venerdì 22 aprile 2016

Il trattamento tributario dei patrimoni di destinazione secondo la dottrina e la giurisprudenza più recente

L’atto di costituzione di un fondo patrimoniale, di cui all’art. 167 c.c., non è una atto traslativo a titolo oneroso, nè un atto avente per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, né, infine, un atto avente natura meramente ricognitiva, bensì una convenzione istitutiva di un nuovo regime giuridico, diverso da quello precedente.

La regolamentazione civilistica della disposizione liberale dei propri beni trova il suo tradizionale fondamento nell’istituto della donazione, disciplinato dall’art. 769 c.c., che è il contratto con il quale, per spirito di liberalità una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione. I limiti dell’istituto, rapportati alle esigenze moderne di vorticosa circolazione dei capitali, sono:
  • la natura contrattuale che necessita dell’accettazione del donatario;
  • la causa giuridica, ovvero la funzione economica sociale, della liberalità;
  • il divieto di donazione di beni futuri, stabilito dall’art. 771 c.c.;
  • l’estremo formalismo del contratto che non prevede l’apposizione di condizioni, tranne quella di riimposta, registro, versibilità stabilita dall’art. 791 c.c..
In ogni caso il trattamento tributario della donazione consiste nell’imposta proporzionale di registro al 3%, le imposte ipotecaria e catastale. L’art. 167 del codice civile, introdotto dalla legge 19.5.1975 n. 151, di riforma del diritto di famiglia, prevede il fondo patrimoniale il quale può essere costituito da ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o da un terzo e consiste nella destinazione, per sostenere i bisogni della famiglia, di beni immobili, di beni mobili registrati, o titoli di credito. Per il suo evidente fine sociale il predetto fondo è sottoposto ad un regime tributario di favore . Invero a tal riguardo la giurisprudenza (C.Cass., Sez. 5, sent..n. 25479 del 18.12.2015) afferma che: “l’atto di costituzione di un fondo patrimoniale, di cui all’art. 167 c.c., non è una atto traslativo a titolo oneroso, nè un atto avente per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, né, infine, un atto avente natura meramente ricognitiva, bensì una convenzione istitutiva di un nuovo regime giuridico, diverso da quello precedente, costitutivo di beni in un patrimonio avente un vincolo di destinazione a carattere reale, in quanto teso a vincolare l’utilizzazione dei beni e dei frutti solo per assicurare il soddisfacimento dei bisogni della famiglia ; sicchè, quanto all’imposta di registro, il regime di tassazione di tale atto si è affermato non essere quello dell’imposta proporzionale, di cui agli artt. 1 ( atti traslativi a titolo oneroso), 9 (atti diversi, aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale ) o 3 (atti di natura dichiarativa) della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, ma quello della categoria residuale disciplinata dall’art. 11 della tariffa stessa. Con conseguente applicabilità dell’imposta in misura fissa (v. Sez. 5 8162 -02, 8289 -03, 21056- 05, 120171 – 08).” L’art. 25 delle disposizioni sulla legge in generale ( le preleggi al codice civile) contiene la legge regolatrice delle obbligazioni e stabilisce quanto segue. - le obbligazioni che nascono da contratto sono regolate dalla legge nazionale dei contraenti, se è comune; altrimenti da quella del luogo nel quale il contratto è stato concluso. E’ salva in ogni caso la diversa volontà delle parti; - le obbligazioni non contrattuali sono regolate dalla legge del luogo ove è avvenuto il fatto dal quale esse derivano. La deroga a tale disciplina è stabilita dal trust. Tale è un istituto giuridico derivato dal common law, che è divenuto giuridicamente rilevante in Italia fin dal 1 gennaio 1992 con la legge 16 ottobre 1989 n. 364 che ha ratificato la convenzione internazionale regolatrice dei trusts ed al loro riconoscimento firmata a l’Aja il 1 luglio 1983. Pertanto il trust permette al soggetto che lo istituisce, con un atto unilaterale “inter vivos” o con un atto “mortis causa”, di porre dei beni (mobili o immobili o di natura patrimoniale) sotto il controllo di un trustee (ovvero di un amministratore fiduciario) affinchè amministri, gestisca o disponga dei beni conferiti nel trust secondo le disposizioni impartite dal costituente, agendo in vista dell’interesse di un terzo, ovvero il beneficiario del trust indicato dal costituente (ad esempio un familiare), oppure per realizzare un fine indicato dal costituente (ad esempio il finanziamento ed il funzionamento di una fondazione benefica). Giova notare che i beni del trust, benché siano intestati al trustee, non fanno parte del patrimonio di quest’ultimo e sono una massa distinta non aggredibile dalle ragioni dei creditori personali del trustee i quali, quindi, non possono pignorare o sequestrare i beni del trust i quali in tal modo realizzano un patrimonio separato ed autonomo. Giova notare che l’art. 6 della Convezione afferma che il trust è regolato dalla legge scelta dal contribuente. La scelta deve essere espressa, oppure risultare dalle disposizioni dell’atto che costituisce il trust o portandone la prova, interpretata, se necessario, avvalendosi delle circostanze del caso. D’altra parte il successivo art. 7 sostiene che qualora non sia stata scelta alcuna legge, il trust sarà regolato dalla legge con la quale ha più stretti legami. La giustizia tributaria ha preso in considerazione il trust al fine di stabilire se il medesimo sia assimilabile alla donazione (art. 782 c.c.) ed al relativo trattamento tributario. Sul punto la giurisprudenza è divisa e non è giunta ancora ad una sintesi definitiva ed in merito possono, a titolo esemplificativo citarsi le seguenti sentenze: - “Il conferimento di beni in un trust integra la “costituzione di vincoli di destinazione”, che l’articolo 2, comma 49, del d.l. 262/2006, convertito nella legge n. 286/2006, con rinvio recettizio alle disposizioni del d.lvo 346/90 e con richiamo al d.lvo 347/90, assoggetta alle imposte di donazione, ipotecaria e catastale; queste ultime, ove il conferimento abbia ad oggetto beni immobili, sono dovute anche in ipotesi di esenzione dall’imposta di donazione”. (Sentenza del 6.3.2015 n. 37- Comm. Trib. II Grado di Bolzano /Collegio 1).
  • “I trust residenti che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali sono soggetti all’IRES, integrando il presupposto di cui all’art. 1 del DPR n. 917/1986 e rientrano tra i soggetti tenuti alla tenuta delle scritture contabili secondo la previsione dell’art. 13, comma 2, DPR n. 600/1973 ; conseguentemente sono altresì soggetti all’obbligo di presentazione della dichiarazione annuale, ancorché in assenza di redditi, così come previsto dall’art. 1 del DPR 600/1973”. (Sentenza del 25.9.2015 n. 981- Comm. Trib. Reg. per la Liguria – Sezione / Collegio 3).
  • “Il trust, secondo l’art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1.7.1985, resa esecutiva in Italia con la legge 16.10.1989 n. 364 è caratterizzato dallo scopo di costituire una separazione patrimoniale in vista del soddisfacimento di un interesse del beneficiario o del perseguimento di un fine dato, scopo conseguito mediante la separazione dei beni dal restante patrimonio del disponente (il quale perde la disponibilità di quanto conferito in trust, essendo tale condizione un presupposto coessenziale alla stessa natura dell’istituto) e la loro intestazione ad altro soggetto, parimenti in modo separato dal patrimonio di quest’ultimo (S.C. sentenza del 25.2.2015 n. 3886). Va comunque tenuto presente che non esiste un solo tipo di trust in quanto ogni trust può avere caratteristiche del tutto diverse dagli altri . Infatti caratteristiche diverse dallo schema generale sopra delineato ha il trust di scopo, costituito con il conferimento di beni del disponente perché l’amministratore gestore ne effettua la liquidazione allo scopo di pagare le passività del disponente. In questo caso è evidente che non sussiste alcun interesse di liberalità né tantomeno un arricchimento patrimoniale dei destinatari che ricevono solo la soddisfazione dei loro crediti. In tale situazione non sussistono nemmeno i beneficiari, inteso questo termine come i soggetti ai quali spetta di ricevere il fondo in trust e le sue utilità. Sotto il profilo fiscale l’atto costitutivo del trust di scopo va tassato con l’imposta fissa di registro e con le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa non essendovi alcun trasferimento di beni immobili, ma solo una diversa intestazione. Né va applicato il disposto dell’art. 2, comma 47, d.l. 3.10.2006 n. 262, convertito dalla legge 24.11.2006 n. 286, per il quale l’imposta sulle donazioni si applica anche sulla costituzione di vincoli di destinazione. Tale norma non può applicarsi in quanto l’art. 2645 cod. civ. prevede la costituzione di vincoli di destinazione effettuati con intento di liberalità ed arricchimento dei destinatari. “ (Sentenza del 12.6.2015 n. 1077 – commi. Trib. Reg. per la Toscana – Sezione/Collegio 9).
  • il trust auto dichiarato è sottoposto al regime di tassazione fissa e non proporzionale. In particolare la sentenza evidenziava che “ nel trust auto dichiarato manca il trasferimento di ricchezza…. il vincolo di destinazione sui beni si forma all’interno dello stesso patrimonio… non sembra trovare applicazione l’imposta fissa (di registro e ipotecaria ) “(Sentenza 728/3/15 CTP di Lucca). L’istituto del trust sotto il profilo tributario è stato recentemente rivisto da tre ordinanze dalla Sesta Sezione della Corte di Cassazione. L’ordinanza n. 3735/2015 ( del 4.2.2015) tratta il trust auto dichiarato in funzione di garanzia ed istituito per “rafforzare la generica garanzia patrimoniale già prestata, nella qualità di fideiussore di alcuni istituti bancari”. In tale caso l’ordinanza sostiene quanto segue .” E’, questa la situazione che ricorre nella fattispecie in esame, in cui non si è prodotto alcun effetto traslativo alcuno, ma in cui il disponente, che risulta dagli atti essere il destinatario della pretesa impositiva, nel regolamentare i propri interessi nella maniera che ha ritenuto più consona all’esigenza di garanzia perseguita, ha impresso, come effetto immediato e diretto, vincoli temporanei al libero esercizio dei propri stessi diritti sui beni immobili in oggetto, al fine, appunto, di rafforzare la generica garanzia patrimoniale da lui prestata.” Il principio di diritto enunciato dalla citata ordinanza è il seguente. “L’atto con quale il disponente vincoli beni a sé appartenenti al perseguimento della finalità di rafforzamento della generica garanzia patrimoniale già prestata, nella qualità di fideiussore, in favore di alcuni istituti bancari, in quanto fonte di costituzione di vincoli di destinazione, è assoggettato all’imposta gravante su tali vincoli a norma dell’art. 47 comma dell’art. 2 del decreto legge 262 del 2006, convertito dalla legge 286 del 2006”. L’ordinanza n. 3886/2015 ( del 4.2.2015) tratta del trust auto dichiarato ed era stato creato da due coniugi in funzione dell’”applicazione di un regolamento equiparabile ad un fondo patrimoniale”; beneficiari erano indicati gli stessi disponesti, se in vita, altrimenti i figli in parti uguali. L’ordinanza afferma: “ La posizione del trustee, per le ragioni già illustrate, è distante da quella dell’istituto nelle disposizioni testamentarie o del donatario; e continua a mancare un atto di donazione concernente una disposizione vicina alla sostituzione fedecommissaria. “L’ordinanza enuncia il seguente principio di diritto. “Va applicata l’imposta delle successioni e donazioni, nella peculiare accezione concernente la costituzione di vincolo di destinazione, assunta come autonomo presupposto impositivo, sull’attribuzione di denaro, conferita in trust e destinata ad essere investita a benefico di terzi”. L’ordinanza n. 3737/2015 (del 4.2.2015) riguarda un trust costituto da una serie di enti, con provvista di denaro da parte di questi, avente lo scopo di procedere alla manutenzione, alla riqualificazione ed allo sviluppo di un aeroporto . L’atto istitutivo prevedeva che, al termine del trust, eventuali beni residui sarebbero stati devoluti ad uno degli enti partecipanti oppure ad altro ente o società pubblica individuato dai disponenti. L’ordinanza afferma il seguente principio di diritto: “ Va applicata l ‘imposta sulle successioni e donazioni, nella peculiare accezione concernente la costituzione di vincolo di destinazione, assunta come autonomo presupposto impositivo, sull’attribuzione di denaro conferita in trust e destinata ad essere investita a beneficio di terzi.” In tutti i casi esaminati dalle tre ordinanze l’Agenzia delle Entrate aveva applicato l‘imposta sulle successioni e sulle donazioni al momento della costituzione del vincolo con l’aliquota del 8%. La Corte di Cassazione ha cassato con rinvio le sentenze delle diverse Commissioni Tributarie Regionali che avevano accolto le ragioni dei contribuenti nel senso della sola imposizione della tassa di registro sulla costituzione del vincolo, ed ha ritenuto applicabile l’imposizione in misura proporzionale del 8%, oltre alle imposte ipotecaria e catastale nella ordinaria misura proporzionale, nella ordinanza n. 3886/2015. In relazione alle citate ordinanze lo studio n. 132-2015/T del Consiglio Nazionale del Notariato muove delle note critiche soprattutto all’assunto della Corte di Cassazione per cui la costituzione del vincolo di destinazione è espressiva, di per sé, di una capacità contributiva da assoggettare a prelievo e che tale momento impositivo appare del tutto autonomo rispetto a quello, successivo ed eventuale, della attribuzione della ricchezza . Il predetto studio afferma che per tale assunto, con riferimento al trust, si potrebbe sostenere la sussistenza di una doppia tassazione:
- a) con l’imposta sulla costituzione del vincolo, al momento della segregazione del patrimonio in trust;
- b) con l’imposta sulle donazioni, al momento della attribuzione gratuita della ricchezza al beneficiario finale.

Tale conclusione appare evidentemente assurda perché, per lo studio citato, realizza una doppia tassazione sul medesimo cespite. Inoltre si afferma: “Al tempo stesso, occorre notare come nelle ordinanze in esame il tema risulta essere notevolmente sfumato. Per un verso, perché non è chiaro se il soggetto passivo sia, nel pensiero della Corte, colui che opera in vincolo di destinazione oppure il beneficiario finale dell’eventuale trasferimento di ricchezza. E' evidente come ciò determini significativi riflessi in termini di applicazione del tributo, per quanto attiene soprattutto determinazione della base imponibile, fattispecie di esenzione ed aliquota. Per altro verso, perché in un passaggio delle ordinanze n. 3735 e 3737, si legge che “la materiale percezione dell’utilità…appartiene all’esecuzione del programma di destinazione, che, per conseguenza, non rileva ai fini dell’individuazione del momento del prelievo tributario sulla costituzione del vincolo, ma dopo, anche ai fini della eventuale riliquidazione delle aliquote e delle franchigie . Anche se in modo non chiaro, e probabilmente non coerente con l’impostazione teorica elaborata, la Corte sembra quindi voler limitare le possibili conseguenze sul piano operativo, ritenendo comunque unitaria la fattispecie impositiva ed evitando, allora, un doppio momento impositivo.” La normativa del trust è stata rivisitata dalla Corte di Cassazione, Sez. 5, con le sentenze n. 25478, 25479, 25480, emesse tutte il 18.12.2015 in cui trattava di trust istituti prima del 3.10.2006, ovvero prima della riforma dell’imposta di donazione (prevista dall’art. 2, comma 47, d.l. 3.10.2006 n. 262, convertito dalla legge 24.11.2006 n. 286) e stabiliscono i seguenti principi giuridici:,
  • “Il trust avente causa di liberalità, con attribuzione di beni al beneficiario, rientra nell’orbita civilistica delle donazioni indirette . La pecularietà è che l’arricchimento del beneficiario si realizza con la mediazione della causa fiduciaria cui è soggetta la previa attribuzione dei beni al trustee”;
  • “...si è in presenza di una liberalità attuata mediante strumenti negoziali altri rispetto al negozio tipico di donazione, parimenti in grado di realizzare, benchè indirettamente, oltre all’effetto proprio del trust di costituire il vincolo di destinazione, anche e soprattutto l’effetto finale di arricchimento senza corrispettivo del beneficiario”; “...la costituzione di un trust va considerata estranea al presupposto dell’imposta indiretta sui trasferimenti in misura proporzionale, sia essa l’imposta di registro ….sia essa l’imposta ipotecaria o l’imposta catastale, mancando l’elemento fondamentale dell’attribuzione definitiva dei beni al soggetto beneficiario . E, quanto alle imposte ipotecaria e catastale, l’atto soggetto a trascrizione, ma non produttiva di effetto traslativo in senso proprio (id est, definitivo), postula l’applicazione di dette imposte in misura fissa (art. 1 del d.lgs n. 347-90 e 4 dell’allegata tariffa, quanto all’ipotecaria; art. 10, secondo comma, del d.lgs. Cit., quanto alla catastale).”

di Giulio Benedetti
Sostituto Procuratore Generale Corte d’Appello di Milano

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