martedì 31 gennaio 2017

L’applicabilità dell’art. 1126 c.c. alla ripartizione tra i condomini

Non è possibile equiparare la posizione del condomino che ha l’uso esclusivo del lastrico solare a quella del proprietario della terrazza a livello: nel primo caso l’uso esclusivo deriva da una situazione di fatto, nella seconda ipotesi l’uso esclusivo deriva dalla proprietà esclusiva dell’appartamento al quale accede la terrazza.

Recentemente la S.C. ha affermato che qualora l’uso del lastrico solare (o della terrazza a livello) non sia comune a tutti i condomini, dei danni da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario, o l’usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio in forza degli obblighi inerenti l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull’amministratore ex art. 1130, co. 1°, c.c., nonché sull’assemblea dei condomini ex art. 1135, co. 1°, c.c., tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria; il concorso di responsabilità va di norma risolto, salva la rigorosa prova contraria della specifica imputabilità soggettiva del danno, secondo i criteri di cui all’art. 1126 c.c., che pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio. Va, innanzitutto, rilevato che, contrariamente a quanto ritenuto dalla S.C., l’art. 1126 c.c. considera solo l’ipotesi in cui un condomino abbia l’uso esclusivo del lastrico solare e non quella in cui un condomino o un terzo sia il proprietario esclusivo del lastrico solare, prevista, invece, in altre disposizioni (art. 1117, n. 1, e 1127, co. 1°, c.c.).
Il silenzio sul punto non può non significare che le spese relative alla riparazione o ricostruzione del lastrico (ed indirettamente l’obbligo relativo alla esecuzione della relative opere) , in tale ipotesi, sono a carico soltanto del proprietario esclusivo dello stesso, a nulla rilevando che tale bene svolga anche una funzione di copertura dell’appartamento sottostante.
Né si potrebbe, invocare, per quanto riguarda la ricostruzione, una applicazione analogica dell’art. 1125 c.c., mancando la identità di ratio, nel senso che non sembra logico far concorrere il non proprietario alle spese di ricostruzione di un bene in proprietà altrui come se lo stesso fosse comune.
Ad ogni modo, non si vede come possa ipotizzarsi un obbligo dell’assemblea di provvedere ad opere che riguardano una parte dell’edificio in proprietà esclusiva.
Lo stesso discorso vale per la terrazza a livello, la quale non è altro che un lastrico solare in proprietà esclusiva il quale accede ad un appartamento ugualmente in proprietà esclusiva.
Non è quindi possibile equiparare la posizione del condomino che ha l’uso esclusivo del lastrico solare a quella del proprietario della terrazza a livello. Nella prima ipotesi l’uso esclusivo deriva da una situazione di fatto (di solito la proprietà dell’ultimo piano) che consente solo ad uno od alcuni condomini di godere del lastrico solare; è significativo, in proposito, che nell’art. 1126, co. 1°, c.c., non si parli di “diritto” e che si faccia riferimento ai “condomini” al plurale. Nella seconda ipotesi l’uso esclusivo deriva dalla proprietà esclusiva dell’appartamento al quale accede la terrazza.
Il ritenere che alla terrazza a livello sia applicabile l’art. 1126 c.c., sia in ordine alle spese per le riparazioni o la ricostruzione, sia in ordine alla ripartizione dei danni derivanti dalla omessa effettuazione delle opere relative, poi, porterebbe a conseguenze inique nel caso in cui al di sotto della terrazza vi sia una sola unità immobiliare in proprietà esclusiva, sia per quanto riguarda le spese, in quanto il proprietario della stessa dovrebbe partecipare per due terzi alle spese che interessano un bene in proprietà esclusiva di un altro condomino, che per quanto riguarda i danni eventualmente subiti da terzi, i quali (nei rapporti interni) verrebbero ripartiti in eguale misura, pur essendo responsabile degli stessi il condominio, per non avere provveduto alla esecuzione delle opere necessarie per evitare o eliminare tali danni.
Per quanto riguarda il lastrico solare in uso esclusivo, secondo la S.C. il titolare del relativo diritto si trova in rapporto alla copertura dell’edificio condominiale in una posizione del tutto specifica, che se da un lato gli consente appunto l’uso esclusivo, lo costituisce quale custode della superficie del lastrico o della terrazza, con il conseguente insorgere a suo carico di una responsabilità ex art. 2051 c.c., in quanto si trova in rapporto diretto con il bene potenzialmente dannoso, ove non sia sottoposta alla necessaria manutenzione . Resta difficile capire quale sia il fondamento della (cor)responsabilità del titolare dell’uso esclusivo del lastrico solare nel caso in cui il condominio ometta di effettuare la straordinaria manutenzione e viceversa quale sia il fondamento della (cor) responsabilità del condominio nel caso in cui il titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico ometta l’ordinaria manutenzione dello stesso.
Ugualmente appare difficile fondare la (cor)responsabilità del condominio appare difficile fondarla sull’art. 1130, n. 4, c.c. (dal momento che gli “atti conservativi” ai quali fa riferimento tale disposizione sono quelli di natura giudiziaria ) e sull’art. 1135, co. 1°, n. 4, c.c. (che prevede unicamente la competenza dell’assembla a deliberare – anche – in tema di opere di manutenzione straordinaria). E’ più semplice fondare una responsabilità esclusiva, invece, sull’art. 2051 c.c., dal momento che il lastrico solare in uso esclusivo non cessa di essere parte comune sulla quale il condominio continua ad esercitare la custodia). Per quanto riguarda la ripartizione interna tra i condomini dei danni derivanti da omessa manutenzione del lastrico solare in uso esclusivo, la S.C. si è espressa per l’applicabilità dell’art. 1126 c.c., ma senza motivare tale conclusione, per la quale è difficile trovare una giustificazione logica. Se, infatti, è logico che chi ha l’uso esclusivo debba contribuire in misura maggiore di quella cui sarebbe tenuto in base alle tabelle millesimali alle spese per la riparazione o la ricostruzione del lastrico solare, in considerazione del logorio che allo stesso tale uso esclusivo può arrecare (anche se si può dubitare della razionalità dell’art. 1126 c.c. nella parte in cui fa riferimento anche alla ricostruzione del lastrico, la cui necessità, di regola, non è ricollegabile al normale godimento), non altrettanto può dirsi in relazione alla ripartizione secondo lo stesso criterio dei danni derivati a terzi dalla omessa esecuzione da parte del condominio delle opere necessarie per evitarli.
In altri termini non sembra esservi un nesso logico tra l’affermata applicabilità dell’art. 1126 c.c. in ordine alla ripartizione dei danni derivanti dalla inerzia del condominio ed il fatto che se il condominio avesse provveduto ad eseguire le opere necessarie ad evitare tali danni, il condomino che ha l’uso esclusivo del lastrico solare avrebbe dovuto contribuire alle spese secondo quanto stabilito da tale norma.
Sembra, invece, preferibile ritenere che, il risarcimento dei danni da cosa in custodia di proprietà condominiale soggiace alla regola della responsabilità solidale ex art. 2055, c.c. 1°, c.c. , con conseguente applicabilità, nei rapporti interni, del co. 3°, in base al quale, nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali, per cui, in linea di principio, nei rapporti interni il risarcimento andrà ripartito in parti uguali tra i condomini e non in base ai millesimi, a meno che non possa essere superato il principio di pari responsabilità in considerazione della gravità delle singole colpe e dell’entità delle conseguenze che ne sono derivate, ai sensi del co. 2° dell’art. 2055 c.c.
A tal fine il giudice potrà prendere in considerazione l’atteggiamento dei condomini i quali si siano espressi in senso favorevole alle opere di riparazione e ricostruzione, la cui esecuzione, però, non è stata deliberata dall’assemblea, oppure dei millesimi, sembrando ragionevole che ogni condomino risponda dei danni derivanti a terzi in misura proporzionale al contributo che avrebbe potuto dare nell’adozione di quelle delibere di esecuzione dei lavori diretti a prevenire o limitare i danni che poi il condominio ha dovuto risarcire.
  • LA RIPARAZIONE DEI SOLAI INTERMEDI
La ripartizione delle spese per la manutenzione, ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai secondo i criteri dell’art. 1125 c.c., riguarda le ipotesi in cui la necessità delle riparazioni non sia da attribuirsi ad alcuno dei condomini, mentre quando il danno sia ascrivibile a singoli condomini trova applicazione il principio generale secondo cui il risarcimento dei danni è a carico di colui che li ha cagionati. In applicazione di tale principio, si è ritenuto che il condomino del piano sottostante che agisce nei confronti del condomino del piano di sopra per il risarcimento dei danni al suo solaio deve dimostrare, ai sensi dell’art. 2043 c.c., che essi dipendono da fatti imputabili a quest’ultimo. Qualora tale onere probatorio non venga assolto, le spese per la riparazione di esso dovranno essere ripartite in parti uguali tra il proprietario dell’alloggio sovrastante (per il quale il solaio costituisce il pavimento) ed il proprietario di quello inferiore (per il quale realizza il soffitto), ai sensi dell’art. 1125 c.c., che prevede una presunzione assoluta di comunione tra detti condomini del solaio; da ciò deriva, altresì, l’inapplicabilità – nei rapporti tra detti proprietari – dell’art. 2051 c.c. diretto, invece, a tutelare i terzi danneggiati dalle cose che altri hanno in custodia e non i comunisti tra loro.
  • DANNI CAUSATI DA BALCONI
Sul presupposto che, a differenza del solaio divisorio di due piani, che funziona da sostegno del piano soprastante e da copertura di quello sottostante, l’aggetto costituito da un balcone (o terrazzo) appartiene esclusivamente al proprietario dell’unità immobiliare corrispondente, è stata affermata la esclusiva responsabilità di quest’ultimo per il danno cagionato a terzi da un pezzo di muratura staccatosi dal balcone.
Riguardo, invece, ai fregi ornamentali e gli elementi decorativi che ad essi ineriscono (quali i rivestimenti della fronte o della parte sottostante della soletta, i frontalini e i pilastrini), qualora adempiono prevalentemente alla funzione ornamentale dell’intero edificio e non solamente al decoro delle singole porzioni immobiliari, rientrano tra le parti condominiali, con la conseguenza che è onere del proprietario del balcone, da cui si sono distaccati i frammenti e, citato per il relativo risarcimento, al fine di esimersi da responsabilità, provare che il danno è stato causato dal distacco di elementi decorativi, che, per la loro funzione ornamentale dell’intero edificio, appartengono alle parti comuni di esso. Accertato che la fatiscenza del soffitto di un balcone è dovuta a difetto di manutenzione dello sgocciolatoio destinato allo smaltimento delle acque provenienti dal piano di calpestio del balcone sovrastante, il proprietario di questo è tenuto, ex art. 2051 c.c. al risarcimento, anche in forma specifica, dei danni causati alla contigua proprietà dal proprio fatto doloso o colposo, e non vengono in rilievo norme riguardanti la disciplina del condominio.

di Roberto Triola
già Presidente della Seconda Sezione Civile della Cassazione

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