giovedì 21 aprile 2016

DOMOTICA: una tecnologia per lo sviluppo della qualità dell’abitare

I sistemi di automazione domestica possono altresì garantire una più agevole trasformazione dello spazio abitativo attraverso una capacità del sistema di modificarsi ed accrescersi a fronte delle mutate esigenze dell’utente o di nuove/diverse necessità impiantistiche.

“Fornire agli uomini buone abitazioni risolve da sé numerose deficienze di natura sanitaria, etica ed economica, allieva gli oneri degli ospedali, degli istituti ed enti assistenziali e, oltre tutto, inietta nuovo sangue e quindi irrobustisce l’intera vita economica”.
Più di sessant’anni sono passati da quando Bruno Taut scriveva questa frase e questo problema, mutando forma, resta sostanzialmente inalterato. “Mutando forma” perché in quell’epoca il problema
si sostanziava nella necessità di costruire nuovi e confortevoli edifici con un adeguato grado di abitabilità, per rispondere al forte bisogno di inurbamento e quindi avviare quella crescita delle città che sarebbero divenute le metropoli attuali. Nella fase attuale (essendo ormai largamente completata l’occupazione del territorio), si tratta principalmente di porre alla base dell’azione e della cultura progettuale nuove rilevanti esigenze socialmente diffuse. Tra queste, spicca per rilevanza quella di adeguare gli spazi (soprattutto quelli pubblici, ma anche quelli privati) alle necessità di una parte sempre maggiore della popolazione: gli anziani ed i portatori di handicap più o meno gravi e più o meno temporanei.
Lo sviluppo normativo da una parte, e dall’altra la pratica professionale si muovono in questa direzione seppure con tempi lunghi causati da evidenti scarsità di risorse finanziarie negli investimenti pubblici.
L’adeguamento fisico degli spazi (pubblici e privati) a questo nuovo concetto non può essere e non sarà certamente un’azione di breve periodo. Per realizzare questo, oltre ai necessari ed importanti adeguamenti fisici, occorre anche dotare le abitazioni e le città di quei servizi e di quelle funzionalità che solo le nuove tecnologie possono garantire. Ridare una nuova funzionalità alla città significa capovolgere una logica di fondo: non deve essere chi ha bisogno di un servizio a muoversi nella città, ma invece deve essere il servizio che deve divenire disponibile (nel limite delle possibilità) nelle abitazioni.
Questo comporta il passare da una visione centralistica dei servizi (grandi centri dove tutti si recano con evidenti problemi e disfunzioni) ad una visione distribuita sul territorio. Servizi che devono poter essere attivati in base ad un semplice segnale di chiamata. Sessanta, settanta anni fa, il problema delle nuove funzionalità tecnologiche si poneva nei termini di dotare l’edificio di:
impianto elettrico;
  • impianto di riscaldamento;
  • produzione e distribuzione di acqua calda;
  • antenna radio centralizzata;
  • impianto ascensore e montacarichi;
  • rete telefonica di collegamento con l’esterno;
  • rete telefonica di collegamento con la portineria.
Oggi, chiaramente, le strumentazioni tecnologiche sono molto più evolute e conseguentemente molteplici e maggiori possono essere le funzionalità e i servizi attivabili a scala urbana e della singola residenza.
In effetti, la funzionalità di una abitazione, il suo grado di comfort e di sicurezza (sia dal punto di vista della protezione dalle intrusioni – security –, che da quello fondamentale della sicurezza delle persone – safety) dipende in misura sempre maggiore dalla componente impiantistica tradizionale e da una nuova tipologia di impianti a corrente debole; una nuova tecnologia in grado di assicurare una gestione e un controllo più efficace dell’abitazione nel suo complesso e delle attività che al suo interno si svolgono: la domotica o tecnologia di automazione domestica (Home Automation).
Nel nostro contesto storico la qualità abitativa offerta da un alloggio si costruisce come proposta progettuale coordinata tra la progettazione architettonica, la progettazione impiantistica e la progettazione domotica.
E’ necessaria un’integrazione tra queste tre aree specialistiche per ottenere risultati progettuali di alto livello. Questa impostazione metodologica di progetto non penalizza né mortifica in alcun modo lo specifico progettuale (la disciplina) di ciascun progettista.
Al contrario, essa costituisce uno strumento che, chiarendo i nessi (le interazioni) tra le diverse progettazioni, svela l’effettivo contenuto interdisciplinare, che sempre necessariamente caratterizza la progettazione finalizzata ad obiettivi di qualità in situazioni complesse.
Un’impostazione progettuale di questo tipo è maggiormente in grado di cogliere le esigenze dell’utenza che oggigiorno acquista sempre più consapevolezza delle proprie necessità, non ultima quella di definire, già nella fase progettuale, i criteri-costi di gestione e manutenzione della propria abitazione. Infatti, i costi di gestione, manutenzione ed adeguamento di un edificio, assumono una rilevanza sempre maggiore se confrontati percentualmente al costo di costruzione iniziale.
L’automazione domestica, o “domotica”, è una disciplina/area tecnologica in grado di integrare le diverse tecnologie/apparati presenti nelle abitazioni offrendo un nuovo e più elevato livello di funzionalità e di sicurezza in ambito domestico, unitamente a significativi risparmi nei consumi energetici e nella fase di installazione.
I sistemi di automazione domestica possono altresì garantire una più agevole trasformazione dello spazio abitativo attraverso una capacità del sistema di modificarsi ed accrescersi a fronte delle mutate esigenze dell’utente o di nuove/diverse necessità impiantistiche. “Un bâtiment intelligent est un bâtiment capable de fournir au mellieur coût, à ses occupants actuels ou à venir, un ensemble de services répondant parfaitment à leurs besoins, fondés principalement sur l’échange d’informations et permettent d’accéder à un nouvel art de vivre et de travailler”.
La domotica è in grado, sarà in grado, di migliorare la nostra qualità di vita. “Le grandi innovazioni tecniche sono sovente all’origine di notevoli modificazioni del nostro modo di vivere: la televisione ha cambiato il modo di vedere il mondo, il telefono ha abolito le distanze. Ce ne saranno anche per la domotica quando sarà generalizzata, cioè quando ci sarà diventata così indispensabile quanto la televisione o la radio. Allora farà parte del nostro essere”.


Cosa occorre fare per cablare una casa.

Realizzare un sistema domotico in un’abitazione è ormai una pratica installativa molto semplice. Oltre a quella di alimentazione elettrica a 220 V, viene tirata un’unica linea -denominata appunto bus- a bassissima tensione (12 V) costituita da uno o due doppini telefonici, alla quale vengono collegati in parallelo sia i sensori (ad esempio sensori della temperatura, ricevitori a raggi infrarossi, anemometri, sensori della luminosità), sia gli attuatori (dispositivi periferici che attuano i comandi automatici e manuali destinati ad apparecchi di illuminazione, tapparelle, motori, sirene d’allarme, condizionatori, ventilatori, videocitofoni, elettrodomestici, ecc.).
Nella linea bus transitano i dati e i comandi relativi a tutti gli attuatori di tutti gli impianti, i quali sono sempre “in ascolto” tramite i microprocessori di cui sono dotati e reagiscono solo quando sono raggiunti da un messaggio (accenditi, spegniti, alza, abbassa, apri, chiudi, ecc.), in codice digitale, indirizzato espressamente a loro, singolarmente o in gruppo.
Se due o più messaggi – o telegrammi – vengono inviati contemporaneamente sul bus, il messaggio dal contenuto più importante ha la precedenza, mentre gli altri vengono memorizzati e inviati appena il canale è libero.
In questo modo si superano i limiti giù elencati dal sistema di installazione tradizionale: non sono più necessari tanti collegamenti dedicati per alimentazione, comando e controllo quanti sono i singoli dispositivi, poiché due sole linee svolgono queste funzioni per tutti.
Nel sistema mediante bus non c’è più identità fra connessione fisica e logica, dunque tutti i componenti sono collegati al bus allo stesso modo, indipendentemente dalla funzione.
Il cablaggio iniziale è nettamente semplificato e questo determina una maggiore facilità di esecuzione iniziale: addirittura è possibile precablare l’edificio o l’abitazione prima di progettare dettagliatamente l’impianto, senza alcuna limitazione successiva.
In secondo luogo, nel caso di ampliamenti e modifiche, non è più necessario “tirare nuovi fili”.
Perché? Perché grazie al microprocessore contenuto in ogni apparecchio (lavatrice, caldaia, telecamera, sensore antintrusione, ecc.) per cambiare i codici (“indirizzi” in termine tecnico) dei componenti esistenti è sufficiente intervenire sul singolo apparecchio o molto più semplicemente operare direttamente dalla centralina di controllo che governa tutto il sistema, senza toccare il cablaggio.
E per aggiungere nuovi sensori o attuatori, basterà collegarli sulla linea bus già installata.
Ma i vantaggi non si fermano qui.
Molto più semplice risulterà infatti anche la manutenzione, perché utilizzando la linea bus sarà possibile interrogare continuamente il sistema per assicurarsi che i singoli componenti funzionino correttamente.
In questo modo si potranno individuare immediatamente quelli non funzionanti e procedere alla sostituzione o alla riparazione in tempi brevissimi, con costi inferiori, e garantendo un livello notevole di efficienza e sicurezza globale.


di Oliviero Tronconi
Professore Ordinario Politecnico di Milano Dip. BEST

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