lunedì 8 agosto 2016

Il risarcimento del danno a seguito dell’infortunio sul lavoro: Cassazione N. 12347/2016

In tema di risarcimento del danno conseguente ad un infortunio sul lavoro la Corte di Cassazione (Sez. l, sent .n. 12347, ud. 15.6.2016) afferma che in tema di risarcimento dei danni a seguito della commissione di un infortuni sul lavoro non ricorre la responsabilità oggettiva del datore di lavoro. Vale a dire che il risarcimento del danno (previsto dall’art. 185 c.p. consegue sempre all’accertamento della sussistenza del rapporto di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l‘evento e nella violazione di una norma cautelare di sicurezza del lavoro. In particolare la predetta sentenza stabilisce i seguenti importanti principi di diritto. “Va anzitutto ribadito che l’art. 2087 c.c. non configura una forma di responsabilità oggettiva a carico del datore di lavoro, non potendosi automaticamente desumere dal mero verificarsi del danno l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate. La responsabilità datoriale va infatti collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle migliori conoscenze sperimentali o tecniche del momento al fine di prevenire infortuni sul lavoro e di assicurare la salubrità e, in senso lato, la sicurezza in correlazione all’ambiente in cui l’attività lavorativa viene prestata, onde in tanto può essere affermata in quanto la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto (cfr. tra le tante Cass. n. 8381 del 2001, 3234 del 1999, 5035 del 1998). Si tratta, in altri termini, di un’obbligazione assimilabile a quelle tradizionalmente definite “di mezzi”, in cui la diligenza, oltre a costituire il criterio per valutare l’esattezza dell’adempimento, esaurisce l’oggetto stesso dell’obbligazione, traducendosi nel dovere di conoscere quei saperi e di adottare quelle tecniche considerate più attendibili nell’ottica di perseguire il fine indicato dall’art. 2087 cit, e in cui il mancato conseguimento di tale fine rileva solo in quanto sussista un nesso di causalità (non solo in senso materiale, ma anche normativo) tra la condotta che detto obbligo di diligenza abbia violato e l’evento dannoso in concreto verificatosi. Vale a dire che l’art. 2087 c.c., nella misura in cui costruisce quale oggetto dall’obbligazione datoriale un “facere”consistente nell’adozione delle misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità dei prestatori di lavoro”, permette di imputare al datore di lavoro non qualsiasi evento lesivo della salute dei propri dipendenti, ma solo quello che concretizzi le astratte qualifiche di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, dovendo per contro escludersi la responsabilità datoriale ogni qualvolta la condotta sia stata diligente ovvero non sia stata negligente (imprudente, imperita ecc.) in ordine allo specifico pericolo di cagionare proprio quell’evento concreto che in fatto si è cagionato, cioè quando la regola cautelare violata non aveva come scopo anche quello di prevenire quale particolare tipo di evento concreto che si è effettivamente verificato (o almeno normativamente equivalente ad esso)”.

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