martedì 29 novembre 2016

La normativa sugli ascensori ed il relativo adeguamento degli ascensori esistenti

Dalla norma UNI EN 81 - 80 contemplata dal Decreto del Ministro dello sviluppo economico n. 108/2009 del 23/7/2009. La sentenza C. Cass. n. 13358/2016.

La cultura della sicurezza nella materia di ascensori non soffre di conflitti di giurisdizione tra il giudice ordinario e quello amministrativo poiché l’attività di omologazione di un impianto di ascensore e di controllo sul suo funzionamento costituisce prestazione di servizio pubblico resa in confronto di un soggetto determinato.

La differenza tra norma tecnica italiana e regola dell’arte europea. Occorre notare che la legge n. 317 del 21/6/1986, attuazione della direttiva n. 83/189/CEE relativa alla procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni, definisce (art. 1):
  • norma una specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto ed abilitato ad emanare atti di normalizzazione, la cui osservanza non sia obbligatoria ed appartenente ad una delle categorie: norme internazionali, norme europee, norme nazionali;
  • regola tecnica: una delle specifiche tecniche o uno degli altri requisiti la cui osservanza è obbligatoria per la commercializzazione o l’utilizzazione di un prodotto sul territorio nazionale e le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri intese a vietare la fabbricazione, la commercializzazione o l’utilizzazione di un prodotto.
Occorre notare che una norma tecnica in materia di ascensori è la norma UNI – EN 81 – 80 (contenente le regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione di ascensori limitatamente agli ascensori preesistenti e le regole per il miglioramento della sicurezza degli ascensori per passeggeri e degli ascensori per passeggeri e merci preesistenti ), originante da lavoro triennale del gruppo di lavoro (WG) 10 del CEN/TC10 ed approvata nel settembre 2003, la quale non è una norma armonizzata secondo la direttiva ascensori poiché si occupa degli ascensori esistenti, mentre la direttiva 95/16/CE si occupa di ascensori nuovi.
Altre norme tecniche sono costitute dalla serie EN 81 contenente: la UNI EN 81/1/2199 contemplante n. 74 situazioni di pericolo negli ascensori esistenti, la UNI EN 81 – 1 per gli ascensori elettrici, la UNI EN 81 – 2 per gli ascensori idraulici, la UNI EN 81 –28 contemplante i teleallarmi per passeggeri. Il ricorso alla norma tecnica è determinante per valutare la diligenza nell’adempimento del debitore nelle obbligazioni aventi ad oggetto lo svolgimento di un’attività professionale secondo quanto disposto dall’articolo 1176, secondo comma, del codice civile. Tale constatazione appare evidente laddove si rifletta che il contenuto dell’obbligazione consiste nelle tecniche proprie dell’attività specializzata e, pertanto, il grado di diligenza del debitore, esperto in un’attività professionale, appare più elevato della diligenza del buon padre di famiglia, poiché qui occorre operare il riferimento al risultato specifico che comporta l’obbligazione assunta.
Ne consegue che gli interventi di adeguamento dell’ascensore alla normativa dell’Unione europea, essendo diretti al conseguimento di obiettivi di sicurezza della vita umana e incolumità delle persone, onde proteggere efficacemente gli utenti e i terzi, attengono all’aspetto funzionale dello stesso, ancorché riguardino l’esecuzione di opere nuove, l’aggiunta di nuovi dispositivi, l’introduzione di nuovi elementi strutturali.
La cultura della sicurezza nella materia di ascensori non soffre di conflitti di giurisdizione tra il giudice ordinario e quello amministrativo poiché l’attività di omologazione di un impianto di ascensore e di controllo sul suo funzionamento costituisce prestazione di servizio pubblico resa in confronto di un soggetto determinato, in rapporto al quale è configurabile un rapporto d’utenza. Inoltre tale attività impegna non un potere discrezionale dell’amministrazione, ma solo la sua discrezionalità tecnica, sicché, in relazione ad essa, sorgono nel privato posizioni di diritto soggettivo per cui spetta al giudice ordinario conoscere della domanda di risarcimento del danno proposta dal privato nei confronti della pubblica amministrazione (ISPESL, Ministero della Sanità, Azienda ASL, Comune) a seguito del comportamento asseritamente “contra ius” da questa posto in essere nel procedere all’omologazione di un impianto di ascensore installato a servizio di un immobile condominiale, nell’eseguirne le verifiche periodiche ed, infine, nell’inibirne il funzionamento. A tal riguardo la Suprema Corte afferma i seguenti principi:
  • l’omologazione ed il controllo degli impianti di ascensore costituiscono un servizio pubblico reso dalla pubblica amministrazione nell’ambito del servizio sanitario nazionale (l. n. 1415 del 24/10/1942, art. 6, lettera n, della legge n. 833 del 23/12/978);
  • le domande proposte contro i soggetti privati, inerenti ai comportamenti da essi tenuti, sia per quanto attiene alla progettazione dell’edificio in rapporto all’impianto di ascensore sia per quanto riguarda le successive trasformazioni, attengono tutte a rapporti tra privati né vengono in rilievo quanto a questi profili, per cui la loro attività è equiparata a quella della pubblica amministrazione agli effetti della giurisdizione e quindi ricadono anch’esse nella giurisdizione del giudice ordinario.
In accordo a tali principi il mancato rispetto della norma tecnica da parte del soggetto obbligato all’installazione, vendita, manutenzione degli ascensori e degli impianti ad essi relativi comporterà l’applicazione delle seguenti norme del codice civile. - l’art. 1175 che impone al debitore ed al creditore di operare secondo le regole di correttezza e di buona fede;
  • l’art. 1218 stabilente la responsabilità del debitore il quale è tenuto a risarcire il danno laddove non esegua esattamente la prestazione dovuta, qualora non provi che l’inadempimento o il ritardo siano stati determinati dall’impossibilità della prestazione derivante da causa al medesimo non imputabile;
  • gli articoli 1667 e seguenti per i quali permane la responsabilità civile del terzo responsabile alla conduzione dell’impianto nei confronti del proprietario per lo svolgimento del subappalto (qualora sia consentito dal contratto e non sia espressamente vietato oppure sia stato effettuato senza l’autorizzazione del committente contro l’espresso divieto dell’art. 1656) secondo le regole generali del contratto di appalto;
  •  l’art. 2050 il quale afferma che chiunque cagiona ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati (quale è quella relativa agli ascensori), è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno; - l’art. 2224 il quale consente al creditore, qualora il prestatore d’opera non proceda all’esecuzione dell’opera secondo le condizioni del contratto e a regola d’arte, di stabilire un congruo termine entro il quale il debitore deve conformarsi a tali condizioni che, se trascorre inutilmente, consente al primo di recedere dal contratto, salvo il diritto al risarcimento del danno.
Il Codice del consumo contenente norme sulla sicurezza dei prodotti.
Il Codice del consumo, il d.lgs. 6/9/2005 n. 206 (emanato ai sensi dell’art. 7 della legge 29/7/2003 n. 229 e pubblicato su GU n. 235 del 8/10/2005), contiene i seguenti principi rilevanti:
  • il produttore (art. 104) immette sul mercato solo prodotti sicuri;
  • un prodotto (art. 117) è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze tra cui il modo di presentazione, l’uso del prodotto, il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione;
  • il difetto di conformità ( art. 129, ultimo comma) che deriva dall’imperfetta installazione del bene di consumo è equiparato al difetto di conformità del bene quando l’installazione è compresa nel contratto di vendita ed è stata effettuata dal venditore o sotto la sua responsabilità. Tale equiparazione si applica anche nel caso in cui il prodotto, concepito per essere installato dal consumatore, sia da questo installato in modo non corretto a causa di una carenza delle istruzioni di installazione.
  • si afferma (art. 105) che un prodotto è definito sicuro:
  1. si presume che un prodotto sia sicuro, per quanto concerne i rischi e le categorie di rischi disciplinati dalla pertinente normativa nazionale quando è conforme alle norme nazionali non cogenti che recepiscono le norme europee, i cui riferimenti siano stati pubblicati dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee;
  2. per quanto concerne gli aspetti disciplinati dalla pertinente normativa nazionale, quando in mancanza di disposizioni comunitarie specifiche che ne disciplinano la sicurezza, è conforme alle normative nazionali specifiche dello Stato membro nel cui territorio è commercializzato, che sono stabilite nel rispetto del trattato, in particolare degli articoli 28 e 30 e che fissano i requisiti cui deve rispondere il prodotto sul piano sanitario e della sicurezza per poter essere commercializzato;
  3.  in circostanze diverse da quelle sopra riferite la conformità di un prodotto all’obbligo generale di sicurezza è valutata tenendo in particolare conto, se esistenti, i seguenti parametri sussidiari:
- le norme nazionali non cogenti che recepiscono norme europee diverse da quelle sopra citate;
- le norme in vigore nello Stato membro in cui il prodotto è commercializzato;
- le raccomandazioni della Commissione relative ad orientamenti sulla sicurezza dei prodotti;
- i codici di buona condotta in materia di sicurezza dei prodotti vigenti nel settore interessato;
- gli ultimi ritrovati della tecnica;
- la sicurezza che i consumatori possono ragionevolmente attendere.

Pertanto l’art. 105 del Codice del consumo innova la serie delle fonti giuridiche italiane e quindi in tale materia prevede il seguente ordine: la carta costituzionale italiana, le direttive europee comprensive delle norme armonizzate, la legislazione nazionale (leggi, decreti legge, decreti legislativi), la normativa regolamentare (decreti del presidente della repubblica e decreti ministeriali), i provvedimenti di autonomia, di autotutela e di autotarchia delle pubbliche amministrazioni (circolari e risoluzioni), le norme tecniche volontarie (norme UNI – EN, norme UNI – EN - ISO e norme UNI o CEI), gli usi e le prassi tecnologici. L’esplicito riferimento agli ultimi ritrovati della tecnica ed alla sicurezza attesa dagli utenti quali residuali parametri di riferimento della sicurezza del prodotto consente di ritenere definitivamente superato l’indirizzo dottrinario tradizionale il quale, con evidenti nostalgie di un passato storico autarchico, nazionalistico ed assolutamente autoreferente, afferma che ogni disposizione comunitaria, per essere vigente in Italia, necessiti la sua ricezione nel nostro ordinamento giuridico mediante l’esclusivo ricorso allo strumento legislativo del nostro Parlamento. Appare opportuno notare che i riferimenti agli ultimi ritrovati tecnologici e all’aspettativa della sicurezza da parte dei consumatori rappresentano, a loro volta, degli usi tecnologici che hanno una giuridica rilevanza non solo per gli interessi rispettivamente rappresentati e sicuramente meritevoli di tutela, ma anche perché la loro menzione consente di evitare una cristallizzazione della ricerca scientifica. Infatti la stessa procede adottando il metodo empirico del “provare e riprovare” inventato da Galileo Galilei e che non può essere definito una volta per tutte in quanto ogni innovazione tecnologica ne introduce una successiva in un continuo ed infinito divenire. E’ la soluzione per complessità per la quale la risoluzione di un problema implica necessariamente la formulazione di uno successivo e quindi il diritto non può bloccare tale movimento infinito con definizioni apodittiche e definitivamente conclusive come avvenuto in passato con il metodo medievale scolastico. In definitiva trattasi di una vera e propria clausola generale di salvaguardia tecnologica stabilita per evitare che disposizioni normative strette ed inderogabili rendano superfluo lo sviluppo tecnologico con la conseguenza di porre l’Europa in uno stato di obiettivo svantaggio di fronte alla concorrenza dei produttori statunitensi, cinesi ed indiani i quali pongono proprio la ricerca scientifica avanzata a fondamento dello sviluppo delle loro economie in modo da aumentare il loro prodotto interno lordo in misura notevolmente superiore al nostro.

I Decreti del 26/10/2005 e del 16/1/2006 del Ministero delle attività produttive relativi al miglioramento della sicurezza degli ascensori.
Il decreto emanato il 26/10/2005 dal Ministero delle attività produttive ( pubblicato nella GU n. 265 del 14/11/2005) riguarda il miglioramento della sicurezza degli ascensori installati negli edifici i civili precedentemente alla data di entrata in vigore della direttiva 95/16/Ce. Il decreto impone di adeguare tali impianti, sia pure attraverso lo scaglionamento temporale dei lavori, descritto all’articolo 2, a secondo del grado di pericolosità dei rischi accertati, alla norma europea UNI EN 81- 80 contenente l’elenco dei 74 rischi maggiormente ricorrenti.
Il decreto del 16/1/2006 (pubblicato sulla GU n. 27 del 2/2/2006), del medesimo Ministero, recepisce nel nostro ordinamento la predetta norma UNI EN 81- 80 con la conseguenza giuridica di rendere immediatamente obbligatoria la sua adozione al fine di garantire la pubblica incolumità.
A tal riguardo può chiedersi se le norme armonizzate europee possano rivestire i principi essenziali di sicurezza e le caratteristiche fondanti le disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza sopra sanzionate (con il ricorso alla nota struttura della norma penale in bianco contenente soltanto la sanzione e riguardante invero una fattispecie aperta al progresso tecnologico) . In merito la dottrina afferma che in campo penale la disapplicazione di una norma che si risolva in una operazione “in malam partem” è incompatibile con l’art. 25 della Costituzione sia perché una direttiva di per sé non può creare obblighi a carico di un soggetto, né può avere l’effetto di per sé, e indipendentemente da una legge interna di uno Stato membro adottata per l’attuazione della direttiva, di determinare o aggravare la responsabilità penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni. Osservasi inoltre che le direttive anche qualora prevedano sanzioni per il soggetto inottemperante riservano alla libera scelta dei Parlamenti degli Stati membri di stabilire se le pene previste abbiano, all’interno del singolo ordinamento, le caratteristiche della sanzione penale oppure amministrativa (con il pagamento di una somma pecuniaria).
A diversa conclusione non perviene la giurisprudenza di legittimità la quale afferma che la normativa di sicurezza non comprende, quale genus, sia la species delle norme antinfortunistiche sia quelle delle norme di igiene sul lavoro poiché tali due categorie sono ontologicamente distinte e separate. Tale orientamento dottrinale, tuttavia, non tiene conto del caso in cui una norma armonizzata europea venga recepita all’’interno del nostro ordinamento, come nel caso sopra esaminato, e assuma una rilevanza giuridica obbligatoria per la sua adozione nei luoghi di lavoro secondo quanto previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 626/1994 il quale, in definitiva, prevede l’adozione delle misure di sicurezza secondo la migliore scienza ed esperienza del singolo momento storico. D’altro canto tale norma diviene il parametro di riferimento per l’adozione di tutte le misure idonee previste per evitare il danno secondo quanto è previsto, nel codice civile in materia di fatti illeciti, dagli articoli 2049 (responsabilità dei padroni e dei committenti), 2050 (responsabilità per l’esercizi odi attività pericolose), 2051 (danno cagionato da cose in custodia). La dottrina afferma l’applicabilità di tali norme nell’ambito condominiale e le definisce capisaldi della responsabilità oggettiva civile che importa l’inversione dell’onere della prova della responsabilità del danno dal danneggiato (come prevede l’art. 2043 nella responsabilità aquiliana) al danneggiante il quale deve provare di avere adottato tutte le cautele idonee e tecnicamente possibili per evitare il verificarsi del danno. Inoltre la norma UNI EN 81- 80 costituisce l’insieme delle cautele che il datore deve adottare nelle misure generali di tutela previste dall’art. 3 del d.lgs. n. 626/1994 e che costituiscono suoi precisi obblighi ai sensi del successivo art. 4. A tal proposito appare pletorico affermare che nel caso in cui il mancato rispetto della norma tecnica cagioni una situazione di pericolo e di danno alla persona da cui derivi una lesione personale o la morte di un soggetto utilizzatore dell’ascensore, secondo i principi generali del codice penale in materia di reati colposi e di contravvenzioni, nei confronti dei soggetti garanti dell’installazione, della funzionalità e della manutenzione dell’impianto sono ravvisabili le fattispecie dei reati di lesioni personali aggravate (articoli 590 e 582 del codice penale) oppure dell’omicidio colposo (art. 589del codice penale). Invero la mancata adozione della norma tecnica in tali ipotesi costituirà oggetto della colpa specifica che sarà contestata nel capo di imputazione al reo da parte della pubblica accusa e che costituirà oggetto di giudizio da parte del giudice.

L’operatività immediata della norma UNI EN 81- 80 e la conseguente impraticabilità della manovra d’emergenza sull’ascensore da parte del custode del condominio.
Nei confronti del DM 26/10/2005 è stata proposta un’istanza di sospensiva che è stata respinta dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sulla base della considerazione che per la sua piena operatività il predetto decreto prevede (art. 2, comma 5) l’emanazione, entro sessanta giorni di un decreto del Direttore generale dello sviluppo produttivo e competitività contenente le modalità di svolgimento delle verifiche e i criteri generali delle prescrizioni di adeguamento. Pertanto il giudice amministrativo non ha inteso sospendere l’efficacia di un provvedimento immediatamente non produttivo di effetti giuridici. Tuttavia da tale reiezione dell’istanza non appare ermeneuticamente corretto inferire la conseguenza per cui l’intera nuova normativa sugli ascensori sia attualmente sospesa. Invero da un lato non appare decisivo ricavare un principio interpretativo univoco da parte di posizioni soccombenti al vaglio del giudice adito, di talchè una sconfitta si tramuti inopinatamente in repentina vittoria, dall’altro notasi che la predetta norme UNI EN 81 -80 vive di vita autonoma e propria, rispetto alla citata vicenda giudiziaria, poiché il DM 16/1/2006 non risulta impugnato, è un decreto autonomo e non forma oggetto neppure incidentale della questione svolta nel corso del predetto giudizio.
Le conseguenze della vigenza della norma tecnica appaiono rilevanti in merito alla attuale impraticabilità della manovra d’emergenza sull’ascensore da parte del custode del condominio. La verifica degli ascensori disciplinata dal DPR 3/4/1999 n. 162 si distingue nelle due seguenti categorie:
  • l’ordinaria o periodica, da effettuarsi ogni biennio, la quale è diretta (art. 13, comma terzo) ad accertare se le parti dalle quali dipenda la sicurezza dell’impianto sono in condizioni di efficienza, se i dispositivi di sicurezza funzionano regolarmente e se è stato ottemperato alle prescrizioni eventualmente impartite in precedenti verifiche: tali operazioni sono eseguite dal manutentore sotto la vigilanza del verificatore;
  • la straordinaria che deve essere compiuta, a spese del proprietario, allorquando la verifica ordinaria ottiene un verbale di verifica negativo (art. 14, comma primo) ed è effettuata su richiesta degli interessati (il proprietario o il suo legale rappresentante) che la richiedono ai verificatori dopo avere rimosso le cause che hanno determinato l’esito negativo della verifica precedente; oppure deve esser effettuata in seguito ad incidenti di notevole importanza, anche se non sono seguiti da un infortunio, comunicati dal proprietario o dal suo legale rappresentante al comune il quale, da parte sua dispone immediatamente il fermo dell’impianto (art. 14, comma secondo). In tali casi l’ascensore può essere rimesso in servizio solo per l‘esito della verifica è positivo.
L’art. 15, comma secondo, (manutenzione) del DPR 30/4/1999 n. 162 stabilisce che il manutentore provvede anche alla manovra di emergenza dell’ascensore che, in caso di necessità, può essere effettuata anche da personale di custodia istruito per questo scopo.
I contratti collettivi di categoria prevedono (art. 20, comma primo, n.7 CCNL) l’aggiornamento dei lavoratori – custodi sulla salute e sulla sicurezza, la formazione (art. 43 ) sulla prevenzione antinfortunistica e sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, nonché (art. 19, comma quarto, lettera l del CCNL 1/12/2003 – 31/12/2006)” il compito di intervenire in casi di emergenza sull’impianto di ascensore ai fini di sbloccare la cabina, portarla al piano e aprire la porta, onde consentire l’allontanamento delle persone; l’affidamento di questa mansione può avvenire soltanto previo specifico corso di formazione che dovrà essere effettuato in conformità allo schema approvato dall’Organismo Paritetico Nazionale di cui all’art. 4 dell’Accordo 17/4/1997 (all. n. 6); tale conformità dovrò risultare da apposito provvedimento emanato dall’O.P.N.. Il costo del corso sarà a carico del datore di lavoro. Tale compito verrà svolto dai lavoratori incaricati durante l’orario di lavoro e, limitatamente a quelli che usufruiscono dell’alloggio di servizio, durante le ore di reperibilità, nonché quando gli stessi si trovino comunque presso i fabbricato, anche fuori degli orari di lavoro di cui sopra, il lavoratore potrà intervenire oppure provvederà a dare l’allarme, facendo attivare gli Organismi competenti. Il lavoratore sarà coperto da un’assicurazione per danni verso terzi procurati nelle manovre ai riallineamento, mediante estensione della polizza globale fabbricati. Per le prestazioni di cui sopra è dovuta l’indennità di cui alle tabelle da A ad A- quater dell’art. 117”
A tal riguardo osservasi che fin dal 1981 la giurisprudenza (C. Cass. Civile, Sent. L, n. 6387 del 1/12/1981) prevedeva l’obbligo dell’assicurazione per i lavoratori adibiti a tali mansioni sulla base della presunzione di pericolosità delle attività indicate dall’art. 1 del DPR 30/6/1965 n. 1124 riguardanti per i custodi la piccola manutenzione dell’ascensore, l’intervento in caso di allarme, il controllo degli impianti di illuminazione, l’esecuzione di pulizie nei locali all’interno dei quali è installato l’impianto termico. La norma UNI EN 81 –80, resa efficace in Italia con il decreto 16/1/2006, è autonoma dal Decreto 26/10/2005 non soltanto perché è contenuta in un differente atto normativo, ma poiché lo stesso decreto non subordina ad alcun termine la sua entrata in vigore in Italia e neppure all’emanazione del decreto direttoriale previsto dall’art. 2, comma quinto, del decreto 26/10/2005. Infatti il decreto 16//1/2006 afferma che allo stato attuale si ravvisa …”l’opportunità di provvedere alla diffusione della norma UNI EN 81 –80”che trova il suo fondamento nelle seguenti considerazioni:
  • nel livello di sicurezza degli ascensori esistenti inferiore allo stato dell’arte odierno;. - nelle nuove tecnologie e aspettative sociali le quali hanno condotto a quello che è lo stato dell’arte odierno in materiali sicurezza;
  • nell’aumento della durata della vita e nella legittima aspettativa delle persone disabili ad accessi e progettazioni adeguati alle loro esigenze;
  • nella necessità di fornire un mezzo sicuro di trasporto verticale per i disabili e per le persone anziane non accompagnate;
  • nella constatazione della diminuzione della presenza del personale di servizio fisso degli ascensori e dei custodi degli stabili per cui è importante fornire le misure di sicurezza rilevanti per il recupero di persone rimaste intrappolate;
  • nella constatazione della maggior lunghezza del ciclo di vita degli ascensori rispetto agli altri mezzi di trasporto con la conseguenza per cui il progetto di un ascensore, le sue prestazioni e la sicurezza possono rimanere indietro rispetto alla tecnologia moderna;
  • nell’osservazione per la quale se gli ascensori esistenti non verranno portati allo stato dell’arte in termini di sicurezza il numero degli infortuni aumenterà specialmente in quegli edifici nei quali ha accesso il pubblico;
  • nel rilievo dell’affermazione del principio della libertà di movimento delle persone all’interno dell’Unione europea con la conseguenza per la quale è sempre più difficile familiarizzare con le diverse installazioni sia per gli utenti che per le persone autorizzate.
La norma UNI EN 81 –80 cataloga le varie situazioni di pericolo, distinguendole nelle categorie alto, medio e basso, fornisce le opportune azioni correttive, consente la messa in sicurezza graduale dell’ascensore e si rivolge alle autorità nazionali, ai proprietari, alle ditte di manutenzione. La lista dei pericoli significativi, contenente la valutazione e la richiesta della riduzione del rischio, è divisa in 74 parametri contemplanti, ad esempio, le limitazioni alle persone disabili ( punto 5.2.1), l’inadeguatezza dei dispositivi di blocco alle porte (punto 5.5.2), l’insicurezza del dispositivo di blocco della porta di piano (punto 5.7.7), la mancanza di un dispositivo di chiusura automatica delle porte scorrevoli (punto 5.7.9), il collegamento non adeguato delle porte di piano ( punto 5.7.10), nessuna o l’inadeguata protezione del motore del macchinario (punto 5.15.2). Assai importanti sono le seguenti disposizioni relative all’intervento di sicurezza per estrarre le persone intrappolate all’interno degli ascensori:
  • lo sbloccaggio di emergenza di una porta di piano deve essere possibile soltanto usando un dispositivo speciale (per esempio una chiave triangolare secondo quanto previsto dalla EN 81-1:1998, 7.7.3.2, oppure dalla EN 81-2: 1998, 7.7.3.2; misure aggiuntive devono essere applicate in conformità alla norma EN 81 71 negli edifici che possono subire atti vandalici o dove può verificarsi un “surfing” sull’ascensore ( punto 5.7.8.1);
  • l’ascensore deve essere fornito di un sistema di manovra di emergenza in conformità con la EN 81
  • 1: 1998, 12.5, per gli ascensori elettrici oppure con la EN 81 – 2:1998, 12.9., per gli ascensori idraulici; tutti questi sistemi di emergenza devono essere forniti di istruzioni che siano chiaramente esposte come definito nella EN 81-1:1998, 16.3.1, oppure nella EN 81-2:1998, 16.3.1 (punto 5.12.2);
  • prima di rimettere in servizio un ascensore dopo avere effettuato delle modifiche esso deve essere sottoposto a controlli e a prove secondo quanto previsto nella EN 81 –1: 1998, appendice B”, oppure nella EN 81 –2: 1998, appendice E.2, oppure in regolamenti nazionali; le modifiche fatte su uno specifico componente possono avere conseguenze sulla sicurezza o sul funzionamento di altri componenti ad esso associati. Quindi i controlli e le prove dopo la modifica non devono essere limitati solo ai componenti modificati, ma devono comprendere anche i componenti e i sistemi che possono esserne influenzati (punto 6);
  • si deve fornire tutta la documentazione rilevante per quei componenti che vengono cambiati e completati secondo il punto 5 della UNI EN 81 -80 inerente ai requisiti di sicurezza ed alle misure di prevenzione (punto 7).
Infine con riferimento a tali quattro punti occorre notare che allorquando si interviene, anche con la procedura di emergenza, su di un ascensore è sempre necessaria l’effettuazione di una particolare verifica (ulteriore ed autonoma rispetto a quelle ordinarie e straordinarie previste dagli articoli 13, comma terzo e 14, comma primo del DPR n. 162/1999) la quale può essere svolta unicamente dai soggetti abilitati e previsti dagli articoli 1 e 2 della legge 5/3/1990 n. 46, ovvero dai manutentori, verificatori ed installatori degli ascensori iscritti nell’albo ad essi relativo e tenuto presso le Camere di commercio territorialmente competenti con esclusione di ogni altro soggetto il quale se intervenisse, in tali casi, sull’ascensore comunque commetterebbe il reato previsto e punito dall’articolo 348 c.p. (esercizio abusivo della professione sanzionato con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 103 a 516 ) come affermato dalla giurisprudenza in più occasioni.
E’ evidente che non ricorre l’ipotesi di reato predetto, in quanto i medesimi agiscono in adempimento di un dovere e pertanto la loro condotta integra la causa di giustificazione prevista dall’articolo 51 del codice penale (esercizio di un diritto o adempimento di un dovere), nei confronti del personale di soccorso pubblico appartenente alle Forze dell’Ordine, ai Vigili del Fuoco, alle organizzazioni di pronto intervento della sanità pubblica i quali intervengano per soccorrere i soggetti che abbiano riportato delle lesioni nell’uso degli ascensori o che siano rimaste chiuse, per varie cause, all’interno dei medesimi.
Sono abilitate (art. 2 della legge 5/3/1990 n. 46) all’installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione degli impianti indicati nell’art. 1 della legge 5/3/1990 n. 46 le imprese iscritte:
- nel registro delle ditte del r.d. 20/9/1934 n. 2001; - nell’albo provinciale delle imprese artigiane di cui alla legge 8/8/1985 n. 443.

Le predette imprese che dimostrino la loro iscrizione nei predetti albi almeno da un anno dalla data di entrata in vigore della l. 46/1990 hanno diritto ad ottenere il riconoscimento dei requisiti tecnico – professionali previa la presentazione di una domanda (art. 5 della l. 46/1990). L’esercizio di tali attività è, inoltre, subordinato (artt. 3, 4, 5 della legge 46/1990) al possesso dei requisiti tecnico – professionali (laurea in materia tecnica, diploma di scuola secondaria, diploma di scuola secondaria superiore in materia tecnica, attestato di formazione professionale, prestazione svolta alle dipendenze di un’azienda del settore per un periodo non inferiore a tre anni ) il cui accertamento viene espletato per le imprese artigiane dalle Commissioni provinciali per l’artigianato, per tutte le altre imprese da una commissione nominata dalla Giunta della Camera di commercio, le quali rilasciano il certificato di riconoscimento dei requisiti professionali ( art. 3 del DPR 6/12/1991 n. 447). Per la progettazione degli impianti (art. 6 della l.46/1990, art. 4 del DPR 6/12/1991 n. 447) è obbligatoria la redazione del progetto da parte di professionisti iscritti negli albi professionali, nell’ambito delle rispettive competenze. Al termine dei lavori (art. 9 della l. 46/1990 e 7 del DPR 447/1991, norme oggi sostituite dall’art. 7 del D.M. Sviluppo Economico 22/1/2008 n. 37) l’impresa installatrice deve rilasciare al committente la dichiarazione di conformità (redatta sulla base del modello predisposto con decreto 20/2/1992 del Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato) degli impianti realizzati nel rispetto delle norme previste dall’art. 7 della l. 46/1990. Il Sindaco (art. 11 della l. 46/1990 e art. 24 del DPR 380/2001) rilascia il certificato di abitabilità o di agibilità dopo aver acquisito anche la dichiarazione di conformità o il certificato di collaudo degli impianti installati. La dichiarazione (art. 13 della l. 46/1990) deve essere depositata presso lo sportello unico del comune entro trenta giorni dalla conclusione dei lavori qualora il nuovo impianto sia installato in un edificio per il quale è già stato rilasciato il certificato di abitabilità, mentre nel caso di rifacimento parziale di impianti il progetto e la dichiarazione di conformità o il certificato di collaudo, ove previsto, si riferiscono alla sola parte degli impianti oggetto dell’opera di rifacimento.

Il Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico n. 108/2009 del 23/7/2009 relativo all’adeguamento degli ascensori esistenti alla norma Uni En 81 - 80.
I commentatori che hanno fino ad oggi negato l’immediata applicabilità della norma Uni En 81 - 80, nonostante la sua pubblicazione sulla GU n. 27 del 2/2/2006, sostenevano come principale ed unica argomentazione di tale assunto la mancata adozione di un decreto ministeriale di attuazione della normativa introdotta dai decreti del 26/10/2005 e del 16/1/2006 del Ministero delle attività produttive, anch’essi relativi al miglioramento della sicurezza degli ascensori.
Tale affermazione è oggi definitivamente superata dall’emanazione del Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico n. 108/2009 del 23/7/2009 (pubblicato su GU n. 189 del 17/8/2009) relativo all’adeguamento degli ascensori esistenti alla norma Uni En 81 - 80 che rivolto a tutte le categorie professionali interessate, a vario titolo, all’adeguamento allo stesso livello di sicurezza tutti gli ascensori in esercizio in Italia attesa la vetustà di una parte rilevante dei medesimi.
Il sistema di controllo (art. 2) coinvolge direttamente il proprietario od il legale rappresentante dell’impianto che, a partire dall’entrata in vigore del decreto, in occasione della prima verifica sull’impianto già programmata dall’organismo notificato, dalla ASL o dall’Ispettorato del Lavoro, richiede l’effettuazione di una visita straordinaria finalizzata “ad un’analisi delle situazioni di rischio presenti nell’impianto” secondo le regole della buona tecnica e consistenti nelle norme UNI e le norme europee che garantiscono un livello di sicurezza equivalente come le norme Uni En 81 - 80. Le verifiche straordinarie debbono essere attuate entro i seguenti termini perentori decorrenti dalla data di entrata in vigore del decreto:
  • due anni per gli ascensori installati prima del 15/11/1964;
  • 3 anni per gli ascensori installati prima del 14/10/1979;
  • 4 anni per gli ascensori installati prima del 9/4/1991;
  • 5 anni per gli ascensori installati prima del 24/6/1999.
Le prescrizioni per operare gli interventi di adeguamento degli impianti hanno ( art. 3) termini quinquennali o decennali dal momento dell’effettuazione dell’analisi dei rischi a secondo della situazione riscontrata nell’impianto e descritte nelle tabelle A, B, C, del decreto. Inoltre le situazioni di rischio riportate nella tabella C possono essere eliminate in occasione di interventi di modernizzazione successivi di significativa entità.
Gli oneri delle verifiche e dei costi di adeguamento degli impianti sono a carico dei rispettivi proprietari e il decreto afferma (artt. 4 e 5) le seguenti impegnativa dichiarazioni di responsabilità:
  • gli enti responsabili delle verifiche devono accertare, nel corso delle ispezioni successive, l’avvenuto adeguamento degli impianti al decreto ed in caso in cui venga l’inottemperanza, l’ente ne comunica l’esito negativo al competente ufficio comunale peri provvedimenti di competenza e informa il proprietario dell’impianto e/o l’amministratore del condominio e la ditta di manutenzione;
  • il proprietario dell’impianto di ascensore o il suo legale rappresentante sono responsabili della corretta esecuzione degli interventi di adeguamento previsti dal decreto e nel rispetto delle esecuzioni tecniche previste dall’analisi del rischio oppure da quelle indicate dalla norma di buona tecnica.
Le valutazioni contemplate dalla norma Uni En 81 – 80 e relative alle misure per assicurare l’accessibilità dei disabili, contro gli atti vandalici e per assicurare un comportamento sicuro in caso di incendio sono (art.6) oggetto di specifica valutazione in funzione delle esigenze degli utilizzatori e dell’ambiente in cui l’impianto è installato e dell’adozione di tali misure è responsabile il proprietario che dovrà valutare quali adottare e richiedere la relativa verifica all’organismo notificato. Infine di notevole rilievo per la tutela della pubblica incolumità è l’affermazione dell’art. 5, comma secondo, del decreto per cui in caso di mancata esecuzione degli interventi di adeguamento della sicurezza prescritti dall’organismo notificato o dalla ASL o dall’ispettorato del lavoro, l’impianto ascensore non può essere messo in esercizio.

L’installazione dell’ascensore secondo la sentenza C.Cass. n. 13358/2016. 
La ristrutturazione degli immobili comporta modifiche consistenti che interessano anche impianti tecnologici invasivi quali gli ascensori ed a tal proposito è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13358/2016 (Sez. 2 Civ., ud. 15.3.2016, dep. 28.6.2016). Il caso trattato riguardava l’installazione di un ascensore all’interno di un cortile di un fabbricato realizzato senza rispettare le distanze legali di una proprietà vicina. Il proprietario dell’ascensore sosteneva che l’opera era stata legittimamente realizzata secondo le norme della legge 9.1.1989 n. 13 contenente disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere negli edifici privati. In particolare tale legge contiene l’art. 3 il quale al primo comma afferma che le opere possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi anche per i cortili e le chiostrine interne ai fabbricati o comuni o di uso comune. Il successivo comma secondo sostiene che sussiste l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli artt. 873 e 907 del codice civile nell’ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune.
La sentenza n. 13358/2016 ha rigettato il ricorso del proprietario dell’ascensore affermando che se è vero che il primo comma dell’art. 3 della legge n. 13/1989 contempla, oltre ai cortili comuni o in uso comune a più fabbricati anche i cortili interni, indipendentemente dalla proprietà degli stessi, tale principio non consente di accogliere la sua domanda poiché nel caso trattato ricorre il disposto del secondo comma dell’art. 3 citato in quanto nel corso dei gradi precedenti del giudizio era stato accertato che la costruzione dell’ascensore non coinvolgeva una proprietà comune alla controparte nel giudizio. Il conseguente principio di diritto consiste nell’affermare non solo che non è condominiale il cortile in cui è stata installata la colonna dell’ascensore, ma anche che non è condominiale, ovvero non appartiene al medesimo fabbricato del convenuto, la muratura perimetrale a cui detta colonna si appoggiava.


di Giulio Benedetti
Sostituto Procuratore Generale Corte d’Appello di Milano

1 commento:

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