La proprietà delle aree interne o circostanziali ai fabbricati di nuova costruzione su cui grava il vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio, può essere acquistata per usucapione, non comportando tale vincolo indisponibilità, inalienabilità e incommerciabilità.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 marzo – 22 aprile 2016, n. 8220
Presidente Matera – Relatore Scarpa
Una massima semplice per una vicenda assai complessa in fatto e in diritto. Il fatto: “Gli attori assumevano di aver acquistato dalla costruttrice S.r.l. Edilizia Egeria i loro rispettivi appartamenti in un complesso di tre edifici, siti in (…) ed aventi accesso da Via (omissis), da Via (omissis), e da Via (omissis) ; e che la S.r.l. Edilizia Egeria, in violazione dei cinque patti d’obbligo presentati al Comune per ottenere la licenza edilizia, non aveva destinato a parcheggio l’area di mq. 6.354,90, sottostante gli edifici e i cortili,
avendo in detto spazio costruito posti auto, box
e sottonegozi alienati a condomini degli edifici
stessi. Aggiungevano gli attori che contro la S.r.l.
Edilizia Egeria essi avevano iniziato altro giudizio,
in esito al quale la Corte di Appello di Roma, con
la sentenza n. 388/1992, aveva accertato il loro
diritto reale all’uso dell’area destinata a parcheggio
e condannato la S.r.l. Edilizia Egeria al rilascio
della stessa. Poiché, nonostante le numerose
richieste inoltrate agli attuali possessori, non era
stato possibile ottenerne la consegna dell’area, la
citazione era volta, in attuazione della citata sentenza,
a conseguire la condanna dei convenuti al
relativo rilascio… Costituitosi il contraddittorio,
i convenuti in via preliminare chiedevano il rigetto
della domanda, eccependo che la richiamata
sentenza della Corte di Appello, svoltasi contra
la S.r.l. Edilizia Egeria, era loro inopponibile, in
quanto rimasti estranei a tale giudizio. Nel merito,
i convenuti deducevano d’aver utilizzato le
porzioni immobiliari, rispettivamente acquistate,
secondo la destinazione urbanistica di cui alle licenze
edilizie, ovvero alle concessioni in variante
o in sanatoria, e aggiungevano che per tutte le
porzioni era stata rilasciata la conforme certificazione
di abitabilità. In via riconvenzionale, i medesimi
convenuti chiedevano, quindi, che fosse
accertato l’avvenuto acquisto per usucapione delle
rispettive porzioni immobiliari, ai sensi dell’articolo
1159 c.c. ovvero dell’articolo 1158 c.c.; in
via subordinata, domandavano che venisse determinata
l’integrazione del prezzo d’acquisto, ovvero
l’indennità loro spettante per la perdita del
diritto sui locali acquistati.”
Le questioni di diritto risolte sono molteplici.
In primo luogo la Corte rileva che ove all’epoca
dei fatti sussistesse regime vincolistico in ordine
al trasferimento non può applicarsi la disciplina
più favorevole intervenuta successivamente:
“Basta ribadire, in proposito, come, secondo il
costante orientamento di questa Corte, l’art.12, comma 9, della legge 28 novembre 2005, n. 246,
che ha modificato l’art. 41 sexies della legge 17
agosto 1942, n. 1150, ed in base al quale gli spazi
per parcheggio possono essere trasferiti in modo
autonomo rispetto alle altre unità immobiliari,
non ha effetto retroattivo, né natura imperativa;
ne consegue che nei casi in cui, come quello
in esame, al momento dell’entrata in vigore della
nuova disciplina risultassero già stipulati gli atti
di vendita delle singole unità immobiliari, trova
applicazione la disciplina anteriore, di cui al citato
art. 41 sexies della legge n. 1150 del 1942
(Cass. 5 giugno 2012, n. 9090; Cass. 1 agosto
2008, n. 21003).”
in secondo luogo si afferma l’assolutezza del vincolo
di destinazione che può essere fatto valere,
alla stregua di un diritto reale, nei conforti di
qualunque terzo: “ il vincolo di destinazione impresso
agli spazi per parcheggio dall’art. 41-sexies
della legge 17 agosto 1942, n. 1150, secondo il
testo introdotto dalla legge 6 agosto 1967 n. 765,
art. 18, norma di per sé imperativa, non può subire
deroghe mediante atti privati di disposizione
degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono
perciò sostituite di diritto dalla medesima norma
imperativa. Tale vincolo si traduce in una limitazione
legale della proprietà, che può essere fatta
valere, con l’assolutezza tipica dei diritti reali, nei
confronti dei terzi che ne contestino l’esistenza e
l’efficacia. Pertanto coloro che abbiano acquistato
le singole unità immobiliari dall’originario costruttore
- venditore, il quale, eludendo il vincolo,
abbia riservato a sé la proprietà di detti spazi,
ben possono agire per il riconoscimento del loro
diritto reale d’uso direttamente nei confronti dei terzi ai quali l’originario costruttore abbia alienato
le medesime aree destinate a parcheggio. In
un tale giudizio (qual è quello in esame), intercorrente
tra gli acquirenti degli immobili illegittimamente
privati del diritto all’uso dell’area pertinente
a parcheggio ex art. 18 della legge 6 agosto
1967, n. 765, ed i terzi che abbiano acquistato
porzioni di tale area, la nullità dei negozi stipulati
dai primi, nella parte in cui sia stata omessa
tale inderogabile destinazione, con conseguente
loro integrazione “ope legis”, è rilevabile anche
“incidenter tantum”, sicché non deve necessariamente
correlarsi alla verifica della sussistenza e
dell’opponibilità, in via immediata o, appunto,
riflessa, di un giudicato conseguito nei confronti
dell’originario costruttore - venditore. Come pure,
in un giudizio così congegnato, non si impone
nemmeno che sia convenuto il costruttore - venditore,
pur spettando a questo l’eventuale diritto
(personale) a conseguire l’integrazione del prezzo
di acquisto da coloro che agiscano per ottenere il
riconoscimento del loro diritto d’uso sugli spazi
vincolati a parcheggio (Cass. 14 novembre 2000,
n. 14731; Cass. 25 marzo 2004, n. n. 5755).”
Ulteriore statuizione sussiste circa la natura del
vincolo di destinazione e la legittimazione della
sola P.A. a variarne natura e caratteristiche per
i profili di rilievo pubblicistico: “Per la concreta
attuazione, invece, della costituzione del diritto
reale di uso per parcheggio, soltanto in assenza
di relativa previsione nell’atto concessorio, o nel
regolamento condominiale, o negli atti di acquisto
dei singoli appartamenti, è consentito chiedere
al giudice tale identificazione (Cass. 11 agosto
1997, n. 7474). Ai fini del rispetto del vincolo di
destinazione impresso agli spazi per parcheggio
dall’art. 41 sexies citato, infatti, il rapporto tra
la superficie delle aree destinate a parcheggio e
la volumetria del fabbricato, così come richiesto
dalla legge, va effettivamente verificato a monte
dalla P.A. nel rilascio della concessione edilizia.
La rimozione del vincolo a parcheggio sulle aree
individuate in sede di rilascio della concessione
edilizia come condizione essenziale per lo stesso
rilascio, può tuttavia avvenire tramite una nuova
concessione in variante, al fine di trasferirlo
su altre zone riconosciute idonee. L’art. 41 sexies
della Legge urbanistica opera, pertanto, come
norma di relazione nei rapporti privatistici e come
norma di azione nel rapporto pubblicistico con
la P.A., la quale non può autorizzare nuove costruzioni
che non siano corredate di dette aree,
costituendo l’osservanza della norma condizione
di legittimità della licenza (o concessione) di
costruzione, e alla quale esclusivamente spetta
l’accertamento della conformità degli spazi alla
misura proporzionale stabilita dalla legge e della loro idoneità ad assicurare concretamente la prevista
destinazione.“
Di grande interesse anche la notazione circa la
natura dell’atto con cui il costruttore vincola
quelle aree e il diritto dei condomini ad azionare
i diritti derivanti, che può trarre origine non
direttamente dall’atto amministrativo ma da una
eventuale disciplina negoziale che lo recepisca:
“l’atto con il quale un proprietario costruttore si
sia impegnato nei confronti del Comune, ai fini
del rilascio della concessione edilizia, a conferire
una particolare destinazione a determinate superfici,
non è riconducibile alla figura del contratto a
favore di terzi, di cui all’art. 1411 c.c., sia perché
non costituisce un contratto di diritto privato, sia
perché non ha neppure la specifica autonomia e
natura di fonte negoziale di un regolamento dei
contrapposti interessi delle parti stipulanti, caratterizzandosi,
piuttosto, come atto intermedio
del procedimento amministrativo volto al conseguimento
del provvedimento concessorio finale,
dal quale promanano soltanto poteri autoritativi
della P.A. e non la possibilità per i terzi privati
di accampare diritti sulla sua base. Ne consegue
che, per il rispetto dell’obbligo di destinazione
assunto dal proprietario-costruttore, salva l’ipotesi
che esso sia stato trasfuso in una disciplina
negoziale all’atto del trasferimento della singola
unità immobiliare da lui realizzata, i singoli condomini
non hanno alcuna azione, fermo il diritto
al risarcimento del danno qualora l’inosservanza
dell’obbligo concreti una violazione delle norme
urbanistiche (Cass. 20 novembre 2006, n. 24572;
Cass. 23 febbraio 2012, n. 2742).
infine la statuizione relativa alla usucapione, che
deve essere ritenuta ammissibile anche per tali
beni e avrebbe anche effetto estintivo del vincolo
“La Corte d’appello ha, in estrema sintesi e
facendo salve le diversità delle singole posizioni
scrutinate, riconosciuto in favore degli appellanti
principali ed incidentali l’acquisto dei rispettivi
beni per usucapione decennale, fermo restando il vincolo di destinazione a parcheggio. Ora, questa
Corte ha effettivamente più volte riconosciuto
come “la proprietà delle aree interne o circostanti
ai fabbricati di nuova costruzione, su cui grava il
vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio,
può essere acquistata per usucapione, non comportandone
tale vincolo indisponibilità, inalienabilità
e incommerciabilità” (Cass. 15 novembre 2002, n.
16053; Cass. 7 giugno 2002, n. 8262). Tale possesso
utile a fini di usucapione decorre in danno
del proprietario dal momento dell’atto di acquisto,
essendo soltanto a far tempo da esso possibile
considerare distintamente il diritto dominicale
(trasferito) e quello al parcheggio (non trasferito)
sull’area destinata a parcheggio. Non è stata oggetto
di censura la sentenza impugnata nella parte
in cui la stessa ha riconosciuto l’usucapione abbreviata
ex art. 1159 c.c. in favore degli appellanti.
La soluzione adottata avrebbe dovuto indurre, in
verità, ad affrontare il profilo della configurabilità
dell’usucapione decennale, ai sensi dell’art. 1159
c.c., in favore di colui che abbia acquistato, come
nella specie, un’area di parcheggio asseritamente
vincolata al diritto d’uso “ex lege”, quanto, in
particolare, alla sussistenza del requisito del titolo
idoneo a trasferire la proprietà, trattandosi di atto
nullo per contrarietà a norme imperative (cfr., in
senso contrario all’ammissibilità, Cass. 24 maggio
2013, n. 12996). La questione è tuttavia sottratta
all’esame di questa Corte giacché, come detto,
non oggetto di gravame. Ora, è evidente che la
ravvisata usucapione in favore dei terzi acquirenti
dell’area di parcheggio, a differenza di quanto
afferma la sentenza della Corte di Roma, avrebbe
effetto estintivo anche del vincolo pubblicistico di
destinazione, in forza dell’efficacia retroattiva reale
dell’usucapione stessa.”
La sentenza è densa di moltissimi spunti di riflessione
ed affronta ancora diverse questioni, assai
rilevanti, così che - per coloro che siano interessati
al tema - se ne consiglia comunque la lettura
integrale.
di Massimo Ginesi
Coordinatore giuridico CSN ANACI
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