Il diritto di condominio ha il suo fondamento nel fatto che le parti siano necessarie per l’esistenza, ovvero che siano permanentemente destinate all’uso o al godimento comune.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 novembre 2015 – 19 aprile 2016, n. 7704
Presidente Nuzzo – Relatore Falaschi
Una fattispecie piuttosto articolata sotto il profilo costruttivo offre alla Corte l’occasione per una chiara lettura dell’art. 1117 cod.civ. e la riaffermare principi non innovativi ma che è utile ripercorrere poiché ancora una volta sottolineano le diverse caratteristiche (struttura o funzione) per cui può essere ritenuto comune un bene. Accade, in fatto, che un soggetto sia proprietario (rectius, nudo proprietario) di alcuni vani posti al piano terra di un edificio e di uno soprastante, creati successivamente alla nascita del fabbricato per trasformazione e copertura di aree preesistenti ma concretamente e funzionalmente inglobati nella sagoma e nella struttura dell’edificio condominiale. Alla Corte è sottoposto quesito circa la riconducibilità di quei vani al Condominio, con il conseguente riconoscimento del diritto sulle parti comuni dello stabile ai sensi dell’art. 1117 cod.civ. La valutazione della Corte ha esito positivo per i muri perimetrali e la copertura dell’edificio e negativo per le scale, posto che dalla valutazione di fatto compiuta dal giudice di primo grado è emerso che quest’ulimo manufatto non è destinato a servire quei beni, che hanno autonomo accesso. Afferma la Corte che “ai fini di stabilire se potesse operare la presunzione di comproprietà di cui all’art. 1117 c.c., invocata dalla controricorrente ed avversata dalla ricorrente, va considerato che il diritto di condominio sulle parti comuni dell’edificio ha il suo fondamento nel fatto che tali parti siano necessarie per l’esistenza ovvero che
siano permanentemente destinate all’uso o al godimento
comune. La richiamata disposizione di cui
all’art. 1117 c.c., che contiene un’elencazione non
tassativa ma meramente esemplificativa dei beni
da considerare oggetto di comunione, può essere
superata se la cosa, per obbiettive caratteristiche
strutturali, serve in modo esclusivo all’uso o al godimento
di una parte dell’immobile, venendo meno
in questi casi il presupposto per il riconoscimento
di una contitolarità necessaria, giacché la destinazione
particolare del bene vince l’attribuzione
legale, alla stessa stregua del titolo contrario.”
La Suprema Corte sottolinea, da un lato, che deve
essere una valutazione strutturale e funzionale a
guidare il Giudice nella interpretazione dell’art.
1117 cod.civ. e, dall’altro, che tale valutazione è
prerogativa esclusiva del Giudice di merito: “secondo
gli accertamenti di fatto compiuti dal giudice
di merito, i vani acquistati dall’attrice non
erano autonomi e distinti dal (OMISSIS) e la sentenza
ha accertato che, in considerazione della
struttura perimetrale e della tecnica di realizzazione
dei locali terranei - come si è detto - detti
beni risultavano incorporati ab origine in modo
definitivo all’edificio monumentale, avendo in comune
le mura perimetrali esterne e la copertura.
La questione presenta affinità con alcuni precedenti
esaminati da questa Corte che ha ritenuto
che, in caso di frazionamento della proprietà di
un edificio, a seguito del trasferimento, dall’originario
unico proprietario ad altri soggetti, di alcune
unità immobiliari, si determina una situazione
di condominio per la quale vige la presunzione
legale di comunione pro indiviso di quelle parti
del fabbricato che, per ubicazione e struttura, siano
- in tale momento costitutivo del condominio
- destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze
generali e fondamentali del condominio stesso
(ex plurimis: Cass 18 dicembre 2014 n. 26766)…
In materia di condominio, infatti, spetta esclusivamente
al giudice di merito accertare, dopo aver
preso in esame la situazione dei luoghi e delle
cose se un determinato bene, per la sua struttura
e conformazione e per la funzione cui è destinato,
rientri tra quelli condominiali oppure sia di proprietà
esclusiva ovvero se si tratti di bene comune
solo a taluni condomini o, infine, se sia comune
al condominio e (solo) ad alcuni dei singoli proprietari
esclusivi, non potendosi escludere a priori
la ricorrenza di una eventualità siffatta (cfr Cass.
7 maggio 2010 n. 11195).”
Una valutazione in fatto sottende anche l’esclusione
della condominialità, nel caso di specie riferita
alle scale: “Le scale, tecnicamente, danno
accesso alle proprietà esclusive e per tale ragione
sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio,
se il contrario non risulta dal titolo, essendo necessarie
all’uso comune. Ma dall’accertamento di
fatto compiuto dal giudice del merito, che ha sottolineato
la particolare configurazione rispetto ai
due locali terranei, ne va esclusa la condominialità.
Il diritto di condominio ha il suo fondamento
nel fatto che le parti siano necessarie per l’esistenza,
ovvero che siano permanentemente destinate
all’uso o al godimento comune. Le obiettive
caratteristiche strutturali, per cui dette scale servono
in modo esclusivo all’uso o al godimento di
una parte dell’immobile, ne fanno venire meno in
questo caso il presupposto per il riconoscimento
di una contitolarità necessaria, giacché la destinazione
particolare del bene vince l’attribuzione
legale, alla stessa stregua del titolo contrario.”
di Massimo Ginesi
Coordinatore giuridico CSN ANACI
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