L’individuo trova nella casa plurifamiliare e nelle varie forme di abitazione collettiva il suo modo di esistere, a condizione che sia soddisfatto il suo bisogno di intimità. L’alloggio può essere costretto entro muri e solai in comune con altri alloggi, ma deve avere il suo correttivo in sufficienti spazi all’aperto.
“Potrebbe sembrare che la produzione artistica si
abbia soltanto in presenza del superfluo e della
ricchezza. È un’interpretazione assolutamente errata.
È certo che la semplicità corrisponde meglio
alla mentalità moderna, che esige un’arte funzionale,
almeno nell’assetto delle città. Per questo il
puro principio utilitaristico e il gusto del superfluo
devono essere evitati in ogni cosa. La semplicità si
può ottenere anche senza un aumento dei costi.
L’artista dovrebbe preoccuparsi di presentare le sue
capacità artistiche in una forma semplice e idonea,
così che appaia risposta chiara a precise esigenze.
Non si deve dimenticare che l’arte di un paese è
la misura non solo del suo benessere, ma anche e
soprattutto della sua ricchezza intellettuale”
[Otto Wagner]
Il moderno edificio per la residenza, ovvero il
prototipo di palazzo condominiale che caratterizza
in maniera massiva le città europee,
nasce nell’Ottocento ed è il risultato dei processi
di inurbamento provocati dal sorgere della prima
industria. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento,
il modello dell’edificio residenziale destinato
alla classe emergente medio-borghese si
afferma in tutte le principali città europee. Alcuni
tra i grandi architetti e ingegneri artefici della
rottura con l’eclettismo e il classicismo ottocentesco
sono stati i protagonisti della costruzione
e dell’affermazione dell’edificio residenziale, così
come ancor oggi viene concepito.
“Non è possibile
dare una risposta esauriente al problema
‘come costruire’; ma la nostra sensibilità ci deve
far prevedere fin da ora nelle forme dell’arte che
stanno nascendo e in quelle che si svilupperanno in seguito il deciso affermarsi della linea orizzontale
[…], della superficie liscia, della massima
semplicità e dell’importanza decisiva della tecnica
costruttiva e dei materiali. […] è evidente
che la bellezza con cui l’architettura esprimerà le
esigenze del nostro tempo dovrà accordarsi con la
mentalità e la vita dell’uomo moderno […]”.
“Le case d’affitto che si costruiscono oggi non
perseguono altro scopo che di procurare il massimo
reddito del capitale investito, ammassando
appartamenti piccoli facilmente affittabili e venendo
così incontro ai problemi economici della
maggioranza. Da quando, in seguito all’adozione
degli ascensori, il valore d’affitto dei singoli piani
si è praticamente equiparato, anche nella configurazione
esterna si tende a non differenziare più
un piano dall’altro. D’altra parte sarebbe un grave
errore adottare forme architettoniche mutuate
dall’architettura dei palazzi, anche perché non
corrisponderebbero alla struttura interna dell’edificio.
Per questo la facciata della casa d’affitto
moderna si sta orientando verso una superficie liscia
interrotta solamente da una serie indifferenziata
di finestre, cui si aggiungono il cornicione
principale di protezione e tutt’al più un fregio ornamentale,
un portale e così via. I principi esposti
in questo scritto portano alla conclusione che
non può essere compito dell’arte ribellarsi alle
tendenze economiche in atto e che essa non deve
ammantarsi di menzogne, ma tener giustamente
conto di tali esigenze”.
In Italia in quella ormai lontana ma importante
fase storica la situazione era purtroppo più arretrata
rispetto alla realtà dell’impero austroungarico.
“Al censimento del 1861 la maggior parte dei
capoluoghi di provincia denunciavano una popolazione
non superiore a quella racchiusa tra le
loro antiche mura nei tre secoli precedenti, e in
generale oscillante da un minimo di 40.000 ad
un massimo di 100.000. Quelle che stavano al di
sopra, e che si contano sulle dita di una mano,
godevano di privilegi atti a stimolare l’attività dei
cittadini, come i porti franchi di Livorno, Catania
e Messina; mentre erano più numerose molte altre
che non raggiungevano neppure l’accennato
limite minimo. E per tutto era così. Nella pianura
padana città già importanti erano ridotte e centri modesti: Modena toccava i 20.000 abitanti come
nei primi del Seicento; Ferrara, che nel momento
dello splendore sotto gli Estensi era giunta a
30.000, col dominio della Chiesa era scesa a circa
23.000; Piacenza non registrava l’aumento di
una sola unità dalla metà del secolo precedente.
Lo stesso avveniva in Toscana: Siena, ferma da
due secoli e mezzo sulle 20.000 anime, si era abbassata
sotto le 20.000; e Pisa era appena sulle
23.000. Per il Mezzogiorno basti citare Napoli,
ancora la più popolosa, sì, ma stazionaria dalla
metà del Settecento, e Palermo, sotto i 200.000,
in diminuzione nell’ultimo cinquantennio. Al regresso
demografico fanno eccezione soltanto Milano,
Genova, Firenze e Torino. Milano nel mezzo
secolo precedente all’unificazione passò da circa
150.000 a 250.000 abitanti; Genova quasi raddoppiò
la sua popolazione superando i 150.000;
Firenze si spinse da 80.000 a 143.000; Torino
ebbe un’ascesa anche più rilevante: poco al di
sotto dei 20.000 all’inizio del Seicento, di poco
al di sotto degli 80.000 al principio dell’Ottocento,
oltre i 200.000 nel 1861. Inoltre, nel quadro
sempre più generalmente desolante, hanno rilievo
le pennellate fosche delle frequenti pestilenze
covate in vasti aggregati di abitazioni vecchie,
malsane, inadeguate a forme di vita moderna, veri
focolai di infezione: pestilenze ricorrenti, capaci
di eliminare rapidamente le lievi eccedenze, se si
verificassero, dei nati sui morti.”
Ci vorrà del tempo per il nostro Paese per sollevarsi
ed entrare nel novero dei Paesi industrializzati
e con un benessere diffuso. Solo nei primi
decenni del secolo, dopo la Prima Guerra Mondiale
e la successiva crisi, nasceranno e cresceranno
le attività industriali.
Pur tra molte contraddizioni e ritardi, la fine
dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento
saranno il momento nel quale nel mercato immobiliare
la centralità che in precedenza aveva la
casa individuale si sposta verso la casa collettiva,
il condominio con appartamenti in affitto o in
proprietà. Ciò è l’inevitabile portato della crescita
urbana e la conseguente nascita delle problematiche
alla scala urbanistica: dai problemi dell’ambiente
a quelli dell’approvvigionamento idrico,
dei trasporti e del connesso sistema viario, per
arrivare alla crescente importanza e complessità
dei servizi sociali (sanità, scuola, ecc.).
“Vedremo, nel seguire i tratti più marcati nel processo
evolutivo, che anche le stesse case unifamiliari,
e non soltanto quelle economiche, sono
oggi concepite non più come singoli e distaccati
edifici, ma su un piano sociale. Né d’altra parte si
può negare che anche i paesi, come l’Inghilterra,
l’Olanda, gli Stati Uniti, la Svezia, fino a qualche
anno fa impegnati quasi esclusivamente a produrre case unifamiliari, stiano oggi producendo in
sempre più larga scala edifici isolati e complessi
quartieri di case plurifamiliari, in affitto o in condominio.
[…] L’individuo trova nella casa plurifamiliare
e nelle varie forme di abitazione collettiva
il suo modo di esistere, a condizione che sia soddisfatto
il suo bisogno di intimità. L’alloggio può
essere costretto entro muri e solai in comune con
altri alloggi, ma deve avere il suo correttivo in
sufficienti spazi all’aperto, capaci di ridonare agli
individui, ai vecchi come ai giovani, il senso di un
più libero contatto con la natura.”
Oggigiorno, nelle città in via di sempre crescente
densificazione, l’auspicio di Carbonara si declina
attraverso una sempre maggiore attenzione al
verde pubblico, testimoniata da molti interventi
di riqualificazione condotti su aree dismesse, realizzati
attraverso lo strumento dei ‘Progetti Integrati
di Intervento’, che hanno significativamente
incrementato gli spazi verdi pubblici. Dall’altro
lato emerge il sempre crescente interesse negli
edifici residenziali condominiali di spazi comuni
da adibire a servizi, quali: spazio per organizzare
giochi e intrattenimenti vari per i bambini, spazio
da utilizzare per lavatrici, stireria e asciugatura
con servizio ad ore precise, ricovero biciclette,
ecc. È il modello dell’edificio residenziale Usa, che
quasi sempre è dotato di spazi (al piano terra o
più frequentemente nel basement) e servizi utili
per tutti i residenti giovani e anziani.
Diviene interessante comprendere come nel 1963,
un professore dell’Università di Roma, l’arch. Pasquale
Carbonara, che svolse interessanti esperienze
negli Usa dove conseguì il diploma di
‘Master of Science in Architecture’ alla Columbia
University di New York nel 1935, ed ebbe modo di
studiare e approfondire le più avanzate tecniche
costruttive e le evoluzioni socio economiche che
caratterizzavano lo sviluppo di quel Paese, analizza
e descrive i presupposti su cui si fonda la nuova
concezione della casa, “elencandoli in forma
succinta e programmatica:
- la composizione media statistica delle famiglie che, col progredire del benessere economico, scende rapidamente;
- a graduale e sempre più rapida riduzione del personale addetto ai lavori domestici, che in qualche paese è ormai quasi scomparso;
- i nuovi sistemi educativi e normativi della vita dei giovani;
- il costante incremento dell’indice relativo alla durata media della vita umana, e perciò l’aumento percentuale delle persone di età avanzata nella compagine familiare o meglio nella composizione della popolazione attuale;
- i mutati rapporti di lavoro e la posizione delle donne nella vita attiva contemporanea e nella produzione di beni o servizi.
Carbonara, con la sua lucida analisi anticipa molte
tematiche dell’evoluzione sociale, tecnologica
e produttiva e conseguentemente dei nuovi problemi
dell’abitare, o meglio cui le abitazioni dovrebbero
offrire risposte, entrando in sintonia con
questo sviluppo:
- “l’accorciamento della giornata lavorativa e il conseguente aumento del tempo libero, l’aumentato benessere sociale, il maggiore reddito di lavoro e quindi anche il maggiore potere di acquisto di sempre più larghe masse di individui, anche in giovane età;
- la più ampia indipendenza economica dei singoli individui, uomini e donne, e delle famiglie di recente formazione, sottratte al vincolo dell’unico asse patrimoniale;
- la nuova visione dell’unità familiare, che una volta era irrobustita anche da un preciso e concreto tornaconto economico, diremmo quasi aziendale, specialmente nelle famiglie contadine, ed oggi invece è basata soprattutto su molto più labili vincoli affettivi;
- il sorgere di nuove fonti di lavoro dovunque ubicate a causa delle tante attività promosse dalla vita moderna, anche in località una volta lontane;
- lo spostamento di larghe masse di abitanti dalle zone agricole, specialmente da quelle di più scarso reddito, verso zone industrialmente più progredite;
- la preferenza oggi data, proprio per le suddette ragioni, alla casa d’affitto oppure alla casa in condominio che non richieda cospicui investimenti e che in qualsiasi momento possa essere smobilizzata;
- la necessità, dunque, di un continuo rinnovamento nel mercato edilizio, secondo quanto avviene in altri campi commerciali;
- il larghissimo uso, ormai divenuto quasi universale, di prodotti manifatturati, dalle confezioni vestiarie ai cibi preparati in scatola, dai medicinali agli oggetti di consumo;
- l’avvento dell’automobile e di tutti gli altri mezzi di trasporto, specialmente se individuali;
- la facilità delle comunicazioni per mezzo del telefono, della televisione;
- l’enorme diffusione di apparecchi elettrodomestici di ogni genere, dai più semplici ai più complessi;
- l’automazione e la meccanizzazione in generale;
- i nuovi criteri di produzione di massa e di aperture commerciali alla produzione stessa, e quindi l’immissione sul mercato, a prezzi convenienti e con pagamento rateale, di nuove e più complete apparecchiature idrosanitarie, di cucine, guardaroba, mobili e arredamenti completi;
- lo sviluppo di più completi ed efficaci sistemi di riscaldamento e di ventilazione, che hanno addirittura rivoluzionato la distribuzione della casa;
- l’enorme diffusione del vetro, nelle più svariate forme di impiego, per tanti usi che una volta non sarebbero stati nemmeno immaginabili;
- la nuova tecnica di illuminazione artificiale ed alcuni ritrovati del tutto moderni, come i frangisole per attenuare le conseguenze di una eccessiva illuminazione naturale;
- la facilità di pulizia e di messa in ordine della casa moderna rispetto a quella del passato, grazie appunto alla chiarezza della pianta, alla semplicità dei mobili e alla abbondanza dei detersivi e di altri mezzi atti a pulire;
- il bisogno di quiete e di silenzio, resosi oggi tanto più necessario proprio per lo sviluppo assunto dalla vita moderna, così caotica e rumorosa, e perciò anche la tendenza attuale a perfezionare proprio i metodi per la lotta contro i rumori;
- la maggiore attenzione oggi rivolta al colore, sia nel senso commerciale che in quello relativo alla fisiologia dell’uomo e all’abitabilità della casa.”
Dagli anni ’70-’80 l’Italia ha continuato la sua
crescita, seppur a ritmi inferiori rispetto al boom
del dopoguerra ed è diventata uno dei Paesi occidentali con la base economica più sviluppata: la
settima od ottava economia del mondo secondo
gli ultimi ranking internazionali.
La rapidità delle trasformazioni sociali, in primis
quella della famiglia, l’invecchiamento della popolazione,
il mutare delle abitudini, l’aumento dei
valori e dei prezzi degli immobili, avvenuto parallelamente
a quello della tassazione della proprietà
immobiliare, hanno impattato in maniera
significativa sul rapporto che si era consolidato
tradizionalmente tra gli italiani e l’abitazione.
Così, a seguito di questi complessi fenomeni, il
mercato della seconda casa è entrato in crisi da
alcuni anni, mentre nel contempo diminuisce la
propensione all’acquisto di abitazioni da parte
delle famiglie e si risveglia l’interesse per la soluzione
dell’affitto. Emergono con sempre maggiore
evidenza fenomeni drammatici che marcano i
profondi malesseri sociali che ruotano intorno al
problema della casa:
- manca un’offerta di soluzioni abitative per gli studenti fuori sede (gli universitari fuori sede a Milano sono circa 80.000) e, su questa base, si è sviluppato ed è cresciuto un mercato illegale che costituisce una preoccupante realtà in molte grandi città del nostro Paese;
- manca un’offerta abitativa adeguata per giovani in fase di ingresso nel mondo del lavoro, così come per gli immigrati. Di housing sociale si parla molto, ma questo problema nel suo complesso è ben lungi dall’essere affrontato e la Pubblica Amministrazione appare incapace di offrire soluzioni percorribili come è invece avvenuto in altri Paesi tra cui la Spagna, l’Austria e gli Usa.
Questa situazione rende difficile la mobilità lavorativa
nel nostro Paese ed è uno dei principali
ostacoli che viene segnalato da più parti alla possibile
attrazione di società straniere che vorrebbero
potenzialmente insediarsi nel nostro Paese.
Eppure, a saper guardare alle esperienze di altri
Paesi vicino a noi, la soluzione appare possibile.
In Germania il regime delle locazioni ha reso possibile
un fiorente mercato della casa in affitto che
consente a tutti i cittadini tedeschi e agli stranieri
e immigrati, che vogliono trasferirsi per motivi
di lavoro o studio, di trovare con facilità una
soluzione ai propri problemi abitativi. I contratti
di locazione non hanno una durata temporale prestabilita
(tempo indeterminato) e sono più favorevoli per il proprietario che, in caso di morosità
dell’inquilino, ha la garanzia di poter rientrare in
tempi brevissimi in possesso della proprietà. Questo
è il motivo per cui la propensione all’acquisto
di abitazioni da parte dei cittadini tedeschi è circa
la metà di quella dei cittadini italiani.
Il patrimonio immobiliare pubblico tedesco, ovvero
l’Edilizia Residenziale Pubblica costruita con i
soldi dei cittadini la cui proprietà fa capo alle municipalità,
viene gestita da società private in maniera
efficiente: i canoni sono ovviamente inferiori
a quelli del mercato libero, ma non così bassi
come accade nell’edilizia residenziale pubblica di
alcune città italiane, la morosità è praticamente
inesistente e qualunque abuso viene immediatamente
stroncato, mentre i titoli abilitativi per poter
avere diritto ad un alloggio pubblico vengono
periodicamente monitorati e controllati e questo
permette l’assegnazione delle abitazioni pubbliche
a chi ne ha effettivamente diritto e bisogno.
È possibile che anche nel nostro Paese di possa
cominciare ad affrontare alcuni dei problemi legati
all’abitazione soprattutto nelle aree urbane a
maggiore densità e tensione abitativa?
Uno spiraglio si apre in questa direzione, infatti
alcuni investitori e operatori del Real Estate manifestano
interesse a investimenti finalizzati alla
costruzione di case d’affitto. Alcune iniziative in
questa direzione si stanno muovendo.
L’auspicio è che il legislatore non penalizzi con
ulteriori provvedimenti fiscali (vedi ad esempio
la riforma del catasto) il mercato immobiliare e
in particolare il segmento residenziale, ma che al
contrario cresca la consapevolezza che la crescita
economica e sociale del nostro Paese passa inevitabilmente
anche attraverso la capacità di offrire
risposte positive al problema della residenza.
di Oliviero Tronconi
Professore Ordinario Politecnico di Milano Dip. BEST
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