La clausola del regolamento condominiale che limiti la destinazione delle unità immobiliari deve essere considerata costitutiva di servitù atipica ed è, quindi, opponibile ai terzi acquirenti solo se risulti nella nota di trascrizione.
Cassazione, sent. 18 ottobre 2016 n. 21024
La vicenda ha inizio con l'impugnazione di una delibera assembleare che, a maggioranza, aveva integrato il regolamento condominiale, inserendovi un articolo che vietava ai partecipanti di destinare le unità singole a case-famiglia, bed and breakfast, pensioni, alberghi o affittacamere.
Il condominio convenuto si era difeso sostenendo che la deliberazione impugnata aveva soltanto riprodotto analoga disposizione contenuta nel regolamento originario del 1957.
Il Tribunale di Palermo aveva dichiarato la nullità della delibera, mentre la Corte d'Appello aveva riformato la prima sentenza, osservando come le limitazioni all'utilizzo delle unità immobiliari, benchè non fossero state inserite nelle note di trascrizione, derivassero da un regolamento condominiale di origine contrattuale richiamato negli originari atti d'acquisto delle singole proprietà esclusive. Uno degli originari attori aveva proposto ricorso per cassazione lamentando, tra l'altro, che l'omessa trascrizione del regolamento del 1957 aveva comportato l'inopponibilità delle relative clausole limitative ai successivi acquirenti.
Il Tribunale di Palermo aveva dichiarato la nullità della delibera, mentre la Corte d'Appello aveva riformato la prima sentenza, osservando come le limitazioni all'utilizzo delle unità immobiliari, benchè non fossero state inserite nelle note di trascrizione, derivassero da un regolamento condominiale di origine contrattuale richiamato negli originari atti d'acquisto delle singole proprietà esclusive. Uno degli originari attori aveva proposto ricorso per cassazione lamentando, tra l'altro, che l'omessa trascrizione del regolamento del 1957 aveva comportato l'inopponibilità delle relative clausole limitative ai successivi acquirenti.
La Corte di Cassazione, con sentenza 18 ottobre 2016, n. 21024, accoglie questa censura. La sentenza delle Suprema Corte ricorda come alcune pronunce precedenti avessero affermato che le clausole del regolamento condominiale che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà possono vincolare gli acquirenti dei singoli appartamenti anche indipendentemente dalla trascrizione, purché nell'atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che - seppure non inserito materialmente - debba ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto (Cass. 31 luglio 2009, n. 17886).
Parimenti, in passato si era affermato che la clausola del regolamento di condominio, che impone il divieto di destinare i locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini a determinate attività, abbia efficacia nei confronti degli aventi causa a titolo particolare dei condomini se trascritta nei registri immobiliari, oppure se comunque menzionata ed accettata espressamente nei rispettivi atti d'acquisto (Cass. 1° giugno 1993, n. 6100).
Altre volte, si era distinto sempre in giurisprudenza tra le clausole del regolamento che impongano pesi a carico di unità immobiliari di proprietà esclusiva e a vantaggio di altre unità abitative, e le clausole che invece impongano prestazioni a carico di alcuni ed a favore di altri condomini o di soggetti diversi, nel primo caso essendo configurabile un diritto di servitù, trascrivibile nei registri immobiliari, e nel secondo, invece, un onere reale e nel terzo un obbligazione "propter rem", non trascrivibili (Cass. 5 settembre 1990, n. 11684).
Altrimenti, a proposito del regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, le clausole che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive sono state intese come costitutive su queste ultime di servitù reciproche (Cass. 15 aprile 1999, n. 3749, Cass. 13 giugno 2013, n. 14898).
La sentenza 18 ottobre 2016, n. 21024 afferma decisamente che la previsione regolamentare di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive debba essere ricondotta alla categoria delle servitù atipiche, e non delle obligationes propter rem. Osserva la Corte che non vi può essere obbligazione reciproca quando ciascuno debba all'altro un eguale speculare a quello cui questi è tenuto verso di lui. Ricondotta alla servitù, l'opponibilità ai terzi acquirenti della clausola del regolamento che stabilisce i limiti alla destinazione delle proprietà esclusive va, quindi, regolata facendo attenzione riguardo alla trascrizione del relativo peso.
Per l'opponibilità delle servitù reciproche costituite dal regolamento di condominio, non è, quindi, sufficiente indicare nella nota di trascrizione il regolamento medesimo, ma, ai sensi degli artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c., occorre indicarne le specifiche clausole limitative (Cass. 31 luglio 2014, n. 17493). In assenza di trascrizione, queste disposizioni del regolamento valgono soltanto nei confronti del terzo acquirente che ne prenda atto in maniera specifica nel medesimo contratto d'acquisto.
Altre volte, si era distinto sempre in giurisprudenza tra le clausole del regolamento che impongano pesi a carico di unità immobiliari di proprietà esclusiva e a vantaggio di altre unità abitative, e le clausole che invece impongano prestazioni a carico di alcuni ed a favore di altri condomini o di soggetti diversi, nel primo caso essendo configurabile un diritto di servitù, trascrivibile nei registri immobiliari, e nel secondo, invece, un onere reale e nel terzo un obbligazione "propter rem", non trascrivibili (Cass. 5 settembre 1990, n. 11684).
Altrimenti, a proposito del regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, le clausole che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive sono state intese come costitutive su queste ultime di servitù reciproche (Cass. 15 aprile 1999, n. 3749, Cass. 13 giugno 2013, n. 14898).
La sentenza 18 ottobre 2016, n. 21024 afferma decisamente che la previsione regolamentare di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive debba essere ricondotta alla categoria delle servitù atipiche, e non delle obligationes propter rem. Osserva la Corte che non vi può essere obbligazione reciproca quando ciascuno debba all'altro un eguale speculare a quello cui questi è tenuto verso di lui. Ricondotta alla servitù, l'opponibilità ai terzi acquirenti della clausola del regolamento che stabilisce i limiti alla destinazione delle proprietà esclusive va, quindi, regolata facendo attenzione riguardo alla trascrizione del relativo peso.
Per l'opponibilità delle servitù reciproche costituite dal regolamento di condominio, non è, quindi, sufficiente indicare nella nota di trascrizione il regolamento medesimo, ma, ai sensi degli artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c., occorre indicarne le specifiche clausole limitative (Cass. 31 luglio 2014, n. 17493). In assenza di trascrizione, queste disposizioni del regolamento valgono soltanto nei confronti del terzo acquirente che ne prenda atto in maniera specifica nel medesimo contratto d'acquisto.
di Carlo Patti
Consulente Legale ANACI Roma
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