Comune).
Il falso in atto pubblico, o meglio la Falsità ideologica
commessa dal privato in atto pubblico, è
punibile dall’Art. 483 del Codice Penale come segue
“[I]. Chiunque attesta falsamente al pubblico
ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto
è destinato a provare la verità, è punito con la
reclusione fino a due anni. [II]. Se si tratta di false
attestazioni in atti dello stato civile [449 c.c.], la
reclusione non può essere inferiore a tre mesi”.
Questo sicuramente riguarda il Certificatore, ma il
venditore non è esente dalla colpa, infatti se l’APE
attesta il consumo di un edificio, tale informazione
deve essere garantita dal venditore al compratore
e deve essere un’informazione veritiera. Nel caso in
cui i consumi reali fossero sensibilmente diversi,
il compratore, rispettando le tempistiche di legge,
può richiedere al venditore una riduzione di prezzo
oppure, se la differenza di consumo è particolarmente
rilevante, la risoluzione del contratto (Art.
1490 del Codice Civile).
Lo conferma una recente Sentenza n. 16644/2017
pubblicata il 4 aprile emessa della Corte di Cassazione
Penale che ha stabilito che incorre nel reato
di truffa contrattuale chi vende un immobile con
prestazioni energetiche non corrispondenti a quelle
dichiarate nell’APE.
Nel caso in esame la Corte di appello di Milano assolveva l’imputato dal reato di truffa contrattuale
(Art. 640 del Codice Penale). Si contestava la
vendita di un immobile con caratteristiche diverse
da quelle dichiarate con riguardo alla definizione
della categoria energetica. La responsabilità veniva
esclusa ritenendo che l’imputata fosse in buona
fede in quanto aveva confidato nelle valutazioni
dei tecnici che attestavano la conformità delle
opere al progetto approvato.
- Il ricorso coraggioso
“1. Vizio di motivazione: l’imputato non poteva essere in buona fede tenuto conto del fatto che era consapevole di avere effettuato lavori in economia; il fatto che il tecnico certificante avesse ritenuto rispettato il progetto non poteva escludere la consapevolezza degli inadempimenti in capo all’imputato, costruttore, che sapeva di avere utilizzato materiali di qualità inferiore a quella dichiarata, di avere installato serramenti e impianto di riscaldamento non conformi e di non avere rifatto il tetto.
2. Vizio di legge: avrebbe dovuto essere riconosciuto quantomeno il dolo eventuale in quanto il venditore avrebbe dovuto rappresentarsi che la difformità delle opere rispetto al progetto avrebbe avuto delle conseguenze sulla classificazione energetica dell’alloggio”
Giudicando fondato il ricorso, la Cassazione ha osservato che “la difformità tra i lavori eseguiti e quelli progettati e la conseguente vendita dell’immobile con una classe energetica effettiva non corrispondente a quella dichiarata non poteva sfuggire al costruttore, dato che le opere effettuate risultano meno costose di quelle che avrebbero dovuto essere eseguite per rispettare i parametri energetici contenuti nel progetto.
Poiché il risparmio di spesa conseguente alla esecuzione di opere non conformi a quelle progettate e che avrebbe garantito il rispetto della classe energetica era noto al costruttore, la parte della sentenza che esclude l’elemento soggettivo della truffa esclusivamente sulla base dell’affidamento che l’imputato avrebbe fatto nelle certificazioni di conformità dei tecnici che avevano eseguito il collaudo è manifestamente illogica”
Pertanto, la suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente
per valore in grado di appello.
- Certificatori scrupolosi e imprese qualificate
Il tecnico certificatore dovrebbe certificare lo stato
dell’edificio al momento del collaudo e non in
fase di progetto, proprio per non incorrere in errori
come quelli fatti dal costruttore nel caso in esame,
poiché è tenuto ad attestare lo stato “veritiero”
dell’edificio. In questo caso trattato dalla Cassazione
l’acquirente non avrebbe ricorso alla giurisprudenza
poiché avrebbe pagato il giusto prezzo
per un immobile con dei difetti evidenziati dalla
certificazione energetica;
L’impresa deve essere qualificata e garante del
portfolio di lavori già effettuati almeno negli ultimi
5 anni: un’impresa che costa troppo poco, vale
altrettanto e lo dice la Cassazione “Dato che le
opere effettuate risultano meno costose di quelle
che avrebbero dovuto essere eseguite per rispettare
i parametri energetici contenuti nel progetto”
non ci può essere buona fede ma si configura il
reato di truffa (art. 640 del Codice penale) per aver
venduto un immobile con caratteristiche diverse
da quelle dichiarate nell’APE.
di Annalisa Galante
Membro del Comitato Scientifico Abitare Biotech
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