Le argomentazioni di Confedilizia sono pretestuose e vediamo perché.
E' vero, esiste l'obbligo dell'affidamento a ditta specializzata per la manutenzione che è eseguita non solo ogni sei mesi ma anche con intervalli minori e programmati in base allo stato e alle esigenze dell'impianto. Quindi questa notizia non è corretta. La cadenza semestrale a cui si fa riferimento riguarda uno degli obblighi di legge che deve svolgere il manutentore, e cioè provare i componenti di sicurezza e annotare l'esito delle prove sul libretto ogni sei mesi, ma questo non significa fare la manutenzione sull'impianto ogni sei mesi. Queste prove sono una delle cose che deve fare il manutentore durante la sua attività di manutenzione che può essere mensile, bimestrale o trimestrale, in funzione del programma di manutenzione previsto in base ai macchinari installati. Questo è un elemento addirittura migliorativo rispetto alle supposizioni fatte da Confedilizia... ma, non viene detto che la manutenzione su un componete obsoleto spesso è inefficace e può solo servire ad allungare di poco l'utilizzo, a controllare il suo stato, a fare piccole regolazioni che poi si perdono con l'uso. Se un pezzo è usurato la sola manutenzione non può ripristinare le condizioni iniziali di efficienza ed efficacia di un qualsiasi componente.
Le verifiche periodiche sono i controlli degli enti notificati sullo stato dell'impianto e sul funzionamento dei componenti di sicurezza, ma sono eseguite dall'ingegnere dell'Ente notificato ogni due anni, quindi in questo lasso di tempo si possono generare situazioni di rischio se non vi è il controllo periodico della manutenzione e se i componenti sono obsoleti, quello che Confedilizia non dice e non fa comprendere ai cittadini è che senza un nuovo provvedimento, l'ingiunzione dell'ente notificato durante la sua visita BIENNALE controlla la rispondenza dell'impianto alle norme del periodo in cui è stato collaudato, quindi se un impianto è collaudato negli anni '60 l'ingegnere che fa la verifica biennale non è obbligato a fare annotazioni in merito al mancato adeguamento ai sistemi più moderni di sicurezza, come per esempio il livellamento elettronico al piano della cabina che evita il gradino o le fotocellule contro l'urto in chiusura delle porte automatiche o il collegamento telefonico in cabina (alcuni mesi fa 2 suore in un convento sono rimaste chiuse 3 giorni in ascensore senza la possibilità di comunicare con l'esterno).
Inoltre non esiste alcuna lobby o commissione tra aziende di manutenzione e enti notificati in quanto entrambi sono oggetto di incarico affidato dal proprietario dell'immobile che sceglie con attenzione le aziende a cui affidare queste attività e tra loro non deve intercorrere alcun legame, anzi l'ente notificato durante le verifiche biennali è controllore anche dell'operato del manutentore. Quindi quanto sostenuto da Confedilizia è tendenzioso e non vero e il proprietario dell'impianto può e deve vigilare sul fatto che non vi sia commistione tra la ditta di manutenzione e ente notificato ed ha poteri per evitare che questo accada.
L'altra anomalia che si è generata è quella in merito al fatto che il manutentore, che è l'unico che conosce bene lo stato dell'impianto, se invia un preventivo segnalando la necessità di sostituire un componente obsoleto, se questo non rientra nelle segnalazioni dell'ingegnere dell'ente notificato, non viene preso in considerazione.
E' stata spostata l'importanza dell'opinione di chi conosce l'impianto perché lo controlla periodicamente a favore di chi, seppur con parere autorevole, visita l'impianto ogni due anni e senza fare un controllo approfondito se non sui componenti di sicurezza.
Questa situazione ha generato una inversione di buone consuetudini diminuendo l'attenzione verso le segnalazioni del manutentore che conosce l'impianto a favore delle segnalazioni o prescrizioni dell'ente di controllo che seppur autorevoli e qualificate sono comunque fatte ogni due anni e, su una macchina di 30 anni è un periodo rilevante calcolando le corse che fa ogni giorno un ascensore.
Inoltre ad oggi durante le verifiche viene fotografato lo stato dei fatti e non vengono più proposte le soluzioni per risolvere i problemi dell'ascensore, e a questo si aggiunge, come spiegato, il fatto di non avere l'obbligo di verificare l'adeguamento alle nuove norme tecniche ma solo di verificare la rispondenza delle norme del periodo di installazione. Per questo motivo è stato inserito l'art. 19-bis nel provvedimento del Ministero e che Confedilizia ha contestato utilizzando alcuni organi dil stampa e facendo una campagna contro il governo chiamando tassa ascensori, un piano di interventi di messa in sicurezza pluriennale solo di alcuni ascensori, quindi non tutti, e, che comunque prima o poi andranno comunque eseguiti in quanto si tratta di sostituzioni di componenti obsoleti e di rischi evidenti.
Tutto questo non ha nulla a che fare con la parola tassa sul cittadino, primo perché non è una tassa, poi perché non riguarda tutti gli ascensori e perché per quelli coinvolti (ascensori installati prima del luglio 1999) abbiamo certezza che molti hanno già eseguito buona parte dei lavori previsti, proprio grazie al buon senso di molti proprietari che comprendono che un componente di 30 anni non è più sicuro anche se manutenuto alla regola dell'arte. In ogni caso, la stragrande maggioranza dei lavori comporterà una spesa comunque contenuta e distribuita su più anni, da suddividere, ovviamente, tra i condomini dell'edificio, i quali potranno usufruire delle detrazioni Irpef previste dalla legislazione vigente (ad oggi, pari al 50% della spesa). Si tratterebbe, ovviamente, di interventi una tantum, niente di lontanamente avvicinabile ad una tassa.
Viene invece da riflettere se chi rappresenta le grandi proprietà immobiliari sia contrario a questo provvedimento per evitare loro di spendere in sicurezza.
L'anomalia è che allo stato attuale ogni impianto sarebbe sicuro rispetto ai requisiti di sicurezza richiesti all'epoca della sua installazione, quindi è una sicurezza relativa e non aggiornata ai canoni di sicurezza attuali; che invece il codice del consumo a tutela dei cittadini imporrebbe.
L'Europa non ha imposto questi interventi di adeguamento non perché non li ritenga indispensabili, ma perché la loro imposizione non rientra tra i poteri che i Trattati assegnano alle Istituzioni europee (gli impianti preesistenti sono di competenza degli Stati membri, gli impianti marcati CE sono di competenza europea), per tale motivo, la Commissione Europea ha emanato un'apposita raccomandazione, nel lontano 1995, invitando gli Stati membri ad innalzare il livello di sicurezza degli impianti preesistenti.
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