martedì 10 maggio 2016

L’amministratore e la dolosa in esecuzione di un provvedimento del giudice

Con specifico riferimento all’obbligo imposto all’amministratore cessato dalla carica di consegnare la documentazione di cui è in possesso, è dubbio che si tratti di una prestazione personale diversa dall’obbligo di consegnare cose mobili in genere, con riferimento al quale è possibile l’esecuzione forzata.

Secondo la S.C. integra il reato di cui all’art. 388, secondo comma, c.p. la condotta dell’amministratore di condominio che, nonostante il provvedimento del giudice civile di sospensione dell’efficacia di una delibera dell’assemblea condominiale di cui sia contestata nel merito la legittimità, proceda ugualmente all’esecuzione di una delibera successiva avente il medesimo oggetto, anche se asseritamente emendata dei vizi originari, senza che sia stata disposta la revoca giudiziale della sospensiva o dichiarata la cessazione della materia del contendere (Cass. 2 aprile 2014 n. 33227, con riferimento a una ipotesi in cui l’amministratore aveva dato esecuzione ad una delibera assembleare che comportava l’esecuzione di lavori sulle parti comuni, sebbene fosse stata disposta dal giudice civile la sospensione dell’esecuzione di precedenti delibere con il medesimo oggetto). Secondo la S.C. se bastasse la reiterazione di una delibera assembleare per consentire il superamento delle resistenza opposta a quella precedente, ed il blocco imposto alla sua esecuzione, le norme di tutela della proprietà poste a disciplinare il fenomeno condominiale perderebbero ogni effettività e soprattutto perderebbe di effettività la tutela giurisdizionale, che nei casi urgenti si attua proprio mediante la sospensiva. Si tratta di affermazioni che non possono non suscitare notevoli perplessità. In primo luogo, l’art. 388, secondo comma, c.p., fa riferimento a chi elude l’esecuzione di un provvedimento del giudice civile che prescriva misure cautelari a difesa della proprietà. Il provvedimento di sospensione di cui all’art. 1137, terzo comma, c.c. non prescrive alcuna misura cautelare a tutela della proprietà, ma si limita a stabilire la temporanea ineseguibilità della delibera impugnata, la quale, anche quando, come nel caso deciso della S.C., prevede innovazioni di vasta portata, non attenta alla proprietà, ma ha un contenuto di mera gestione delle parti comuni. In secondo luogo, l’adozione di una delibera di contenuto identico a quella la cui esecuzione sia stata sospesa rende inefficace quest’ultima, con conseguente caducazione del provvedimento di sospensione. Non si comprende allora come la esecuzione della seconda delibera, non impugnata o se impugnata non sospesa, possa costituire dolosa in esecuzione del provvedimento di sospensione dell’esecuzione della prima delibera divenuta inefficace.
In terzo luogo, la responsabilità penale dovrebbe essere eventualmente dei condomini, i quali hanno adottato una delibera conforme a quella sospesa, che l’amministratore, in base all’art. 1130, n. 1, c.c., ha l’obbligo di eseguire. La S.C. ha ritenuto che configura il reato di cui all’art. 388, secondo comma, c.p. la condotta dell’amministratore di condominio che non dia esecuzione ad un provvedimento di urgenza che gli abbia ordinato di consegnare la documentazione contabile inerente all’amministrazione di un condominio che ha in precedenza curato, in quanto si tratterebbe di un provvedimento che attiene alla difesa della proprietà, in quanto l’inosservanza di tale ordine incide sulla proprietà condominiale, impedendone la corretta amministrazione. (Cass. 16 aprile 2014 n. 31192).
E’ difficile, in primo luogo, comprendere come possa incidere sulla proprietà la mancata esecuzione di un provvedimento che è diretto non a salvaguardare tale proprietà o a renderne possibile il godimento, ma semplicemente a renderne più agevole l’amministrazione. In secondo luogo, secondo la stessa S.C. il mero rifiuto di ottemperare ai provvedimenti giudiziali previsti dall’art. 388, secondo comma, c.p. non costituisce comportamento elusivo penalmente rilevante, a meno che la natura personale delle prestazioni imposte esigano per l’esecuzione il contributo personale dell’obbligato, perché l’interesse tutelato dall’art. 388, secondo comma, c.p. non è l’autorità in sé delle decisioni giurisdizionali, bensì l’esigenza costituzionale di effettività della giurisdizione (cfr., in tal senso, da ultimo Cass. 25 novembre 2014 n. 51668). E’ significativo che la condotta prevista da tale disposizione sia descritta non come elusione del provvedimento interinale in sé, ma della sua esecuzione, per cui è ragionevole ritenere che si richieda una condotta ben più trasgressiva della mera inottemperanza, altrimenti sarebbe stato sufficiente parlare di “inosservanza”, come in altre disposizioni del codice penale ed in particolare negli artt. 389, 509, 650 (Cass. s.u. 29 settembre 2007 n. 36692). Si tratta di una tesi opinabile per quanto riguarda il riferimento alla natura personale delle prestazioni, in quanto “eludere” vuol dire sottrarsi con malizia e quindi anche colui il quale, pur essendo tenuto ad una prestazione personale, si limiti a non ottemperare non elude l’obbligo. Ad ogni modo, con specifico riferimento all’obbligo imposto all’amministratore cessato dalla carica di consegnare la documentazione di cui è in possesso, è dubbio che si tratti di una prestazione personale diversa dall’obbligo di consegnare cose mobili in genere, con riferimento al quale è possibile l’esecuzione forzata.


di Roberto Triola
già Presidente della Seconda Sezione Civile della Cassazione
Fonte: Amministrare Immobili

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