giovedì 17 novembre 2016

LA MEDIAZIONE COME CONDIZIONE DI PROCEDIBILITA'

Orbene, reintrodotta Ia mediazione obbligatoria, in primis, nelle cause condominiali, a seguito del novellato art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010, si pone il problema se, qualora la controversia debba essere decisa dal giudice di pace, é necessario provvedere a tale incombente.
Alcuni hanno avuto modo di evidenziare che potrebbe non apparire conforme ai canoni di ragionevolezza ritenere che la mediazione obbligatoria si applichi anche alle controversie di competenza (per valore o per materia) del giudice di pace, per il rapporto di "sovrapposizione" o di "pregiudizialità necessaria" che si instaura tra la procedura obbligatoria di mediazione ed il tentativo obbligatorio di conciliazione.
Infatti, l'una non esclude l'altra, sicché, per le controversie attribuite alla cognizione del giudice di pace, le strade obbligate per giungere all'accordo conciliativo - quella prevista dal novellato art. 5-comma 1-bis da coltivare ante causam, o con assegnazione di un termine da parte del giudice onorario quando la mediazione sia iniziata e non sia stata conclusa o non sia stata esperita, oppure quella "indirizzata" dallo stesso giudice in corso di causa - potrebbero addirittura triplicarsi, senza contare il richiamato disposto dell'art. 322 c.p.c., nel senso che, qualora una delle parti intenda avvalersi del rimedio conciliativo in sede non contenziosa, "le vie che portano allaccordo" potrebbero ulteriormente moltiplicarsi.
In quest'ordine di concetti, si é posto il Giudice di Pace di Civitanova Marche, il quale, con l'ordinanza del 24 gennaio 2014, a fronte dell'eccezione di improcedibilità sollevata dal convenuto - reo, l'attore, di non aver attivato il preventivo procedimento obbligatorio di conciliazione - ha osservato che listituto della conciliazione è già presente nel codice di rito ed é considerato obbligatorio, laddove il d.lgs. n. 28/2010 sulla mediazione non contiene alcun richiamo al processo dinanzi al giudice di pace.
Atteso che l'art. 320 c.p.c., contenente disposizioni espresse in ordine all'obbligo del tentativo di conciliazione, non risulta essere stato abrogato e/o modiflcato dal citato d.lgs. n.28/2010, l'applicazione dell'istituto della mediazione per le materie del giudice di pace comporterebbe "un'inutile duplicazione" di quanto già assegnato alla competenza di questo ufficio giudiziario e riuscirebbe di ostacolo alla celerità del processo ed alla sua ragionevole durata (artt. 111 Cost. e 6 CEDU).
Ad avviso del magistrato onorario marchigiano - in senso conforme, v. Giud. Pace Cava dei Tirreni 21 aprile 2012, e Giud. Pace Napoli 23 febbraio 2012 una diversa interpretazione si manifesterebbe paradossale, e comunque contra legem, in evidente contrasto con il delineato quadro sistemico, finendo per vanificare lo scopo del legislatore diretto proprio a favorire la conclliazione delle controversie di competenza del giudice di pace che già svolge ex lege la funzione affidata al mediatore, altrimenti, verrebbe conculcato il diritto di cui all'art. 24 Cost. (tertium comparationis, in collegato con l'art. 111, commi 1 e 2, Cost.).
Per converso, si potrebbe obiettare - v. Giud. Pace Salerno 2 luglio 2012, e Giud. Pace Monza 28 gennaio 2015 - che la nuova normativa non prevede, per la mediazione, nessuna distinzione tra i procedimenti dinanzi al tribunale o al giudice di pace, lasciando intendere l'obbligatorietà della mediazione per "tutti" i procedimenti previsti nell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 (in altri termini, ove il legislatore avesse avuto intenzione di non applicare tale decreto legislativo alle controversie dinanzi al giudice di pace lo avrebbe stabilito espressamente, mentre non ne fa cenno alcuno).
Inoltre, è vero che, in tale decreto, non si menziona la procedura conciliativa davanti al magistrato laico, ma ciò non é sufficiente per ritenere che l'obbligatorietà non vi sia, tanto più che lo stesso legislatore non avrebbe certamente inserito, in tale obbligatorietà, alcune materie che pacificamente sono di competenza proprio del giudice di pace (in primis, le cause condominiali le quali, de iure condendo, dovrebbero essere appannaggio esclusivo di tale giudice onorario, inclusi i procedimenti di volontaria giurisdizione).

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